La grande corsa di (sempre meno) operatori giganti crea (sempre più) navi giganti

La nave portacontainer Msc Irina, una delle più grandi delle flotte esistenti al mondo (per adesso)
In poco più di venticinque anni il trasporto marittimo containerizzato ha vissuto una trasformazione senza precedenti. Dal 2000 a oggi la capacità della flotta mondiale è passata da 4,5 a oltre 33 milioni di teu. Numeri (utilizzo come fonte Alphaliner) che raccontano molto più di una semplice crescita: raccontano un cambio di scala che ha ridisegnato il commercio globale.
La containerizzazione nasce ufficialmente nel 1956, con il viaggio della Ideal X tra Newark e Houston. Ma è solo negli ultimi decenni che il settore accelera davvero. Quello che un tempo era un mercato frammentato, popolato da operatori di medie dimensioni, si è progressivamente concentrato attorno a pochi grandi gruppi, oggi protagonisti assoluti delle catene logistiche mondiali.
Gigantismo e concentrazione
All’inizio del nuovo millennio, la flotta globale contava complessivamente 4,5 milioni di teu (Twenty-foot Equivalent Unit, l’unità di misura con cui si contano i container). Oggi la capacità supera i 33,6 milioni. Un salto che non si spiega solo con l’aumento del numero di navi, ma soprattutto con la loro crescita dimensionale.
In mare, le portacontainer sono passate da 2.622 a 7.492 unità. Ma il dato più significativo è un altro: la stazza media delle navi è quasi triplicata, da circa 1.700 a 4.500 teu. Il gigantismo navale è diventato la nuova normalità. Una corsa che ha avuto effetti a catena sui porti di tutto il mondo, costretti a investire miliardi per adeguare fondali, banchine e gru. Oggi le unità più grandi superano i 24mila teu di capacità, imponendo standard infrastrutturali sempre più elevati.
Il potere nelle mani di pochi
Alla crescita fisica delle flotte si è affiancata una forte concentrazione del mercato. Negli anni 2010, una lunga serie di fusioni e acquisizioni ha ridotto drasticamente il numero degli operatori. Se nel 2000 i primi dieci vettori controllavano il 61% della capacità globale, oggi la loro quota ha raggiunto l’84%. Un livello di concentrazione che ha trasformato le compagnie marittime in veri integratori logistici globali, capaci di influenzare le catene di approvvigionamento e di reggere meglio agli shock sistemici. Ma che, allo stesso tempo, solleva interrogativi sulla concorrenza e sulla tenuta dei noli nel lungo periodo.
Colpisce anche la velocità con cui questa espansione si è sviluppata. Tra il 2003 e il 2023, la flotta è cresciuta con una regolarità quasi matematica: circa un milione di teu netti all’anno. Negli ultimi due anni, però, il ritmo è cambiato. Secondo Alphaliner, il portafoglio ordini oggi sfiora gli 11 milioni di teu. Una cifra che, da sola, supera più del doppio dell’intera flotta mondiale esistente nel 2000.
Negli ultimi 24 mesi, l’immissione di nuova capacità ha superato i 2 milioni di teu all’anno. Con una tale massa di nuove navi in arrivo, la sfida del prossimo decennio non sarà più inseguire la crescita, ma governare l’ “overcapacity” – cioè l’eccesso di capacità di carico – in un settore che deve affrontare contemporaneamente la decarbonizzazione e un quadro geopolitico sempre più instabile.
Angelo Roma
(Angelo Roma, consulente marittimo, è stato fino a poco tempo fa vicepresidente di Interporto Toscano di Guasticce, nel curriculum anche il periodo alla guida di Toremar e, in anni più lontani, il ruolo di port captain di Zim, la compagnia di navigazione israeliana)

Angelo Roma, consuente marittimo, da alcune settimane ha lasciato l’incarico di vicepresidente dell’Interporto di Guasticce











