Le nomine già pronte, la maionese impazzita e il “lodo Rixi”
Il viceministro prova la mediazione per evitare la paralisi dei porti
LIVORNO. Al gran valzer del toto-presidente l’ultima gag riguarda un ex amministratore locale del Sud. Per essere incoronato presidente di Autorità di Sistema Portuale bisognerebbe vantare un curriculum con competenze specifiche: lui, centrodestro, ce l’aveva fatta a convincere il “governatore” centrosinistro a non mettersi di traverso, poi avrà fatto un po’ di riferimenti a “mission”, “vision” e “hub” pensando che bastasse, ma nell’audizione alla Camera gli esponenti dell’opposizione l’hanno messo sulla graticola: non potendo vantare le previste competenze contando su quel che aveva sbrigato dal suo ufficio di eletto dai cittadini (la giurisprudenza lo esclude), si era arrampicato sul fatto di avere la patente nautica. Dal suo schieramento l’avevano difeso più o meno così: se il ministro e il presidente della Regione ce l’hanno messo vuol dire che va bene e i requisiti ce li avrà senz’altro.
Se i requisiti di competenza diventano chewing gum
Primo elemento: è capitato così, ma non si creda che dal ’94 a oggi siano state tutti straordinari luminari con competenze inox. C’è stato di tutto e di più: figure, le più variopinte. Soprattutto nella transumanza da un partito all’altro che si è vista nell’ultimo decennio (ora un po’ meno perché si sa chi ha vinto). Insomma, ho visto cose che voi umani…
Resta comunque sul tavolo una questione più complicata di quel che appaia: le competenze si acquisiscono o lavorando all’interno del porto (e dunque con la difficoltà di non restare invischiati nelle reti di relazioni) o provenendo dai ranghi dell’università (ma allora c’è il rischio di peccare di astrattezza) o dai ruoli militari (ma allora c’è il rischio di avere poca dimestichezza con la creazione “politica” del consenso, essendo abituati a una struttura gerarchizzata). Risultato: non è così semplice. Nell’ultima fase delle istituzioni portuali se la sono cavata creando una ristretta nomenklatura di presidenti che, come i vescovi, vanno dalle sedi di prima nomina (modeste) a quelle di rango superiore (arcidiocesi o metropolite) e poi ancora più in alto. Comunque, togliere il paletto della competenza specifica ci porterebbe a vedere alla guida di un tassello strategico dell’economia qualcuno paracadutato dalla politica, come premio fedeltà, come cimitero degli elefanti a fine carriera o come indennizzo per un’alleanza.
Secondo elemento: nella revisione costituzionale del Titolo Quinto i porti sono finiti a metà del guado fra le materie in cui Stato e Regioni concorrono alle decisioni. Significa che c’è da trovare l’intesa fra livelli istituzionali spesso di colori politici diversi. L’abbiamo sperimentato già attorno al 2003-2004 cosa può significare: blitz, proteste, nomine a suon di colpi di mano, commissariamenti come se piovesse. Difficile farcela? Ma in qualunque democrazia occidentale si devono trovare intese fra istituzioni in mano a schieramenti differenti: è capitato, capita e ricapiterà. L’altra volta andò avanti con una commedia infinita finché la Corte Costituzionale non dette una bella sberla, e finalmente si cominciò a discutere e trattare.

La seduta dell’ottava commissione del Senato in cui è stato sentito il presidente designato per Livorno, Davide Gariglio
Il pericolo di un Vietnam delle banchine, eppure…
Stavolta c’era il rischio di ritrovarsi fra i piedi qualcosa del genere. A distanza dal pacchetto di nomine fatte grossomodo tutte insieme dal ministro dem Graziano Delrio in tandem con la sua riforma che ridusse le Autorità Portuali, ecco che ora tocca al ministro leghista Matteo Salvini prendere decisioni su chi saranno i nuovi presidenti: con un impatto che non fa un titolo di tg ma, se azzeccate, vale quanto il ponte sullo Stretto. Certo, c’è quella storia della decisione a metà: il ministro propone e il presidente della Regione dice se è d’accordo. Ufficialmente: se non sono impazziti, ovviamente prima si parlano o dialogano tramite “sherpa”.
Ecco, ben sapendo come si muove Salvini e con quale affetto guardi a lui il centrosinistra c’era di che stare preoccupati: la sirena d’allarme devono averla suonata dal fronte delle imprese, dei sindacati e degli enti locali. C’era il rischio che la contrapposizione frontale nel “teatrino” della politica si traducesse in un muro contro muro nell’iter di nomina, con il rischio di avere le banchine in fiamme.
La via d’uscita l’ha squadernata sotto gli occhi del mondo delle banchine il viceministro Edoardo Rixi: leghista pragmatico che cerca le soluzioni nei compromessi, potrebbe essere un Luca Zaia o, più probabilmente, un Giancarlo Giorgetti, ma senza caricarlo del ruolo politico di contraltare a Salvini. Però scrivetevi il nome che il mondo delle imprese, soprattutto quelle della “sua” Genova, l’ha già fatto: lo ritroveremo anche nei prossimi governi qualora vincesse il centrodestra, e comunque nei panni di “mr Wolf, risolvo problemi”.

Matteo Paroli, fin qui segretario generale dell’Authority d Livorno-Piombino e adesso presidente designato per la guida dell’istituzione portuale di Genova
Trovata la quadra anche con le regioni “rosse”, eppure…
Dunque, lui manda a dire: so bene che per le nomine delle Autorità di Sistema Portuale il mio capo Salvini deve trovare nomi che vadano d’accordo anche con cinque presidenti di Regione di centrosinistra, per cui mettiamoci a trattare. Tradotto: sui porti non varrà la logica “meloniana” del fare cappotto con i “nostri”. Semplicemente perché non è possibile a meno di non ridurre a un Vietnam i porti italiani. Salta fuori di qui, ad esempio, il fatto che proprio lui, il ministro Matteo Salvini, abbia indicato un ex parlamentare dem come Davide Gariglio come presidente designato per l’Authority di Livorno-Piombino o altri vicini anche al centrosinistra. A cucire la tela era stato il viceministro Rixi, che in testa a tutto doveva risolvere il problema di Genova, dove: 1) la magistratura aveva fatto piazza pulita di Regione e Authority; 2) nel giro di poche settimane sarebbero cambiati il “governatore”, il comandante del porto e il sindaco.
Il mosaico si è composto, anche se con qualche tentennamento: ad esempio, il presidente della Regione Toscana puntava sulla riconferma di Luciano Guerrieri (e chissà che non ottenga di farlo restare come commissario della Darsena Europa). Un miracolo riuscire a giungere a una sfilza di intese con le Regioni? Il problema è che la logica del “prendiamo tutto noi” aveva scatenato gli appetiti: lo si vede anche dalle voci che s’alzano a destra per gridare che si sono lasciati i porti in mano ai “rossi” (perfino un liberal-moderatissimo come Matteo Paroli, presidente in pectore da settimane a Genova, benché collaboratore di Canepa e amico di Matteoli, è stato dipinto come il fratello gemello di Fidel Castro).
Il “gioco delle sedie” e il terrore di restarne fuori
A questo punto, quando le presidenze mancanti si sono ridotte a meno della metà, ecco che è scattata il terrore in forma di loop. Se si va avanti con le nomine almeno metà dei pretendenti resta fuori, se ci si ferma per trovare meglio la quadra si scatena il panico perché si teme che i nomi condivisi vengano impallinati.
Questo si è tradotto nella paralisi di quel che in realtà è un tour burocratico: dalle commissioni parlamentari bisogna passare, il loro è solo un parere non vincolante ma si può approfittare della sede istituzionale per sfregiare una nomina altrui. Dunque: in buona parte delle Autorità di Sistema Portuale il ministro ha indicato il nome e il governatore l’ha accettato. Di solito a questo punto passano un paio di settimane e si arriva al decreto. Ora rischia di non essere così perché il problema è tutto interno al centrodestra, principalmente fra Lega e Fratelli d’Italia: a suon di veti incrociati e di candidature irrinunciabili, è finito che Fdi ha detto papale papale che il voto nelle commissioni (necessario ma ininfluente) è sospeso.

Davide Gariglio, ex parlamentare Pd, indicato congiuntamente dal ministro Salvini e dal “governatore” Giani, per guidare l’Autorità di Sistema Portuale del Nord Tirreno
Sospeso fino a quando? Diciamo che, con i 45 giorni di “prorogatio” massima consentita dalla legge Bassanini, l’ultima del pacchetto potrebbe Gioia Tauro: essendo la nomina di Agostinelli il decreto ministeriale n. 257 datato 18 giugno 2021 si potrebbe arrivare all’inizio del prossimo agosto. Poi ci sono le ferie, il solleone, l’ambra solare, un po’ di tempo per riaversi dalle fatiche delle ferie in famiglia ed ecco che se tenesse banco la logica del pacchetto, realisticamente se ne riparla fra settembre e ottobre. E già questo sarebbe probabilmente un peccato di ottimismo: vogliamo dimenticarci del caso di Augusta e Ancona? Certo che no, se pacchetto di nomine ha da essere, che pacchetto sia: dunque le nomine per questi altri due sistemi portuali sono in calendario per la primavera del prossimo anno. Ma a questo punto: c’è qualcuno che pensa che la portualità italiana possa reggere a bagnomaria un periodo così lungo? E possa farlo con buona parte dei nomi già concordati (financo fra Salvini e il centrosinistra), ma “congelati” di settimana in settimana e di mese in mese solo per una bega di spartizione di poltrone all’interno del centrodestra…
Il fronte di imprese, sindacati e istituzioni: stop all’impasse
Che aria tiri sulle banchine l’ha attestato il susseguirsi di interventi dei soggetti più vari ma tutti dello stesso tenore: cari signori, non penserete mica di mettere nel freezer l’intero pacchetto di nomine fino all’autunno o addirittura fino a primavera? L’ha detto il fronte delle imprese a una sola voce: con Alis, Ancip, Assiterminal, Assologistica, Confitarma, Federagenti e Uniport (qui il link all’ articolo della Gazzetta Marittima in cui se ne parla). L’ha ribadito il presidente di Assoporti, l’organizzazione di categoria che comprende le istituzioni che governano i porti. L’hanno sottolineato i sindacati, ad esempio la Filt Cgil e la Uiltrasporti, sventolando la minaccia di una mobilitazione delle banchine.
L’hanno messo in evidenza dal Friuli, per il caso Trieste, anche il “governatore” leghista Massimiliano Fedriga (limitandosi ad «auspicare» la fine dell’intoppo) e la deputata dem Debora Serracchiani (strigliando la “timidezza” della richiesta). Ma in quel caso particolare si capitombola in una dimensione di realtà talmente astrusa che pare eccessiva anche per gli standard italiani: Fedriga dovrebbe essere al capolinea (fine del secondo mandato), Fratelli d’Italia forse sentendo che potrebbe mettere la propria bandierina al posto di quella della Lega manda in campo un ministro a dire peste e corna della sanità friulana. I leghisti fiutano l’aria e fanno l’ “auto-crisi”: ribaltando lo schema classico, i loro assessori riconsegnano le deleghe a Fedriga non in polemica con lui bensì a sostegno. Nel frattempo Gurrieri aspetta di poter salire da numero due a numero uno dell’Authority triestina (qui il link all’ articolo della Gazzetta Marittima in cui se ne parla)
Vabbè, questo è il caso ingarbugliato di Trieste, ma non è che a Genova o Livorno vada molto meglio. A Genova è dall’11 aprile, quasi due mesi fa, che il ministro ha formalizzato Paroli come presidente in pectore (qui il link all’ articolo della Gazzzetta Marittima dell’11 aprile scorso). A Livorno – così come a Trieste, nelle due Autorità pugliesi o a Ravenna – l’indicazione di Salvini che scrive ufficialmente il nome di Gariglio risale alle vigilia del 25 aprile, quasi un mese e mezzo fa (qui il link all’ articolo della Gazzetta Marittima in cui se ne parla).

Edoardo Rixi, viceministro delle infrastrutture e plenipotenziario leghista sul fronte dei porti
Ritorna in campo Rixi con una nuova idea: il “lodo”
L’ultima mossa è di nuovo un tentativo del viceministro Edoardo Rixi, che capitalizza così ancor di più il ruolo di centro di gravità permanente che gli è stato regalato da tanto bailamme. È lui a confezionare una via d’uscita in nome e per conto del ministro Matteo Salvini (che oltretutto, scaduto il tempo, potrebbe cercare di avocare a sé ogni potere di nomina). Il “lodo Rixi” è semplice: troppi contrasti per sperare di venirne a capo senza finire per litigare pure sulle proposte di mediazione. Sappiamo però per certo una cosa: su numerose Autorità di Sistema la soluzione c’è già con pieno consenso di tutti, opposizioni comprese. Il riferimento è, par di capire, alla situazione di Genova con Matteo Paroli, a quella di Livorno con Davide Gariglio, a quella di Trieste con Antonio Gurrieri, e potremmo aggiungere, ad esempio, quella di Ravenna con Francesco Benevolo, quella di Bari con Francesco Mastro e, sempre in Puglia, quella di Taranto con Giovanni Gugliotti.
Che farci? Secondo quanto anticipato dal giornale online genovese “Shipmag”, il “lodo Rixi” è questo: nominiamoli intanto commissari come per scelta autonoma del ministro ma senza compiere strappi espliciti rispetto al contesto politico. Basterebbe questo per circoscrivere l’incendio a quel che è: metà delle Autorità di Sistema Portuale avrebbero intanto una guida. Non è il migliore dei mondi possibili ma serve almeno a far sì che i nuovi vertici prendano confidenza con la “macchina” dell’ente e con la situazione, risparmiando sui tempi del rodaggio quando poi saranno politicamente maturi i tempi per arrivare alla nomina vera e propria come presidenti.
Ma proprio la forza di essere una possibile via d’uscita è anche il suo fattore di debolezza: si certifica che Rixi è l’unico in grado di avere la regia di questo scenario. Risultato: azzoppare Rixi potrebbe diventare il prossimo obiettivo di chi, all’interno della sua maggioranza, gli vuol togliere potere. Solo che a quel punto le nomine non riguarderebbero più sistemi portuali (e equilibri di potere) bensì, semmai, cumuli di macerie. E il fronte di imprese, sindacati e istituzioni della portualità made in Italy l’ha già mandato a dire che la pazienza è già stata consumata.
Mauro Zucchelli