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LIVORNO: CAMBIO AL VERTICE

Gariglio: Io, l’Authority e il bisogno di fare davvero squadra

«Dualismo con Guerrieri? Decide il governo, collaboro con chiunque»

Davide Gariglio, avvocato piemontese, ex parlamentare dem, classe 1967: è lui il nuovo numero uno dell’Autorità di Sistema del mar Tirreno Settentrionale che governa i porti di Livorno e di Piombino, oltre agli scali minori dell’Arcipelago

LIVORNO. Ciak, si gira: a Palazzo Rosciano, sede dell’Authority di Livorno-Piombino, sotto gli occhi del magnifico busto granducale settecentesco di Ferdinando I in marmo bianco di Carrara, nella sala Gallanti al primo piano il neo-commissario Davide Gariglio si presenta al mondo dell’informazione. Ma senza mettere l’accento su sé stesso e sulla sua “bio”. Eccone qualche pezzetto, ma preso più dalle audizioni parlamentari e spulciandone la carriera che non nel faccia a faccia di martedì 17 pomeriggio: torinese, avvocato, 58 anni appena compiuti, compleanno nello stesso giorno in cui lo festeggiano le figlie gemelle tredicenni, nato appena prima che con l’occupazione delle facoltà umanistiche a Palazzo Campagna cominciasse davvero il Sessantotto nella Torino delle tute blu Fiat. E poi: tre legislature in consiglio regionale del Piemonte e una da parlamentare dem in commissione trasporti a Montecitorio. In politica gioca con la maglia del Pd, ascendenza cattolico-democratica con un maestro di rettitudine sabauda nella sinistra democristiana di Guido Bodrato.

Di sé parla poco o punto: giusto uno siparietto di battute con Vezio Benetti che gli pronostica un futuro da presidente come cosa acquisita e lui prima si schermisce («qui bisogna proprio toccar ferro…») e poi ribatte con una contro-battuta («guardi, se poi non mi fanno presidente sfotteranno lei più di me»). Fuor di battuta: «Arrivo qui con un identikit che fa di me una persona di parte, – il riferimento è alla sua carriera politica nel Pd – dico senza girarci intorno che sarò rigidamente istituzionale: l’unica mia “parte” sarà quella della mia “squadra”, e la maglietta è quella dell’Authority livornese».

«PRIMA DI TUTTO VIENE IL SENTIRSI SQUADRA»

Niente riflettori sul proprio “io”, sembra evidente che sia più a suo agio quando si gioca con lo schema del “noi”. Lo ripete in tutte le salse: in una struttura come l’Authority – parole e musica by Gariglio – conta l’impulso che dà il vertice ma «conta soprattutto il fare squadra, il sentirsi di appartenere a una squadra». Detto con una immagine efficace: «Tutti sono a bordo». Aggiungendo poi: «Questo forse viene prima della Darsena Europa, anzi è il presupposto per arrivare a concluderne davvero i lavori».

È per questo che si presenta insieme alla sua équipe di dirigenti, è per questo che oggi martedì 17 ha avuto un colloquio con il personale delle sedi livornesi dell’istituzione portuale e domani lo avrà con quelle piombinesi. Qui  tornerebbe utile ripescare qualche minuto del video del suo passaggio davanti alle commissioni di Camera e Senato: principalmente per ricordare gli anni in cui aveva incarichi ai vertici di grosse realtà del trasporto pubblico in Piemonte (fino a un colosso da 5mila dipendenti e 350 milioni di fatturato). «Ce l’abbiamo fatta in tempo per le Olimpiadi invernali di Torino 2006 per due motivi che si riducono a uno: una leale collaborazione». Da un lato, verso l’interno: il personale sentiva di far parte di una “squadra”. Dall’altro, verso l’esterno: indipendentemente dal colore politico, i vari livelli istituzionali invece che suicidarsi in una serie di sgambetti e contro-sgambetti hanno vogato tutti nella stessa direzione.

Il neo-commissario dell’Authority livornese, Davide Gariglio, fra i dirigenti Fabrizio Marilli (in primo piano) e Simone Gagliani

Lo ripete anche qui, quasi affacciato sui fossi del quartiere Venezia, a un tiro di sasso dal Ponte di Marmo dove facchini e carrettieri scolpivano il cordoglio per il caro estinto.  Lui picchia e ripicchia sulla “leale collaborazione” tali e tante volte che viene da chiedersi se finora sia mancata. In effetti, appena messo piede a Livorno, quattro anni fa il presidente Luciano Guerrieri aveva detto che metteva al primo posto l’impegno per la pacificazione nelle faide: ma in quel caso si riferiva agli scontri fra operatori, in quel periodo il calendario delle udienze del Tar raccontavano del fuoco incrociato di quasi cinquanta ricorsi l’un contro l’altro armati.

L’EQUIVOCO DEL PORTO EMPORIO: ORA  E’ UN PUZZLE

Forse mette conto indicare un altro tassello del puzzle: quel che il porto di Livorno deve diventare nell’idea di Gariglio. Come ha fatto fino a quel momento, potrebbe trincerarsi dietro una scusa qualsiasi sulle carte da studiare o gli operatori da ascoltare. Invece no:  forse tecnicamente è improprio il suo riferimento al “porto emporio” che in realtà è la formula di porto commerciale che ha fatto la fortuna di Livorno. Ma secoli fa: nell’era in cui richiamava l’attenzione del più grande storico del Novecento europeo, Fernand Braudel, che ha dedicato a quella Livorno uno dei suoi studi. Quando cioè il “format” del commercio di deposito gonfiava le vele grazie ai legami familiari di dinastie ebraiche e ai contatti delle “nazioni” presenti a Livorno ciascuno con la loro madre-patria e quella altrui. Poi con l’unificazione d’Italia nel segno di Garibaldi, Cavour e Savoia, in poco tempo la bussola dei capitali livornesi sterzerà verso la manifattura…

Fine del pippone con “recap” di storia locale. Ma in Gariglio si capisce che è un equivoco: è un altro modo per riferirsi a quel che in slang portuese definiscono il “porto multipurpose” o, con uno slancio lirico nel piano operativo triennale di parecchi anni fa, il “porto dei porti”. Il commissario appena insediato coglie in pieno la caratteristica-chiave del porto di Livorno da almeno trent’anni, se non di più: il ventaglio delle opportunità, la diversificazione delle tipologie di traffico. Ovviamente ciascuno con una propria catena del valore, ma molteplici. Non esiste porto in nessun’altra parte d’Italia che abbia un volto così “plurale”: campione nazionale sia nelle “autostrade del mare” sia nella cellulosa, punto di riferimento  per la logistica delle auto nuove, fra i primi cinque porti container e altrettanto per le crociere, sul podio come Autorità di Sistema per traffico passeggeri (seconda o terza, alle spalle di Messina e talvolta di Napoli).

Proprio da questa dimensione “multipurpose” (o “plurale”) del porto di Livorno, il commissario avrebbe potuto far decollare una diversa narrazione di quel che la Darsena Europa dev’essere: non l’ennesimo terminal contenitori in più ma la prima storica espansione a mare per l’intero complesso della portualità labronica. Così da poter contare su più profondità di fondali, più metri quadri di piazzali, più metri lineari di banchina: da far ricadere, ad esempio, anche sui traffici di ro/ro (camion e semirimorchi via mare) o auto, solo per dirne un paio, ma gli esempi potrebbero essere ben di più.

Lancia un messaggio obliquo quando, in risposta a una cronista che gli racconta la similitudine di porto e interporto come “bocca” e “stomaco”, attribuisce correttamente la citazione a Nereo Marcucci, il primo a mettersi seduto davanti alla scrivania di presidente dell’Authority. Il primo in Italia, si vuol dire: era il ’94, quasi un terzo di secolo fa. Segno che sa più di quel che dice.

Davide Gariglio nel salone Gallanti al primo piano di Palazzo Rosciano, quartier generale dell’istituzione portuale labronica: sullo sfondo, a destra, il settecentesco busto granducale di Ferdnando in marmo bianco di Carrara

«DECIDE IL GOVERNO, COLLABORO CON CHI C’È»

Bisogna tener presente che Luciano Guerrieri assommava nelle proprie mani, senza raddoppiare lo stipendio, il ruolo di presidente dell’Authority (poi commissario nelle ultime settimane) e quello di commissario straordinario per la realizzazione della Darsena Europa. Gariglio ne ha preso il posto alla guida dell’Autorità di Sistema Portuale, ma l’altro incarico è su un altro binario  e resta: è di nomina governativa, in linea teorica vale fino al completamento dell’opera ma si può essere sostituiti in ogni istante.

Dunque, – ricorda il nuovo inquilino torinese di Palazzo Rosciano – c’è la struttura commissariale della maxi-Darsena che si avvale di personale dell’Authority (a cominciare dalla vicecommissaria Roberta Macii per poi aggiungere i dirigenti Enrico Pribaz e Simone Gagliani) ed è guidata da Guerrieri. Per un giorno, un mese o anni? La decisione è tutta nelle mani del governo, aggiunge Gariglio, e non ha senso star qui con le mani in mano a strologare se, ma lui, e poi invece, ma quando. «Dialogherò con chiunque sia commissario della maxi-Darsena: l’importante è l’infrastruttura da realizzare perché è indispensabile per il porto di Livorno, indipendentemente dai nomi e dalle nomine». È da aggiungere che c’è «una osmosi» fra Authority e struttura commissariale della maxi-Darsena e c’è un sistema di monitoraggio esterno che il governo sta creando.

Sul predecessore Luciano Guerrieri e sul segretario generale Matteo Paroli che lo ha affiancato, ha da dire una cosa: «Grazie per il lavoro fatto». Nel senso che «trovo moltissima carne al fuoco, ora c’è da completare il lavoro: ma è molto quel che è stato avviato, fatto, proseguito».

Il neo-commissario dell’Authority livornese, Davide Gariglio, di spalle, mentre parlaa con i dirigenti di Palazzo Rosciano appena prima dell’inizio dell’incontro con i cronisti

«IL PORTO È APPETIBILE, LA CONCORRENZA NON SPAVENTI»

A chi gli chiede se nell’”affaire” Darsena Europa pensa gli possa creare problemi il duello fra i due big (Grimaldi e Msc più Lorenzini e Neri), risponde che non c’è da spaventarsi per la concorrenza: «Intanto, perché significa che il porto di Livorno è nei radar di grandi operatori: spero in un quid di pacatezza, ma – sostiene – è fisiologico che in porti come i nostri in Italia, così incastonati nelle città, vi siano quasi sempre problemi di inadeguatezza degli spazi disponibili». Ma mette l’accento non su quello che fanno le imprese («i privati difendono legittimamente ciascuno i propri interessi») bensì su «quel che dobbiamo fare noi a garanzia dell’interesse pubblico delle nostre scelte».

Niente “farò”, “programmerò”, “costruirò”. I paletti che mette Gariglio sono di altro tipo:

  • trasparenza («rendere visibile quel che facciamo, per noi ente pubblico è un obbligo di legge ma vorrei fosse anche uno stile»)
  • continuità («cambiano i vertici ma l’amministrazione resta»)
  • legalità («il mio mestiere è dare opportunità per creare traffici, occupazione e benessere, e questo è l’interesse generale: ma lo faccio al meglio se rispetto quel che c’è da rispettare»)
  • imparzialità («ci sarà là fuori forse chi cerca di tirarti per la giacchetta, l’importante è restare vincolati all’interesse pubblico: io resterò al di sopra delle parti»).

L’ultima sottolineatura è un paragone pallonaro che rende bene l’idea, Gariglio l’ha speso poco prima, nel faccia a faccia con i dipendenti: «Il Paris Saint Germain ha vinto la Champions League proprio nell’anno in cui ha perso Kylian Mbappé, la sua superstar». Da tradurre: non abbiamo bisogno di fenomeni tutti presi da sé stessi bensì «di persone che sappiano collaborare».

Mauro Zucchelli

Pubblicato il
18 Giugno 2025
di MAURO ZUCCHELLI

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