“Concordia”, Genova non sa dove mettere i materiali da discarica del grande relitto
La denuncia di “DL News” sottolinea il problema della discarica di Scarpino piena a tappo – Anche sul sistema dei bacini e delle demolizioni navali un richiamo alla programmazione nazionale che non c’è
GENOVA – Non si può dire che il suo nome da nave viva e prestigiosa, “Concordia” le abbia portato bene. Né continui a portare bene al povero relitto, finito dopo infinite polemiche – discordia – alla diga di Prè davanti a Genova per la sua definitiva demolizione. Come noto, hanno vinto i genovesi, con l’amara sconfitta di Piombino per il quale sito il governo aveva anche stanziato oltre cento milioni di lavori urgenti. E a Piombino erano pronti ad accorrere i demolitori di tutta la Toscana, in particolare da Livorno, per smaltire l’enorme massa di metallo e specialmente di impianti e di arredi.
[hidepost]Genova ha vinto, ma pare che si sia tirata dentro i suoi guai. Dal foglio telematico di Decio Lucano di tre giorni fa (DL News) – un sito sempre ben informato e dai commenti spesso giustamente urticanti – apprendiamo che lo smaltimento degli arredi e degli impianti interni al relitto sta incontrando difficoltà perché la discarica genovese di Scarpino rifiuta di ricevere il materiale essendo “stracarico e non potendo ricevere nemmeno uno spillo”. Commento ovvio di Decio Lucano. “Non lo sapevano prima coloro che sostenevano Genova come home port per la demolizione del relitto? E ci saranno altre sorprese? Scarpino è da almeno otto/dieci anni in stato di crisi…”
DL News traccia anche un quadro impietoso delle opere che languono a Genova, compresa “la sede delle riparazioni navali con 5 bacini quasi sempre vuoti”. Il che fa pensare che tutta la conclamata tenzone per aggiudicarsi il grande bacino (semidistrutto) di Livorno per le riparazioni navali abbia qualcosa che non torna alle spalle. Se i cinque bacini di Genova lavorano a ritmo ridotto, se anche in altri porti italiani i bacini di carenaggio non brillano per eccesso di prenotazioni, se è vero che adesso anche Piombino sta impegnandosi a un bacino di quasi 300 metri (vedi il numero scorso de La Gazzetta Marittima) perché ha la formale promessa delle demolizioni delle navi militari obsolete e dell’impegno dei demolitori livornesi, forse sarebbe necessario che anche sui bacini navali il governo e lo Stato si impegnassero a un minimo di programmazione nazionale. Non doveva essere finita l’era degli interventi a pioggia, giustificati solo dalle capacità di convincimento delle varie lobbies partitiche?
A.F.
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