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Nautica: la fusione e altre historiae

GENOVA – Il bel disegno (Milo Manara) qui sopra della skipper con gli occhiali non illuda. La patente nautica continua a creare problemi, sia a chi cerca di ottenerla, sia a chi deve rinnovarla (scade dopo 10 anni) – problemi che non vengono tanto dalle capitanerie, quanto dalla farraginosa normativa sulle visite mediche, riservate a un ridotto numero di strutture dove spesso i tempi sono biblici. Da rivedere. Ma quando?

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Che succede nell’associazionismo della nautica italiana? Nel corso dei recenti saloni internazionali – vedi il più recente Boot ma non solo – la conclamata riunificazione delle due compagini Ucina e Nautica Italiana nell’unica Confindustria Nautica non sembra aver raccolto l’unanimità dei giudizi. Anzi. Rimangono alla finestra, in attesa dei prossimi sviluppi delle trattative, i principali protagonisti di quella che fu la scissione da Ucina, cioè i gruppi Azimut/Benetti e Ferretti con i tanti marchi del brand. Nautica Italiana è di fatto sciolta ma non sono molti i suoi iscritti che sono già confluiti in Confindustria Nautica: da parte sua Ucina continua a utilizzare il suo marchio, abbinato al nuovo nominativo. Di recente in un lungo comunicato, sono stati illustrati tutti gli incontri, le iniziative e le partecipazioni anche a livello internazionale. Comprese l’elenco dei prossimi saloni ai quali Ucina-Confindustria Nautica sarà presente: dopo il salone di Düsseldorf, occasione per proseguire la promozione del 60° Salone Nautico che si terrà a Genova dal 17 al 22 settembre, dopo le tappe del Columbus Day di New York dello scorso 12 ottobre, dell’Ibex Show di Tampa, del Fort Lauderdale Boat Show e del METS di Amsterdam, il piano di presenze internazionali di Confindustria Nautica ai principali Saloni esteri, con la formula di presenza istituzionale e collettiva di aziende, prevede, per il 2020 la partecipazione al Dubai International Boat Show (10 – 14 marzo), al Singapore Yacht Show (19 – 22 Marzo) all’Ibex Show di Tampa in Florida (29 settembre – 1 ottobre), al Fort Lauderdale Boat Show (28 ottobre – 1 novembre) e al Metstrade di Amsterdam (17 – 19 novembre).

Quali sono ad oggi le prospettive del ritorno delle due associazioni nell’unico brand sotto Confindustria? L’iter concordato è di arrivare entro giugno alla riunificazione effettiva, con programmi, impegni e organigrammi di vertice concordati. Il problema semmai è che il 70% almeno delle aziende nautiche italiane ha dimensioni piccole o piccolissime e mal si riconosce in Confindustria, dove invece si riconoscerebbero meglio i grandi brand – Benetti, Azimut, Ferretti – che invece almeno ad oggi rimangono fuori. Insomma, la faccenda non è chiara. E non aiuta il comparto.

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Bella idea il SISTE, ovvero il sistema telematico nazionale per la nautica da diporto. Peccato che, come sostengono molti osservatori del settore, il suo funzionamento ancora non sia assolutamente a regime, malgrado sia passato quasi un anno – esattamente 11 mesi – dall’emanazione delle norme istitutive.

Proprio nei giorni del Seatec di Carrara, in corso da mercoledì 5 a oggi sabato 7, il tema delle immatricolazioni delle imbarcazioni e delle navi da diporto è stato più volte affrontato. Da una parte le Capitanerie di Porto hanno messo in rilievo il lavoro in corso per attivare il registro, partendo dalla necessità di trasferire migliaia e migliaia di dati dal cartaceo al telematico: dall’altro agenzie e circoli nautici hanno sostenuto che sarebbero stati scelti sistemi macchinosi e troppo lenti per arrivare alla conclusione.

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Di recente, intervistando il dottor Matteo Italo Ratti ad e direttore del marina Cala de’ Medici di Rosignano (Livorno) abbiamo dovuto prendere atto di una realtà che non sempre viene lealmente ammessa: quella di un mancato coordinamento a livello nazionale dei comparti produttivi della nautica, che continuano a farsi concorrenza tra di loro invece di coordinarsi per un rilancio internazionale del “made in Italy”. L’esempio del consorzio della nautica toscana dovrebbe essere clonato e nazionalizzato. Ma manca specialmente la spinta propulsiva centrale, viste le difficoltà – di cui scriviamo più sopra – a mettere insieme anche solo le due associazioni. Ratti ha rilevato che si produce troppo, spesso senza avere ben chiare le reali possibilità di mercato; mentre non si aiutano certo coloro che vorrebbero investire in servizi, a cominciare da quelli che possono aiutare la piccola nautica, che è in coma o quasi.

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Per chiudere sull’argomento cito il comparto dei gommoni. Nei saloni più recenti si sono visti gommoni (se così ancora si possono chiamare) da 14 metri di lunghezza e più: mentre stanno praticamente sparendo quelli da 475 metri e sono spariti (salvo qualche residua proposta cinese) gli smontabili. Anche la rivista di settore per eccellenza, il mensile “Il gommone”, negli ultimi numeri ha presentato le sue esaustive e approfondite prove su semirigidi (RIB) da 8 metri in su: proposte che superano i centomila euro a botta. Vuol dire che la nautica d’oggi è solo per i milionari? O vuol dire che i costruttori si adeguano al mercato, il quale mercato è sparito o quasi in basso? Un costruttore che conosco bene mi dice che per fare un fatturato decente basta vendere due gommoni da 10 metri mentre con i “gommini” da 4/5 metri bisognerebbe piazzarne alcune decine. Il comparto dei motori fuoribordo conferma: ormai i “senzapatente” sono residuali mentre tutti i marchi puntano sempre più in alto, con potenze arrivate ai 400 CV. Difficile pensare che si aiuti così la moribonda nautica popolare, non credete?

A.F.

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Pubblicato il
8 Febbraio 2020

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