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LIVORNO

Crisi Ltm e fine concessione, prima di tutto la difesa dei lavoratori

E all’orizzonte c’è l’idea di una nuova organizzazione del lavoro sulle banchine

LIVORNO. Da un lato, c’è lo stato di crisi di Ltm (gruppo Moby) che nella Darsena n.1 del porto di Livorno si occupa di traffici ro-ro (semirimorchi inviati via nave): già nel marzo scorso, per via della riduzione dei traffici, ha reso nota l’intenzione di non rinnovare la concessione che scadrà a fine anno. Dall’altro, c’è l’Autorità di Sistema Portuale del Nord Tirreno che spesso deve fare i conti con la fame di spazi portuali che mancano e in questo caso sta mettendo in moto l’iter per riaffidare quanto prima le aree occupate da Ltm.

Davide Gariglio, da un mese e mezzo commissario straordinario dell’ente che governa i porti di Livorno e Piombino, oltre che gli scali minori dell’Arcipelago, utilizza il proprio debutto in una riunione dell’Organismo di Partenariato, per mettere i puntini sugli “i”: a maggior ragione in una situazione in cui, con la fame di spazi che c’è in porto, si è venuta a creare «una situazione di indeterminatezza negli assetti operativi dello scalo».

Il punto numero uno è questo: «La priorità sono i lavoratori». Lo ribadisce mettendo nero su bianco una nota in cui si indica come punto fermo «la tenuta dei livelli occupazionali in porto: qualsiasi operazione strategica sullo sviluppo competitivo del porto non potrà prescindere da questo elemento». Dunque: «Il nuovo bando di gara che stiamo preparando ai fini del rilascio di una nuova concessione – queste le sue parole – dovrà permetterci di cogliere nuove opportunità di sviluppo in termini di traffici, garantendo il riassorbimento dei lavoratori della società in un nuovo “articolo 18”».

L’altro aspetto fondamentale: gli spazi e l’uso della risorsa (scarsa) che è il demanio. «Quando si parla di Ltm anche rispetto ai profili occupazionali non si può non partire dal tema demaniale, perché si tratta di un problema di spazi preziosi lasciati liberi nel porto, ancora più importanti se si considera ciò che si immagina in prospettiva per il futuro dello scalo portuale», precisa l’avvocato torinese, che si è presentato alla riunione facendosi affiancare dal dirigente del demanio, Fabrizio Marilli.  Vale la pena di mettere in evidenza che, proprio guardando in tale direzione, Gariglio ha annunciato che l’ente promuoverà a breve «una consultazione del mercato» che mira a far emergere «le esigenze, le caratteristiche e le potenzialità delle aree portuali da affidare in concessione», com’è stato detto puntualizzando che giuridicamente l’operazione sarà compiuta sotto l’ “ombrello” del decreto ministeriale 202/2022.

Non è tutto. C’è qualcosa che torna a galla ogni volta che si parla di manodopera e forza lavoro: non è più tempo di limitarsi a qualche aggiustamento di rotta, e non solo perché il modello di organizzazione del lavoro che si è man mano stratificato nel porto di Livorno non è così in linea con quello di buona oarte degli altri scali del medesimo rango. Ecco che salta fuori l’idea di rimboccarsi le maniche per prendere di petto «il tema strategico della ridefinizione dei modelli di organizzazione del lavoro in porto».

In questo caso, il match più importante riguarda quel che si vuol fare di Alp, l’unica realtà autorizzata a fornire manodopera per affrontare i picchi di lavoro (articolo 17): un ruolo fondamentale, se pensiamo che rispetto al passato il lavoro è molto più concentrato e dunque si passa da fasi di stanca a momenti in cui l’organizzazione va in fibrillazione. Chiunque lavora in porto sa che questo non riguarda solo la capacità operativa: se il fornitore di manodopera funziona bene e può farsi carico dei momenti di lavoro intenso, le imprese possono avere anche un po’ meno addetti (ed evitare il problema di doversi riorganizzare continuamente di fronte alle fasi in cui il motore gira al minimo).

Riunione a Palazzo Rosciano: a sinistra Jari De Filicaia, presidente di Alp (e di Uniport); a destra, il commissario straordinario dell’Authoroty, Davide Gariglio

Comunque sia, tutto dipende – e l’Authority lo ripete chiaramente anche nella nota su Ltm e dintorni – da «cosa si immaginerà per l’Alp. Probabile che se ne risentiremo parlare: diventerà uno degli aspetti-chiave del porto di Livorno che verrà. Qualche punto di riferimento per capire che ne sarà? Gariglio ritiene prioritario «immaginare un percorso di allargamento della pianta organica dell’art 17, la cui forza lavoro risulta esigua rispetto a quella complessivamente impiegata in porto». Il commissario rincara la dose: questa è la traccia che sta seguendo l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale, su di essa «contiamo di andare avanti con il coinvolgimento del ministero competente».

Gariglio sembra voler tenere insieme la questione Ltm e il ripensamento su Slp che ne ampli l’organico. Anche perché vincolando l’una all’altro si crea una scadenza perentoria, una linea temporale ben marcata a fine anno: per un verso, la questione demaniale relativo al riaffidamento della concessione di Ltm; per un altro, il riassetto del modo di lavorare in porto con «la validazione dell’ampliamento dell’organico di Alp». Entrambe inchiodate al 31 dicembre.

Al termine della riunione il presidente designato dell’Autorità di Sistema Portuale ha dato atto di come il confronto con gli operatori all’interno dell’Organismo di Partenariato sia stato estremamente collaborativo: «Ho trovato da parte degli operatori una forte unità di intenti sulle problematiche da affrontare e sulle linee di azione tracciate dall’ente».

Pubblicato il
29 Luglio 2025

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