Migranti si tuffano in mare per non essere rimpatriati: uno è risucchiato dalle eliche
Nel cuore del porto di Livorno, a pochi decine di metri dalla banchina: disperso l'altro giovane irregolare

La nave cargo ro-ro Stena Shipper battente bandiera ddanese nel porto di Livorno
LIVORNO. Il loro sogno di una esistenza differente è andato in frantumi a qualche decina di metri dalla terraferma all’interno del porto di Livorno, ai loro occhi emblema di quell’Europa dove volevano inventarsi un nuovo inizio. La vita di almeno uno dei due è finita quando, fuggendo dalla cabina dove lo avevano rinchiuso dopo averlo scoperto a bordo senza documenti, si è buttato in acqua proprio mentre stava passando un grande traghetto ed è stato colpito dalle eliche. Dell’altro non si sa più nulla, è disperso in mare.
La tragedia è avvenuta nell’area portuale di Livorno. Secondo quanto riferito dal quotidiano livornese “Il Tirreno”, li avevano scovati all’interno di un container. Il sindacato Usb invece racconta che avevano trovato un nascondiglio in un semirimorchio. Fatto sta che viaggiavano a bordo della “Stena Shipper”, cargo ro-ro di 193 metri battente bandiera danese. Partito mercoledì 29 ottobre da Tunisi prima che facesse giorno, stando a quanto risulta dai servizi di tracciamento marittimo, e arrivato poco dopo l’alba successiva nello scalo toscano, pronto per ripartire poi verso le coste nordafricane.
È la terribile storia nera culminata in tragedia che ha visto protagonisti due giovani nordafricani: alla polizia di frontiera marittima avevano detto di essere marocchini, è però ritenuto più probabile che fossero originari della Tunisia. A quanto è dato sapere, almeno all’apparenza dimostravano di avere sui vent’anni. Sarà complicato risalire alle loro identità: finiranno nell’esercito degli “invisibili” senza più neanche nome che sono stati inghiottiti dal mare. Stavolta la morte ha il segno di una beffa: pochi metri li separavano dal
Secondo la versione resa nota, i due non avevano ancora oltrepassato il perimetro della zona doganale e il personale della Polmare, come regola dice, non ha permesso lo sbarco a terra e li ha lasciati a bordo della nave dandoli in custodia alla responsabilità del comandante della nave perché li riportasse indietro. Erano stati perciò rinchiusi all’interno di una cabina: inutile dire che, per quei due giovani in fuga da un passato con il quale volevano tagliare i ponti, quella maledetta serratura non poteva cancellare le loro aspirazioni.
Secondo la ricostruzione del giornale, mentre la nave cargo non si era ancora allontanata dalla banchina, i due giovani sono riusciti a far saltare la serratura e a fuggire dalla cabina. Si sono tuffati poi in mare, contando sul fatto che non si era lontano da terra: certo, è difficile pensare di far perdere le tracce nelle acque del porto mentre sei fra il Bacino di evoluzione e il Canale industriale, cioè non distante dalla Calata Bengasi (dove 12 ore più tardi era ancora ferma il cargo danese), ma chissà cosa è passato per la mente di quei due giovani. L’unica cosa che sapevano è che indietro non volevano tornare: ce l’hanno fatta, sia detto amaramente, perché l’uno è stato risucchiato dalle eliche della nave “Eco Napoli” appartnente alla flotta Grimaldi e invece l’altro è disperso in mare. Non è chiaro se sapesse nuotare, quel che è certo è che non hanno avuto alcun esito le ricerche scattate immediatamente battendo tutto lo specchio di mare in cui i due si erano buttati.
È intervenuto il sindacato extra-confederale Usb sulla morte di due ragazzi nel porto di Livorno: «Una volta scoperti, per loro non c’è stata possibilità di fare richiesta di asilo, di spiegare la propria condizione; non hanno potuto parlare con un avvocato o con un’associazione». Sono stati rispediti in Tunisia, «senza neanche sapere se effettivamente era quello il loro Paese di provenienza». Con una sottolineatura: «È questa la civiltà che tanto vogliamo difendere? È questo il trattamento che riserviamo agli esseri umani mentre le armi sono benvenute?».











