Metalmeccanici Cgil: lavoro e territorio in “ostaggio” delle multinazionali
Per Braccini bisogna «cambiare le regole del gioco». I casi di Magna e Pierburg
LIVORNO. L’industria ha ridotto parecchio il proprio peso nell’economia territoriale, e in particolare l’industria dell’auto che a Livorno era la quintessenza dell’apparato produttivo. E tuttavia i metalmeccanici Cgil tengono a ribadire che «continua a rappresentare un presidio industriale strategico», visto che stabilimenti come Magna Closures a Guasticce e Pierburg in via Salvatore Orlando «mantengono centinaia di posti di lavoro e competenze specialistiche». Nondimeno, risentono di «un contesto industriale globale sempre più incerto».
«L’Italia non può vivere solo di turismo o logistica: serve una politica industriale vera», afferma la Fiom per bocca di Massimo Braccini, segretario generale dell’organizzazione di categoria per le province di Livorno e Grosseto. C’è bisogno che «sostenga la manifattura, promuova l’innovazione e garantisca occupazione di qualità: bisogna investire in produzioni sostenibili, mobilità elettrica, componentistica avanzata e riconversione ecologica».
Nel mirino del dirigente Fiom c’è lo strapotere delle multinazionali: «Troppo spesso agiscono senza alcun vincolo nei confronti dei territori e dei lavoratori, prendendo decisioni che rispondono solo a logiche spesso finanziarie e non industriali». È una asimmetria che per Braccini è «il frutto di leggi e accordi che negli anni hanno favorito la libertà totale di movimento del capitale, svuotando gli strumenti pubblici di indirizzo e controllo»: la Fiom chiede di «rivedere quelle regole per riportare equilibrio tra interesse privato e bene collettivo».
Livorno può farcela, parola di Braccini: «Ha le competenze, le infrastrutture e il capitale umano per diventare un laboratorio avanzato di nuova manifattura sostenibile». Ma è un potenziale che può esprimersi – afferma – solo a condizione che sia «sostenuto da politiche pubbliche adeguate, da investimenti mirati e da un patto solido tra istituzioni, imprese e rappresentanza del lavoro».
I metalmeccanici Cgil ribadiscono che «non si tratta di resistere al cambiamento, ma di governarlo con coraggio e lungimiranza»: garantendo «coesione sociale, giustizia e sovranità produttiva in un mondo attraversato da transizioni profonde». Altrimenti si affaccia un «rischio concreto»: senza una visione industriale «forte e condivisa», si corre il pericolo che «interi territori vengano marginalizzati e professionalità altamente qualificate vadano disperse».
La fotografia della situazione arriva dall’andamento di Magna e Pierburg: nell’uno come nell’altro caso è attualmente attivo il contratto di solidarietà, «segno concreto di una fase complicata dal punto di vista industriale e occupazionale» (secondo l’esponente Fiom occorre che, «accanto al ruolo del sindacato e alle intese istituzionali», sia «rafforzata la rete degli ammortizzatori sociali»).
In particolare, per quanto riguarda la fabbrica di serrature di Guasticce, – spiega il dirigente sindacale – «con Magna, insieme alle istituzioni locali e regionali, abbiamo costruito un accordo-quadro importante: ha garantito continuità produttiva e occupazionale». Attenzione, però: la multinazionale opera «in un sistema globale e ha impianti in altri paesi a costi più bassi, come in Macedonia», dunque per Braccini occorre «una vigilanza continua perché gli impegni assunti siano rispettati e durino nel tempo».
«Ancora più delicata» la situazione in Pierburg: appartiene al gruppo Rheinmetall, che vuol concentrarsi sul settore difesa e ha avviato «la dismissione del ramo auto». Risultato: a giudizio di Braccini, è indispensabile che questo passaggio sia fatto con «la massima trasparenza: è necessario sapere chi sarà il nuovo acquirente, con quali garanzie e quali prospettive produttive».
Da parte di Braccini arriva una doppia sottolineatura dedicata ai dazi («creano ulteriore incertezza per la filiera dell’auto») e all’esigenza di «una strategia europea forte» (capace di «difendere le imprese e i lavoratori, rilanciando domanda interna, investimenti pubblici e salari»). Ma, se è «fondamentale» difendere gli insediamenti esistenti, lo è a maggior ragione rilanciare: «Livorno può diventare un polo attrattivo se si lavora per:
- Incentivare nuovi insediamenti nel settore della mobilità sostenibile;
- Sostenere startup e imprese innovative;
- Creare sinergie tra sindacati, istituzioni, università e mondo produttivo.
Proprio a quest’ultimo riguardo il dirigente dei metalmeccanici Cgil cita l’accordo con Magna come esempio che «la collaborazione tra sindacato e istituzioni può funzionare». Ma a questo punto è indispensabile «un salto di qualità: queste intese – dice Braccini – devono diventare parte di un disegno più ampio e stabile, capace di governare le trasformazioni industriali. Nessun territorio può reggere da solo: occorre un patto nazionale per il lavoro e l’industria».