In Toscana cala la quantità dell’uva raccolta ma la qualità è in crescita
Il broker: occhio all’export che si apre a nuovi orizzonti

Vendemmia
FIRENZE. Meno abbondante, ma qualitativamente promettente: questo è l’identikit della vendemmia di quest’anno, almeno al primissimo giudizio, visto che in Toscana si preannuncia come «una delle più interessanti degli ultimi anni». La conferma arriva dal fronte degli addetti ai lavori: parola di broker. Marco Storai, amministratore di Carratelli Wine, è un operatore internazionale con sedi a Firenze, Grosseto e Montepulciano, e negli anni si è specializzato nell’accompagnare i produttori toscani nei mercati esteri e nella costruzione di strategie commerciali su misura. A maggior ragione dopo che il rebus dei dazi di Trump ha innescato un terremoto di aspettative nell’export toscano verso uno dei principali mercati di sbocco all’estero.
«Dopo un 2024 difficile, l’annata in corso mostra segnali di equilibrio», dice Storai. «Il caldo c’è stato, ma senza eccessi, e i vigneti hanno retto bene. Soprattutto, le uve si presentano sane e mature in modo omogeneo».
Resa inferiore ma qualità in aumento: in estrema sintesi, si potrebbe riassumere così il quadro che emerge dalle diverse aree della regione. Ad esempio, in Maremma – viene fatto rilevare – il clima secco e ventilato ha «protetto le viti dalle principali malattie, nonostante qualche episodio isolato di grandine e piogge irregolari». Il profilo aromatico è «molto interessante: i mosti si stanno rivelando equilibrati», osserva Storai.
Cosa dire di quel che accade a Montalcino? A giudizio di Carratelli Wine, il Sangiovese gode di «una buona acidità naturale e di grappoli compatti, ottimi presupposti per vini da lungo invecchiamento».
Quanto al Chianti, la produzione segna «un calo tra il 10% e il 15%», ma rimanendo al di sopra della media del quinquennio precedente. «Calo fisiologico, ma – questo il giudizio – l’uva è buona e le cantine lavoreranno con materia prima di valore».
La produzione regionale toscana stimata si attesta intorno ai 2,4 milioni di ettolitri, in leggera flessione rispetto ai 2,7 milioni del 2024, e tuttavia – viene ribadito – in linea con «una prospettiva di medio periodo che privilegia la qualità rispetto alla quantità».
Da Carratelli Wine si mette l’accento sul fatto che, sul fronte dell’export, il 2025 ha segnato «una riduzione degli ordini dagli Stati Uniti, dovuta principalmente all’impatto dei nuovi dazi del 15% introdotti nei mesi scorsi». Carratelli Wine è riuscita comunque a «mantenere attive le collaborazioni con gli importatori americani più consolidati, in particolare in Florida e nel resto degli Usa, grazie alle missioni commerciali svolte a New York, Miami e Dallas lo scorso febbraio».
«Il dialogo costruito negli anni paga. Il momento è delicato, ma non bisogna mollare. Anzi: serve visione, pazienza e strategie nuove», commenta Storai.
Parallelamente, l’azienda sta ampliando le proprie strategie commerciali a livello globale, con nuovi eventi e iniziative in Asia (Thailandia, India e Vietnam), Sud America (Brasile, Messico e Costa Rica), oltre che in Europa (Svizzera, Regno Unito e Norvegia). Stiamo parlando di «mercati in forte espansione e sempre più interessati ai vini toscani, soprattutto – viene messo in evidenza – quando c’è coerenza tra qualità, narrazione e accessibilità».
Per la crescita di queste nuove rotte internazionali, Carratelli Wine collabora attivamente con i propri partner e con il nuovo Ufficio delle relazioni internazionali del Comune di Grosseto, recentemente inaugurato grazie all’impegno del sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna. «Avere un sostegno istituzionale diretto, soprattutto a livello locale, è fondamentale. Le aziende da sole – dice Storai – non bastano: servono reti, interlocutori, progetti condivisi. Il mondo si muove in fretta, e la Maremma può e deve essere protagonista».











