E la “riforma” rischia d’essere aria fritta
ROMA – Il rischio è di tornare alle sceneggiate di sempre, quelle che stanno accompagnando da vent’anni la riforma dei porti, con un passo avanti e due indietro.
[hidepost]C’è chi, nei giorni scorsi, ha dato grande risalto al niente: ovvero all’approvazione al Senato di un avvio “d’urgenza” dell’esame dei disegni di legge per la riforma della riforma portuale. Suonando le fanfare trionfali, i senatori che si sono occupati della 84/94 da riformare hanno sostenuto che c’è accordo tra le varie componenti politiche: e che quindi la riforma “si può fare e si farà”. Peccato che facciano finta di non sentire la voce di chi sui porti ci opera ed avrebbe voluto ben altra cosa. Per prima Assoporti, che già a suo tempo ha bocciato come un insieme di palliativi i testi di riforma. E nei giorni scorsi sul tema c’è tornato anche il presidente del porto di Genova Luigi Merlo, che certo non si può dire di destra o contro il governo Letta, che ha sparato a zero sul testo al Senato. E’ probabile che nelle prossime ore torni a farsi sentire anche Assoporti con Pasqualino Monti, che a sua volta nell’ultimo incontro ufficiale a Civitavecchia con autorevoli esponenti del governo aveva auspicato una riforma “vera” e non un pateracchio.
Che manca, nel testo al Senato? Manca ogni riferimento a una vera autonomia finanziaria, manca la necessaria programmazione degli investimenti sulla portualità e relative reti di trasporto, manca un aggancio serio alle indicazioni-dicktat della Unione Europea, manca un regolamento finalmente chiaro e senza ombre sul lavoro in banchina. Che i senatori Grillo (Pdl) e Filippi (Pd) si auto-congratulino perché la riforma è arrivata al Senato, dicono i più, è solo l’ennesima sceneggiata. Perché una riforma come la stanno ipotizzando loro sembra aria fritta o meglio un’operazione da Gattopardo: cambiare tutto perché niente cambi.
A.F.
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