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San Francesco non abita nei porti

GENOVA – Può anche darsi che a livello di governo venga considerata più che altro un’uscita di sicurezza, un modo per aggirare – nella disperazione del momento a fronte di un Tremonti che tutto taglia e niente concede nel campo della spesa pubblica – le ristrettezze dei bilanci ministeriali.

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Però anche il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Altero Matteoli, parlando al salone nautico di Genova di fronte a un folto numero di imprenditori e rappresentanti delle istituzioni, ha avuto parole di apprezzamento per le iniziative di Unicredit sulla portualità “ascellare”. E apprezzamento anche sul progetto del presidente dell’Authority Venezia di coinvolgere in primis proprio i grandi investimenti privati (“E come sapete – ha chiosato Matteoli – non si può certo dire che il presidente Costa sia vicino alla mia fede politica”).

Rara avis, il riconoscimento di Matteoli, oppure è il segno che il governo s’è reso conto davvero che senza lilleri privati ormai non si lallera e i porti non potranno lallerare?

Diciamo che è un buon segno, anche se viene da parte di uno dei ministri più realisti e meno settari dell’attuale governo e quindi non coinvolge necessariamente il modo di pensare dell’intero esecutivo. Del resto Matteoli non si è mai trincerato dietro l’appartenenza politica ed ha pubblicamente apprezzato, più di una volta, anche altri presidenti di Port Authority della sinistra, come Luciano Guerrieri (Piombino) e lo spezzino Forcieri. Ma è comunque un buon segno, che va alla pari con quello delle dichiarazioni – anch’esse dei giorni scorsi – di Cecilia Battistello secondo cui Contship Italia e il suo riferimento internazionale (Eurokai-Eurogate) non pensano assolutamente di disimpegnarsi dai porti italiani dove operano, malgrado la dolorosa esperienza del Tdt di Livorno. “Vogliamo continuare ad investire sui porti italiani dove abbiamo realtà nostre” ha detto in sostanza la Battistello. Ma con un ovvio sottinteso: se lo Stato ci riconosce che i nostri investimenti puntano a una giusta remunerazione, con concessioni demaniali adeguate e meccanismi di lavoro in banchina più flessibili e più “europei”. Perché specie con questi lumi di luna, è quantomai ingenuo (e autolesionista) che lo Stato italiano pensi ai privati nei porti come tanti San Francesco. E pretenda da loro solo sacrifici e riferimenti alla gloria dei Cieli.

A.F.

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Pubblicato il
9 Ottobre 2010
Ultima modifica
10 Gennaio 2011 - ora: 17:34

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