Finalmente la firma del ministro: si insediano otto presidenti, incluso Gariglio a Livorno
Iter estenuante: ci sono voluti altri 15 giorni dopo l’ultimo ok della commissione

Il commissario dell’istituzione portuale labronica Davide Gariglio e il ministro Matteo Salvini il 10 ottobre scorso durante la visita al luogo dove sorgerà la Darsena Europa
ROMA. Per capire quanto è stato faticoso arrivare alla conclusione dell’iter di nomina dei presidenti di buona parte delle Autorità di Sistema Portuale, basta guardare un dettaglio: dopo aver avuto il via libera dalla commissione del Senato, sono stati necessari altri 15 giorni perché il vicepremier-ministro Matteo Salvini convincesse sé stesso a firmare il decreto che avrebbe reso operativa la nomina il cui iter era stato lui stesso a mettere in pista, di sua iniziativa, ormai quasi sette mesi fa. Segno che lo scontro fra alleati dev’essere stato particolarmente aspro: e se non è più sui presidenti sui quali la quadra è stata trovata, forse c’è un po’ di tira-e-molla su quanti segretari generali toccano a ciascun gruppo politico.
Le lunghe mani della politica non sono una novità di adesso: Gallanti a Livorno fece fuoco e fiamme contro il Pd per avere Provinciali al suo fianco. In realtà, il numero due è figura che nomina il presidente pescando fra persone di sua stretta fiducia: la nomina è del comitato di gestione ma sul nome indicato dal presidente. Paroli a Genova ha rivendicato margini di autonomia, e l’ha fatto.
A quasi sette mesi dall’avvio dell’iter
Al tirar delle somme, (quasi) sette mesi fra la prima designazione ufficiale di Salvini a inizio iter e l’attuale completamento della procedura con la firma del decreto di nomina: riguardano il caso di Livorno con Davide Gariglio, il cui nome era stato messo in campo nella seconda metà di aprile. Ma non è il solo. Il pacchetto comprende:
- Francesco Benevolo a Ravenna (Mare Adriatico centro settentrionale)
- Giovanni Gugliotti a Taranto (Mar Ionio)
- Raffaele Latrofa a Civitavecchia (Mar Tirreno centro settentrionale)
- Eliseo Cuccaro a Napoli-Salerno (Mar Tirreno centrale)
- Matteo Gasparato a Venezia (Mare Adriatico settentrionale)
- Paolo Piacenza a Gioia Tauro (Mari Tirreno meridionale e Ionio)
- Domenico Bagalà a Cagliari (Mare di Sardegna).
Per attestare che qualcosa dev’essersi sbloccato (e che dunque l’impasse era tutto politico e riguardava i rapporti fra i partiti del centrodestra) è sufficiente rilevare che, «nella stessa giornata, anche la Camera dei Deputati ha dato parere favorevole alla nomina di Marco Consalvo a presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico orientale»: il virgolettato lo trovate nel comunicato ufficiale del ministero. Detto per inciso, come segnalano dal dicastero di Matteo Salvini, la nomina del presidente in pectore dell’Authority triestina era «già stata approvata precedentemente dal Senato»: questo non fa altro che confermare «la piena legittimità e il sostegno istituzionale a questa scelta».
Non è paradossale che Salvini abbia impiegato 15 giorni per firmare un decreto che stabilisce quel che lui stesso aveva deciso? Sabato scorso il giornale online genovese “Shipmag” l’aveva sottolineato: «Che fine hanno fatto le nomine degli otto presidenti di Autorità di sistema portuale che hanno ricevuto il 28 ottobre scorso il via libera dal Senato?».
Lo aveva chiesto senza girarci troppo intorno il direttore Teodoro Chiarelli: «E ora, invece, a che cosa è dovuto l’ennesimo, imprevisto, stop? Sono passati più di 10 giorni dalla votazione al Senato, ma la firma del ministro non è ancora stata apposta. Come mai? Nuovi intoppi politici? Secondo alcuni rumors romani, il vicepremier sarebbe frenato dalla volontà di alcuni suoi colleghi di maggioranza intenzionati a incidere sulla scelta dei segretari generali che invece dovrebbe essere di competenza dei presidenti, così come è stato con la nomina di Tito Vespasiani da parte di Matteo Paroli. Ma se così fosse Salvini contraddirebbe sé stesso, laddove aveva pubblicamente dichiarato che è il presidente a dover indicare un segretario generale di sua fiducia. Resta il fatto che ancora una volta le beghe del sottoscala della politica si consumano indifferenti alle necessità dell’economia reale, in questo caso dei porti».

Il quartier generale del ministero delle infrastrutture e dei trasporti a Rima, zona Porta Pia
Lo scontro fra alleati e l’opposizione non si arrabbia
In effetti, la faticaccia era stato convincere la commissione del Senato a smettere con rinvii e slittamenti: i commissari, soprattutto quelli di Fratelli d’Italia prima e di Forza Italia poi, avevano capito che il loro parere non vincolante contava poco di per sé ma poteva pesare molto finché evitava di essere espresso perché teneva sotto scacco il completamento della procedura (e dunque Salvini). E questo, in una fase di scontro all’interno del centrodestra, era utile per rompere le uova nel paniere a un ministero che è una roccaforte di potere leghista con Salvini e Rixi…
Sette mesi con la portualità un po’ a bagnomaria: è vero che dopo un po’ i presidenti in pectore sono stati inviati a insediarsi anticipatamente. Ma come commissari: a discorsi è la stessa cosa, in concreto no: il commissario resta da solo con tutti i rischi del caso, compreso quello di diventare un bersaglio senza alcuno schermo. Le forze sociali hanno esercitato la virtù della rassegnazione, eccetto per due o tre giorni a giugno, tanto per parte delle imprese che dal lato dei sindacati. E le opposizioni? Eccetto le proteste di Serracchiani per i guai di Trieste (dopo le dimissioni di Zeno D’Agostino attende da 20 mesi un assetto stabile), pressoché non pervenute. E si spiega: prima che iniziasse tutta questa pantomima, per evitare di precipitare di nuovo nelle guerre di religione come nel 2003-2004 (che si tramutarono solo nell’impasse generale), con sano pragmatismo la maggioranza aveva accettato qualche nomina gradita al centrosinistra. E tutto era filato liscio, comprese le intese con le Regioni in mano al centrosinistra.
I tasselli del puzzle ora sono (quasi) a posto
A questo punto, oltre ai nomi indicati prima, sono stati fatti in precedenza presidenti:
- Matteo Paroli a Genova-Savona (mar Ligure Occidentale)
e, successivamente,
- Francesco Rizzo a Messina (Stretto)
- Bruno Pisano a La Spezia-Marina di Carrara (mar Ligure Orientale)
- Francesco Mastro a Bari-Brindisi (mar Adriatico Meridionale
In sostanza, il quadro del nuovo assetto di governo della portualità made in Italy ai tempi della destra non è del tutto completato ma quasi. Questa vicenda ha insegnato a mai dire gatto se non l’hai nel sacco (cit. Trap) ma, insomma, il più è fatto e il resto potrebbe (dovrebbe?) venire di conseguenza.
Ecco che ora il ministero delle infrastrutture può tirare un sospiro di sollievo e sottolineare che, con queste nomine, il dicastero della premiata ditta Salvini & Rixi «conferma l’attenzione verso il rafforzamento strutturale del sistema portuale italiano, fulcro della logistica, dell’interscambio marittimo e della competitività internazionale del nostro Paese».
A questo punto non solo il ministero bensì il governo tutto – così scrive la nota ufficiale – «ribadiscono l’impegno a garantire che tutti gli enti portuali del Paese possano operare al meglio, per evitare paralisi amministrative e favorire la massima efficienza del settore».
E adesso il menù porterà in tavola la “riformina”
Il prossimo round è la cosiddetta “riforma della riforma della riforma” dei porti: probabile che sia invece una “riformina” perché, finiti i fondi del Pnrr da Bruxelles, di soldi pubblici non c’è più quasi nulla: l’ha certificato la legge di bilancio. Nel menù, è facile prevederlo, resterà il nuovo identikit del “governo delle banchine” nell’era della destra. Al di là di tutto l’ambaradan di questo e di quello, il cuore sarà la centralizzazione delle decisioni (ma reggerà di fronte a quanto prevede dal 2001 il titolo quinto con i porti fra le materie in cui governo centrale e Regioni decidono insieme?) e soprattutto l’ingresso effettivo dei privati nella stanza dei bottoni. Ben più che adesso: saranno loro a fare gli investimenti rimpiazzando la spesa pubblica. D’ora in poi, qui si giocherà il match.
Mauro Zucchelli











