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CONVEGNO A LIVORNO

L’intelligenza artificiale alla conquista delle banchine

Stamani secondo round dell'iniziativa del sindacato Filt Cgil

Immagine amarcord: portuale con la coffa di carbone portata sulle spalle

LIVORNO. “Intelligenza artificiale e automazione nei porti europei: sfide, opportunità e diritti delle lavoratrici e dei lavoratori”: è questo il titolo del convegno che la Filt Cgil (nazionale e livornese) ha in agenda a Livorno in Fortezza Vecchia: dopo il primo round di ieri giovedì 29, stamani venerdì 30 maggio la seconda giornata di lavori. Arriveranno a discuterne anche dirigenti sindacali di primo piano in casa Filt Cgil ma anche dell’organizzazione dei lavoratori a livello europeo.

Vedi alla voce Nansha-Guangzhou

Vale la pena di mettere qui qualcosa delle 78mila battute messe nero su bianco nell’analisi di Codice Rosso, testata on-line antiliberista e antifascista, che fa del terminal Nansha Fase IV del porto di Guangzhou il paradigma dell’iper-automatizzazione con cui Livorno potrebbe trovarsi a dover fare i conti con «un salto quantico» rispetto all’«organizzazione “tradizionale” del lavoro portuale, quella emersa negli ultimi venti anni».

Semplificando molto un argomentare ben più complesso, si mette l’accento sull’impatto reale dell’intelligenza artificiale su tutto il ciclo lavorativo. Con una sottolineatura-chiave nello schema di base: d un lato, le figure legate al lavoro manuale «ancora legate al territorio»; dall’altro, i ruoli connessi alla gestione dei sistemi automatizzati («possono anche essere riunite in una “sala Var”» come i post-arbitri del calcio) che «non necessariamente è fisicamente presente sul territorio dove opera».

Per farsene un’idea: il modello Nansha-Guangzhou riduce drasticamente la manodopera necessaria «fino al 70% rispetto a un terminal tradizionale di dimensioni comparabili». Al posto dei lavoratori portuali come li abbiamo conosciuti, fra gru e mezzi di piazzale, nuove figure per gestione e manutenzione dei sistemi automatizzati: con una forte differenza di competenze.

Panorama di una parte del porto di Guangzhou (Cina)

Fra dazi, iper-capitali e efficienza: le contraddizioni

La teoria ingegneristica di un terminal ad alta automatizzazione – viene sottolineato – si scontra con l’enorme prezzo in costi occupazionali (e l’Italia non è la Cina) ma anche con il fatto che tutt’attorno l’ecosistema logistico – ferrovie, strade, burocrazia – si muove con altri ritmi. Dunque, pensare di “fotocopiare” qui quel modello cinese è tecnicamente forse possibile ma concretamente pressoché impossibile. Ma i dazi mettono sotto pressione il sistema. Il motivo? L’analista di Codice Rosso: da un lato, l’incertezza sui volumi dell’export verso gli Usa mette a rischio il ritorno degli ingentissimi investimenti richiesti su banchine ultra-tech; dall’altro, proprio i dazi fanno crescere i costi operativi e per evitare di veder scemare troppo i margini non resta che recuperare efficienza con un iniezione di produttività via tecnologia.

Lasciamo perdere che Guangzhou vale 26 milioni di teu e Livorno è lontano da quota un milione, lasciamo stare che alle spalle non c’è la Toscana bensì una provincia fra le più ricche della Cina che il doppio degli abitanti di tutta Italia e un Pil non tanto inferiore a quello del nostro intero Paese: un porto non vale in quanto punto ma perché ha un retroterra che lo alimenta (e senza il quale le gru stanno ferme). Ma la direzione di marcia è quella indicata. Più che il duello Grimaldi-Msc, è qui interessante notare cosa si prevede nel caso che Livorno o si chiami fuori o sia lasciato ai margini da questa trasformazione epocale. Risultato: per essere anche solo lontanamente competitivi con gli scali ultratech si finirebbe per rassegnarsi l declino e comunque agendo unicamente sui salari dei lavoratori con effetti devastanti.

Ma la standardizzazione dei porti…

Senza dubbio interessante, salvo per il fatto che la realtà ne sa una più del diavolo: chissà che non ci stupisca. Sembra essere quel che pensa anche Barbara Bonciani, sociologa e ricercatrice, ex assessora alla portualità nella prima giunta Salvetti. La standardizzazione del trasporto marittimo grazie all’introduzione dei container sembrava un destino già scritto: a fine anni ’60 non erano disponibili neanche la metà della metà della metà – forse neanche un centesimo – delle conoscenze per “industrializzare” davvero con processi di automazione il lavoro sulle banchine eppure già allora, quando a malapena a Livorno i contenitori avevano fatto tutt’al più capolino, un big della consulenza come McKinsey vaticinò che gran parte dei porti container sarebbe stata automatizzata. Bonciani rileva che quasi sessant’anni più tardi si va sì in quella direzione ed è stato fortemente ridotto il numero di lavoratori portuali, tuttavia l’automazione «risulta ancora molto meno diffusa di quanto  previsto».

Più che ritardi ci sono dubbi che convenga premere sull’acceleratore sempre e comunque: a suo giudizio, si prestano più all’automazione i terminal contenitori che non devono vedersela con forti fluttuazioni fra alti e bassi della domanda. Non solo: quanto all’automazione come rimpiazzo in lavorazioni particolarmente a rischio, «finora sono disponibili pochi dati empirici».

Dove l’automazione conviene e dove no

Bonciani invita a fissare lo sguardo sugli studi che analizzano le differenze di produttività e efficienza fra i terminal. Risultato: per quanto possa sembrare controintuitivo, non è affatto detto che un terminal ad automatizzazione spinta sia più preferibile a uno dove sia ancora rilevante l’impiego di lavoratori. Anzi, se si esce dalle simulazioni e si va nella pratica «i porti automatizzati sono generalmente meno produttivi delle loro controparti convenzionali»: a tal proposito cita una ricerca del 2017 dalla quale emerge che «la produttività dei porti automatizzati è inferiore del 7-15% rispetto a quella dei porti che non lo sono». Dunque, per giustificare il forte investimento di capitale in una banchina automatizzata bisognerebbe che i costi operativi fossero «inferiori del 25% rispetto a quelli di uno convenzionale, oppure la produttività dovrebbe aumentare del 30% nel caso in cui i costi operativi diminuiscano solo del 10%».

L’analisi dell’International Transport Forum indica che nel 2021 53 terminal container possono essere considerati completamente o parzialmente automatizzati, non più del 4% del totale ma, al tempo stesso, si scrive la previsione che «entro il 2040» potrebbe scomparire «il 90% delle attuali attività portuali» perché inghiottire dall’automazione.

Bonciani squaderna una ricerca internazionale per segnalare che gli addetti alla manutenzione e alle riparazioni si stima abbiano «attualmente automatizzato un quarto delle loro mansioni»: nei prossimi vent’anni si conta che «la tecnologia sostituirà quasi i due terzi delle loro mansioni attuali». Qualcosa del genere vale per i portuali, dice lei: si valuta che «circa il 27% del loro lavoro attuale sia già automatizzato», da qui al 2040 si immagina possa esser possibile un ulteriore allargamento dell’automatizzazione fino a raggiungere «quasi l’85% delle loro mansioni» (e «il 90% per gli operatori di gru»).

Niek Stam, leader del sindacato olandese

Il programma del convegno livornese: la seconda giornata

Dopo l’intera giornata di ieri con la relazione introduttiva di Giuseppe Gucciardo, leader della Filt Cgil labronica, lo studio  della prof. Cristina Pronello del Politecnico di Torino e le testimonianze sia dei dirigenti sindacali europei, inclusi due figure di primo piano a livello continentale del sindacato trasporti Etf come Niek Stam e Bernardina Tommasi, come pure gli interventi di parte datoriale (Maciej Arcciuch per Psa e Alessandro Ferrari per Assiterminal), oggi venerdì 30 l’agenda è contrassegnata dalla tavola rotonda che prende il titolo dal convegno: “Intelligenza artificiale e automazione nei porti europei: sfide, opportunità e diritti delle lavoratrici e dei lavoratori”. Sotto la regia del moderatore, il giornalista Marco Casale, intervengono: Benedetta Scuderi (europarlamentare Avs), Livia Spera (segretaria generale del sindacato Etf), Elisa Gigliarelli (segreteria nazionale Filt Cgil), Salvatore Marra (responsabile politiche europee e internazionali Cgil), Francesco Beltrano (segretario generale di Fise-Uniport. Alle 12 le conclusioni di Amedeo D’Alessio, esponente del  vertice nazionale Filt Cgil.

Pubblicato il
29 Maggio 2025

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