Il fascino discreto del panno del Casentino rischia di sparire
Licenziati in 13, chiude la Manifattura. La Regione: usate invece la cassa integrazione

Audrey Hepburn nel film “Colazione da Tiffany” indossa un capo in panno del Casentino
C’era una volta Audrey Hepburn che, nel film “Colazione da Tiffany”, indossa un paltò a quattro bottoni in uno strano color arancio che stregò il pubblico di mezzo mondo: quelle immagini riportavano sotto i riflettori un antico tessuto italiano, il panno del Casentino: figurarsi che in realtà – lo ricorda un magazine stiloso come “Harper’s Bazar” – evoca «un modo di vestire povero: in principio era utilizzato solo per tabarri, cappe e mantelli di pastori e contadini».
Ma eravamo nell’Italia di sessant’anni fa e, anche se re Carlo d’Inghilterra ne ha ordinato alcuni capi, la crisi se l’è mangiato e nelle scorse settimane la “Manifattura del Casentino” ha chiuso: era almeno da un anno che i lavoratori e l’azienda suonavano la sirena dell’allarme, anche il mondo della made in Italy sembra essersi girato dall’altra parte. E invece degli ordinativi è arrivata la chiusura. Eppur ancora una trentina d’anni fa il fatturato sfiorava i 25 miliardi di vecchie lirette, anzi l’esplosione del fascino del cashmere aveva portato a sfiorare quota 20 milioni di euro negli anni iniziali del primo decennio del secolo, poi il declino. E alla fine è arrivato anche la chiusura della fornitura di energia elettrica. Adesso, secondo notizie di stampa i ricavi non arriverebbero neanche a un cinquantesimo di quelle cifre riducendo a 13 i dipendenti della Manifattura del Casentino.
Ora serve che arrivi un “cavaliere bianco” a compiere il salvataggio e rimettere in moto una tradizione di manifattura artigiana che deve il suo fascino anche a quella curiosa arricciatura che la tradizione attribuisce alle virtù dell’acqua del torrente che arriva giù dall’eremo di Camaldoli.
Chissà se uno spiraglio può arrivare dal conclave che si è tenuto nel quartier generale della Regione Toscana per riuscire a salvare questa storica eccellenza regionale. Attorno al tavolo erano presenti, per la parte regionale, la direzione competitività territoriale, assistita da Unità di crisi e Arti; per le istituzioni territoriali coinvolte, gli amministratori locali Filippo Vagnoli (sindaco di Bibbiena) e Valentina Cenni (vicesindaca di Pratovecchio Stia); per la parte aziendale gli esponenti di Manifattura del Casentino; per quella sindacale, Filcgtem Cgil e Cgil confederale, nella persona del segretario Alessandro Tracchi.
Da parte della Regione Toscana è stato proposto che, anziché al licenziamento, si facesse ricorso ad «una cassa integrazione straordinaria per favorire la transizione occupazionale della durata di 12 mesi ulteriormente prorogabile in caso di bisogno». Questi 12 mesi – è stato sottolineato – sarebbero utili per esplorare i potenziali interessi per una ripresa della produzione del panno: è stato precisato nell’incontro che la filiera deve comunque continuare a vivere in Casentino. È stato anche ipotizzato di un “marchio storico” o territoriale, una sorta di Dop, per la produzione del panno. L’azienda si è riservata di compiere «una serie di verifiche tecniche»: lunedì prossimo darà una prima risposta. Resta comunque inteso che un nuovo round di riunioni sul panno casentinese si avrà venerdì 14 novembre.











