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Da Shanghai segnali di una pace sui dazi

SHANGHAI – Un tempo c’era la politica delle cannoniere, per imporre ai paesi avversari le proprie merci. Oggi c’è quella dei dazi, che hanno sostituito i cannoni delle navi con altrettanta, e forse più durezza. Ma come allora con le navi, oggi con i dazi si minaccia, ci si scontra e spesso poi si finisce per accordarci.

È quanto sta accadendo tra l’occidente e la Cina? La politica muscolare degli USA di Trump sembra si stia lentamente stemperando in una serie di accordi. Tanto che il presidente cinese Xi Jinping nei giorni scorsi all’apertura della seconda edizione della CIIE (China International Import Export) di Shanghai ha filosofeggiato che “Si devono abbattere muri non crearli” aggiungendo poi che “le porte che la Cina sta aprendo si apriranno molto di più”. Fine degli sbarramenti alle imprese straniere per gli accessi all’immenso mercato cinese? Forse è presto per dirlo: ma anche Trump ha ammorbidito la posizione, tanto che le borse mondiali sono schizzate in alto come da tempo non si vedeva.

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Chiuse le grandi cerimonie di Shanghai, ci si interroga su quelle che possono essere le ricadute sull’Italia e sui nostri porti. Trieste in particolare (si veda in queste stesse pagine) ha portato a casa qualcosa di più delle chiacchiere. E Zeno D’Agostino è un concreto, che non festeggia mai la pelle dell’orso prima d’averla. Per i vini italiani, l’immenso mercato cinese è uno scrigno di tesori appena appena socchiuso, tanto che la Road&Belt dalle parti di Trieste comincerebbe a chiamarsi Road&Wine Initiative. Solo un gioco di parole? Vedremo. Sul piano concreto, sono al centro di trattative tra USA e Cina – per una revoca bilaterale – i dazi introdotti a settembre scorso (110 miliardi di dollari), quelli dell’anno scorso (250 miliardi) e quelli da tempo minacciati per il prossimo 15 dicembre. C’è molto interesse reciproco: gli USA hanno un surplus di produzione alimentare specie in campo agricolo che farebbe molto comodo alla Cina in tempi come questi di pesante riduzione del PIL; la Cina a sua volta soffre molto per il taglio netto del suo export verso il nord America, compreso l’embargo dei sistemi di Huawei.

L’UE da parte sua non sta a guardare. I dazi e le chiusure delle frontiere non fanno bene a nessuno e il libero commercio sta a cuore a Bruxelles, ma in particolare agli Stati più vocati all’export. Tra i quali l’Italia, come sappiamo, è al primo posto. E questo posto lo sta difendendo anche con l’essersi assunta il rischio di primo paese dell’UE a firmare le aperture sulla Via della Seta.

A.F.

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Pubblicato il
13 Novembre 2019

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