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Sulla logistica un “piano” che batte in testa

ROMA – Ancora una tappa, non si sa quanto concludente ma non certo conclusiva, per la faticosa elaborazione del nuovo “Piano nazionale della logistica”, diventato una delle più difficili patate bollenti nelle mani del sottosegretario ai trasporti Bartolomeo Giachino.

Nel silenzio generale dei veri Vip di governo, Giachino prosegue consultazioni, incontri e messe a punto “tecniche” di un documento che per essere allargato alle cento componenti interessate del mondo del trasporto e dei porti, assomiglia per alcuni a un libro dei sogni destinato a rimanere tale.

Come sempre, quando si cerca di conciliare esigenze difficilmente conciliabili (porti e aeroporti, interporti ed autotrasporto, ferrovie e imprese, intermediazioni e servizi vari) si rischia di fare dell’accademia e poco più.

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Anche martedì scorso nell’incontro romano per mettere a punto i gruppi di lavoro, Giachino s’è trovato a pilotare più dissensi e distinguo che collaborazioni, più dubbi che proposte concrete. Anche dal comitato scientifico (Gianmaria Gros-Pietro, Ettore Incalza, Andrea Boitani, Sergio Bologna, Rocco Giordano, Fabrizio Dallari, eccetera) le proposte di articolare il tutto in dieci linee strategiche e una cinquantina di “azioni” sono state analizzate ma senza alcuna unità sostanziale di vedute. Lo stesso piano della logistica che sta faticosamente passando al setaccio degli esperti, non è altro – l’ha riconosciuto il sottosegretario Giachino – che il testo elaborato quattro anni fa dall’allora sottosegretario Paolo Uggé e finito nel dimenticatoio per le oggettive difficoltà a farne qualcosa di praticabile, malgrado le tante buone idee che conteneva.

Di buone intenzioni, come sempre, è lastricato anche il cammino del nuovo piano: come quella, dichiarata solennemente, “di voler migliorare l’efficienza logistica del paese almeno del 10% nell’anno appena iniziato”. Ottimo proposito, è stato riconosciuto da tutti: solo che è difficile capire come, visto che le ferrovie continuano a considerare il vettore cargo come un peso insostenibile senza pesanti sovvenzioni statali (che Tremonti non autorizza), che di interporti ce ne sono tre volte i necessari, che i porti mancano di strutture moderne e in molti casi si dilettano in mega-progetti privi di concretezza. Eccetera.

A Giachino resta il compito immane di gestire questa tela di Penelope, che di giorno si cerca faticosamente di costruire e di notte si disfa regolarmente per carenza di finanziamenti pubblici, di normative snellenti e di visione strategica di una parte almeno del mondo della logistica. In attesa che il governo batta un colpo: sui fatti, e non solo sulle parole.

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Pubblicato il
15 Gennaio 2011

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