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E a Livorno si rilancia il bacinone

LIVORNO – Che ci sia del business, dietro alle riparazioni navali, è noto da tempo. Che il business del business siano le navi da crociera, è altrettanto noto. E che al Muggiano il lavoro sulle navi militari sia sempre meno è noto anch’esso.

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Rimane da capire se, come al solito in Italia, esiste e può esistere una programmazione di comparto o se si continuerà ad andare avanti in ordine sparso. Il quesito non è teorico: proprio di questi tempi l’Autorità portuale di Livorno sta completando le valutazioni di uno studio del RINa – affidato al Registro navale italiano con la collaborazione del gruppo Azimut/Benetti – sulla rimessa in efficienza del superbacino di carenaggio labronico. A favore di questa tesi anche il cambio di destinazione – già avviato – delle costruzioni della “Livorno Medicea” sul molo a ridosso del bacino: niente più appartamenti di lusso, solo basse strutture a servizio della grande nautica.

Il RINa da parte sua ha già certificato che il bacinone – 350 metri di lunghezza, 56 di larghezza, portata massima 30 mila Tsl – potrebbe essere la soluzione per un’area marittima che va da Civitavecchia a La Spezia proprio per le grandi navi da crociera. Al Muggiano, i lavori svolti di recente sul cruiser “Europa” di Hapag Lloyd (198 metri di lunghezza per 24 di larghezza, poco più di 24 mila Tsl) hanno fatto dire al presidente dell’Authority Forcieri, come si legge a fianco, che questo potrebbe essere il nuovo business spezzino. In sostanza, sullo stesso osso si rischia di finirci almeno in due nel raggio di poche decine di miglia.

Bisogna anche ammettere che al Muggiano tutto è funzionante (e secondo Forcieri anche ad alto livello) mentre il superbacino di Livorno attualmente è poco più di un relitto: sotto sequestro della magistratura per questioni di sicurezza, con gli impianti elettrico e idraulico da rifare, probabilmente con la stessa barca-porta in condizioni precarie, richiede interventi di riattamento che la stessa Authority calcola intorno ai 20 milioni di euro. E chi li caccia, ammesso che siano superati i problemi con la magistratura? Si parla di una gara, o in alternativa di una società di gestione in cui entrerebbero la stessa Port Authority, il cantiere Benetti, i riparatori navali livornesi (quelli che rimangono) ma in ogni caso sembra un progetto a lunga scadenza. E come sempre, vincerà chi arriverà prima e con le migliori condizioni. Rimane da capire, vista la situazione, se davvero vale la pena di insistere sul progetto “bacinone” di Livorno o indirizzare invece fatiche ed eventuali investimenti in altre realtà portuali con prospettive più vicine. Ce ne sono, eccome se ce ne sono.

A.F.

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Pubblicato il
16 Novembre 2011

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