Imprese, la provincia di Livorno si tiene a galla con la “crescita zero virgola”
Meglio che nel resto della Toscana ma industria e commercio hanno il segno “meno”

Un grafico dal dossier del centro studi della Canera di Commercio di Livorno e Grosseto: è da notare l’ultimissima fase con una leggera ripresa
LIVORNO. Anche in primavera le imprese dei territori di Livorno e di Grosseto se la sono perlomeno cavata: certo, un conto è restare a galla e ben altra cosa è crescere e svilupparsi. Ma questo è quel che passa il convento in questo periodo: basti dire che in questo stesso periodo in Toscana l’arcipelago delle imprese è diminuito di 3.115 ditte, cioè lo 0,8% in meno (e a livello nazionale si contano oltre 38mila aziende in meno nell’anagrafe camerale, pari allo 0,6%). Nello spicchio di Toscana costiera che sta sotto l’ombrello della Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno guidata da Riccardo Breda – la Maremma targata Grosseto e la striscia costiera livornese, isole comprese – siamo ancora con il segno “più”: quasi 61mila imprese in tutto, 36 in più rispetto a dodici mesi prima.
Livorno e Grosseto: più 0,1 per cento, dice il dossier del centro studi camerale. Ma è un arrotondamento: in realtà è talmente minimale da risultare lo 0,059%. Pochino, eppure meglio che nel periodo gennaio-marzo: giù dello 0,2% ma con il segno “meno” che ora è diventato un “più” benché altrettanto minimo. Pochino, ma eccetto Prato tutto il resto della regione ha il “meno” davanti alla percentuale. E in qualche caso non è affatto uno “zero virgola”: in provincia di Pisa si contano 665 ditte in meno (con un calo dell’1,6%), in quella di Massa Carrara il restringimento della galassia delle imprese ne ha addirittura quasi un migliaio in meno a paragone della fine di giugno dello scorso anno (meno 4,3%, via una azienda ogni 23). Beninteso, a guardare dentro la percentuale complessiva di Livorno e di Grosseto, si vede che stavolta è la zona maremmana a trainare il dato: a Grosseto si hanno 57 ditte in più rispetto a dodici mesi prima, in provincia di Livorno 21 in meno. Invece se guardiamo alle sedi di impresa attiva, ecco che Livorno risulta in attivo: ne ha nove in più rispetto al passato.

Livorno, Palazzo della Dogana: la sede della Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno
Mettendo sotto la lente sia l’andamento delle “nascite” delle imprese che quello dei “decessi”, l’équipe del dossier della Camera di Commercio annota che «a una sostanziale stabilità tendenziale delle iscrizioni, fa da contraltare una forte riduzione delle cancellazioni, fenomeni che hanno generato un saldo non solo positivo, ma anche decisamente più elevato rispetto al medesimo periodo del 2024».
Non è però una situazione in naftalina, quasi ibernata. Al contrario, i ricercatori indicano una doppia trasformazione. Da un lato, riguarda l’identikit giuridico delle società: «L’unica tipologia che può vantare una crescita è rappresentata dalle società di capitale». Dall’altro, la sede: «Continua ininterrotto l’aumento delle unità locali, in particolare di quelle che hanno sede fuori provincia». Tradotto: filiali, succursali, sedi staccate e via dicendo.
Dietro questa sorta di crescita zero, dunque, non c’è una fisionomia dell’assetto imprenditoriale sempre uguale a sé stesso: sì, dal punto di vista puramente “demografico” si registra «una sostanziale stabilità» dell’agricoltura e «un incremento tendenziale nelle costruzioni e in particolare nel turismo». Ma con una sottolineatura sulla quale si è insistito presentando il dossier: «Nell’analisi storica si nota come negli ultimi tre anni e mezzo l’unico settore ad evidenziare una costante crescita è quello delle costruzioni: crescita che pare stopparsi nel 2025, con l’esaurirsi dei bonus edilizi». Dall’inizio dello scorso anno a fare da locomotiva, perlomeno dal punto di vista demografico-numerico (i fatturati e gli utili sono altra cosa), passa qualcun altro: vedi alla voce “alloggio e ristorazione”, che «mostra un periodo di espansione numerica tutt’altro che banale».
E il resto? Mancano all’appello due settori che hanno fatto l’ossatura dell’economia di questi territori. Il riferimento è al commercio e all’industria manifatturiera: entrambi – viene fatto rilevare – «continuano a percorrere una fase discendente che pare senza soluzione di continuità». Ecco le percentuali: il manifatturiero giù dell’1,2%, il commercio perde due punti percentuali.