Salario minimo negli appalti in Toscana, il governo dà l’altolà
Roma impugna la legge. Giani dà battaglia: «Andremo alla Consulta»
FIRENZE. Nell’ultimo consiglio dei ministri prima delle ferie il governo, dopo aver passato al setaccio 32 leggi regionali, ha deciso di impegnarne sette. E fra queste quella con cui la Regione Toscana aveva deciso di “premiare” nelle gare degli appalti pubblici – quelle ad alta intensità di manodopera basate sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – le imprese che garantiscono un paga oraria di almeno 9 euro lordi. A giudizio del governo Meloni «sono in contrasto con la normativa statale in materia di tutela della concorrenza e quindi violano l’articolo 117 della Costituzione», appunto là dove tutela la concorrenza (secondo comma lettera E).
Si tratta della legge regionale n. 30 e porta la data del 18 giugno scorso (“Disposizioni in materia di tutela dei lavoratori nei contratti pubblici di appalto di competenza regionale. Modifiche alla l.r. 18/2019”).
Non è la prima volta che si registra questo tipo di tentativo di dare una qualche forma di tutela ai lavoratori quantomeno negli appalti pubblici di fronte alla giungla dei contratti, una parte dei quali serve solo a legittimare l’ipersfruttamento degli addetti: è una strada già tentata a Firenze dal Comune nella primavera dello scorso anno, idem per l’amministrazione municipale di Napoli e anche, nel novembre scorso, la Regione Puglia.
E non è la prima volta che il governo di fronte a un provvedimento regionale del genere sceglie la strada dell’impugnazione. Proprio la legge della Regione Puglia è stato il punto di svolta dell’atteggiamento di Palazzo Chigi: «Dopo una prima fase di “inerzia”, il governo ha deciso di porre un freno a queste iniziative: nelle scorse settimane il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli, ha deciso di deliberare l’impugnazione». È quel che sottolinea nel numero 6 il Bollettino Adapt, associazione senza fini di lucro fondata da Marco Biagi per studiare il tema del lavoro
Non è nemmeno la prima volta che il governo va alla guerra con la Regione Toscana impugnandone le leggi regionali. Prima di ora l’aveva già fatto altre tre volte in undici mesi:
- nel settembre 2024 relativamente alle norme sui balneari (con la Corte Costituzionale che ha accolto il ricorso del governo);
- nel marzo scorso riguardo al testo unico sul turismo nelle regole sugli affitti brevi;
- tre mesi fa, per quanto riguarda la legge sul fine vita.
Ma come controbatte la Regione Toscana per bocca del presidente Eugenio Giani? «Esprimo la mia più netta contrarietà alla decisione del governo: si tratta di una norma di civiltà, – afferma – pensata per garantire dignità e tutele a chi lavora». Nessun tentennamento, la Regione Toscana promette di fare le barricate: «Ci costituiremo in giudizio davanti alla Corte Costituzionale per difendere con determinazione questa legge e il principio che la ispira: il lavoro deve essere giusto, sicuro e retribuito in modo equo». Poi aggiunge: «La Toscana continuerà a battersi per il rispetto della dignità delle persone e per un modello di sviluppo fondato sul lavoro di qualità».
Rincara la dose l’assessore ai contratti, Stefano Ciuoffo: «La legge è uno strumento per tutelare i salari, l’impugnativa non significa che la legge sia già stata bocciata: è bene ribadire con forza che ci sono elementi di valore per sostenere le ragioni della legge toscana. Inoltre, la premialità inserita non configura alcuna imposizione agli imprenditori che decidano di partecipare alle gare».
La decisione del governo ha scatenato la reazione delle opposizioni: decisione «scandalosa», dice la leader dem Elly Schlein che in questi giorni ha ripreso la campagna in favore del salario minimo come strumento per far crescere la domanda interna. Annuncia che vuol riportare in Parlamento l’esame della legge di iniziativa popolare per la quale sono state raccolte «oltre 100mila firme» e sottolinea che il salario minimo sarà elemento-chiave dei programmi elettorali nel prossimo voto regionale. «È una decisione vigliacca», sbotta Maria Cecilia Guerra, responsabile lavoro dei dem, e intanto Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione lavoro a Montecitorio, accusa il governo di mettere in gioco «anche l’autonomia delle Regioni». A giudizio di Nicola Fratoianni, numero uno di Avs, «il governo Meloni non avrebbe fatto una piega se si fosse trattato di una legge a favore delle banche o delle compagnie energetiche».