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Sulla “Belt&Road Initiative” italiana gli impegni, le speranze ed i rischi

VADO LIGURE – Per certi aspetti, Babbo Natale 2018 nel Mediterraneo ha sempre di più… gli occhi a mandorla. La battuta non è nostra, ma coglie bene la costante penetrazione della Belt&Road Initiative (BRI) con cui la Cina opera in particolare nei confronti dei porti e delle grandi linee ferroviarie. Significativo che l’asse ferroviario corra a Nord, attraverso Asia centrale, Russia e Balcani fino alla Germania (con le diramazioni successive) mentre l’asse marittimo ha il perno della penetrazione nel Mediterraneo; partendo dal porto del Pireo dove la cinese Cosco ha già dal 2016 il 67% della proprietà con un investimento di 370 milioni di euro e sta ulteriormente potenziando anche le reti terrestri per servire l’Est europeo.

In Italia, come noto è Vado Ligure la punta della lancia della Cina per la penetrazione del sud Europa. E l’investimento, ad oggi di quasi 200 milioni di euro, vede la proprietà azionaria distribuita per il 49,9% tra Cosco e Qingdao, mentre il restante 51,1% rimane a Maersk. Un’alleanza a prova di bombe sul piano della potenza finanziaria, anche se si dice che i cinesi spingano costantemente, con orientale pazienza, per sgranocchiare qualche altra percentuale di proprietà. Poi ci sono gli investimenti cinesi su Venezia (banchine ad alto fondale) e su Trieste, per coprire la sponda adriatica: per il momento ipotizzati, ma su cifre (a Venezia si parla di 1,3 miliardi di euro…) che sul metro degli investimenti del nostro povero paese ci fanno tremare. Trieste a sua volta sta considerando offerte non solo cinesi ma anche di Dubai. Ed è noto il contatto che, per tornare sul Tirreno, l’Autorità di sistema di Stefano Corsini a Livorno mantiene con China Raiway per il progetto in fieri della Darsena Europa.

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In tempi come questi, nei quali l’Italia è strizzata tra le regole ferree di Bruxelles e la necessità di forti investimenti in opere pubbliche legate alla logistica, la Belt&Road Initiative non può che essere vista come un’opportunità. Un’opportunità che, come sempre dove si gioca con l’alta e l’altissima finanza, comporta anche i rischi da più parti evidenziati, di una “colonizzazione” più o meno strisciante. L’interrogativo di tutti, in questi giorni di fine anno (e forse di fine epoca) è se conviene o no correre il rischio. Il rapido sondaggio telefonico che abbiamo fatto in questi giorni ci dice che le Autorità di sistema sono tutte favorevoli ad accogliere proposte concrete sull’Initiative ma non sono certe che l’Italia, con gli organi ministeriali delegati, sia pronta a un discorso globale, che non lasci alla Cina l’iniziativa di scegliere dove e come; ma faccia rientrare i piani d’investimento cinesi in una programmazione nazionale utile prima di tutto alla logistica italiana. È solo un sogno?

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Pubblicato il
22 Dicembre 2018
Ultima modifica
3 Gennaio 2019 - ora: 18:48

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