Corsini e il ferro rovente

Stefano Corsini
LIVORNO – Pretendere chiarezza, in tempi come questi dove la chiarezza è un’araba fenice anche a livello di governo centrale – e non entriamo in termini di politica partitica per carità di patria – può sembrare un’altra utopia. Eppure chi governa anche le cose locali (Gozzano le avrebbe chiamate “le piccole buone cose di pessimo giusto”, visto come s’incrociano poteri che vanno dall’economia alla magistratura) ha l’obbligo di essere chiaro, perché dalle sue scelte dipendono investimenti, lavoro, famiglie.
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La premessa è troppo lunga? Chiedo scusa. Ma l’appuntamento del Comitato di Gestione portuale del 19 dicembre prossimo a Palazzo Rosciano – sistema del Tirreno settentrionale – è di quelli storici: c’è da approvare – oppure no – il regolamento delle concessioni nel demanio portuale sia di Livorno che di Piombino. Stefano Corsini e il suo staff ci hanno lavorato da tempo, con ripetuti contatti anche con i terminalisti e in generale con gli imprenditori delle banchine: ma secondo alcune voci, c’è il rischio concreto che il regolamento venga impallinato: o talmente castrato da risultare ancora una volta con più incertezze che non punti fermi. Insomma, c’è tensione.
Stiamo orecchiando, ovviamente: e niente di quello che possiamo dire di aver ascoltato è ufficiale. Quello che ci preme, da voce (modesta) degli imprenditori del porto, è che si arrivi ad avere chiarezza sulle regole. Il nostro “sistema” è già stato troppo fustigato – magistratura in testa – per regole che sarebbero state tirate da una parte o dall’altra come una coperta troppo corta. Abbiamo aspettato un anno o quasi perché intervenisse il ministero a far chiarezza. Non è intervenuto. Adesso Corsini ha il cerino, anzi il ferro rovente in mano. Non vorremmo che per spegnerlo, finisse con ottenere solo un buco nell’acqua.
Antonio Fulvi
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