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L'INTERVISTA

«Formiamo ufficiali ma soprattutto persone di valore e di valori»

Il comandante Tarabottoi: è questo il mestiere dell’Accademia Navale ai tempi dell’intelligenza artificiale:

LIVORNO. Suonerebbe d’anticaglia settecentesca se non fosse un blasone rilanciato anche di recente da un celebre film: ufficiale e gentiluomo. E così anche per i motti che si leggono sulla facciata interna dell’edificio, “Patria e onore” e il dannunziano “Arma la prora e salpa verso il mondo” in sala allievi. Perché l’Accademia Navale, pur cambiando tutto nell’arco del suo quasi un secolo e mezzo di vita, è impegnata a non cambiare niente per quello che riguarda i valori umani: come sottolinea in questa nostra chiacchierata il suo comandante, contrammiraglio Alberto Tarabotto, proprio alla vigilia della cerimonia per il nuovo anno di studi con il capo di stato maggiore della Marina, ammiraglio di squadra Giuseppe Berutti Bergotto.

Ammiraglio, ragazze e ragazzi d’oggi trasformati in ufficiali e gentiluomini (o gentildonne) : sembra difficile per chi legge quotidianamente le cronache…

«Eppure la parte sana dell’Italia prevale e prevarrà. Lo conferma anche il dato delle vocazioni: il 90% degli allievi che entrano per concorso diventano ufficiali, malgrado il percorso non sia certo facile. Noi ci impegniamo ma anche loro s’impegnano con la giusta vocazione in una scuola di vita totale».

Le tecnologie e le scienze della navigazione e della guerra sul mare cambiano continuamente, specie in questi ultimi tempi…

«Vorrei ricordare che qui non si tratta soltanto di insegnare nozioni tecniche o scientifiche legate alle armi, ma di far crescere individui capaci di guidare, decidere e assumersi responsabilità nei momenti più difficili. In Accademia si impara a lavorare in squadra, a rispettare le regole, a far prevalere il bene comune su quello personale in guerra e in pace. L’Accademia è, come ho già accennato,  una vera e propria scuola di vita: un luogo dove i nostri valori tradizionali si fondono con l’innovazione e con una visione moderna del servizio del Paese. Così oggi la formazione abbraccia sempre più campi: dalla navigazione storica alle nuove tecnologie, dalla gestione delle emergenze in mare alla sicurezza cibernetica. Puntiamo a preparare ufficiali pronti a operare in scenari complessi attuali, in Italia e all’estero, con professionalità e umanità. In sintesi, la nostra missione è formare persone di valore: un valore che ingloba elementi radicati nella tradizione marinara, ma sempre proiettati al mondo futuro, un valore che porti i nostri allievi a servire il nostro Paese con competenza, passione e spirito di sacrificio».

L’Accademia è anche un istituto universitario apprezzato. Quali sono le lauree?

«Al termine dell’iter formativo di base ciascun frequentatore, a seconda del Corpo di appartenenza consegue una diversa tipologia di laurea: Scienze Marittime e Navali per lo Stato Maggiore; Giurisprudenza per le Capitanerie di Porto e Commissari; Medicina e Chirurgia per i Sanitari; Ingegneria navale per il Genio Marina specialità Genio navale; Ingegneria Civile Ambientale ed Edile per il genio Marina specialità infrastrutturale».

La differenza tra un laureato che esce dall’Accademia e uno da un’università civile?

«Da noi gli allievi vivono in un ambiente che unisce disciplina e spirito di servizio, con un forte senso di appartenenza e di comunità, che lega i frequentatori in un modo unico e indissolubile, in amicizie rare e autentiche. Formiamo non solo professionisti competenti, ma anche cittadini esemplari, abituati al sacrificio, alla leadership e alla responsabilità. È questo mix di valori, rigore, innovazione e passione per il mare che costituisce il vero cuore pulsante dell’Accademia: un luogo dove si diventa ufficiali, ma, soprattutto, persone di valore, pronte a servire il Paese con orgoglio. Un obiettivo riconosciuto anche in campo internazionale:  da anni ci sono allievi che vengono da altri paesi che hanno con noi relazioni e per i corsi attuali c’è anche la novità che negli ultimi sei mesi d’Accademia ospiteremo giovani neo-ufficiali provenienti da ben 27 altri paesi, per un totale di 87 aspiranti».

Dal 2000, per quello che ricordo, l’Accademia è aperta anche alle ragazze…

«Con una componente femminile che si è ormai stabilizzata  negli ultimi anni su una percentuale significativa, intorno al 23%. l’Accademia Navale promuove attivamente la parità di opportunità e l’inclusione, riconoscendo il valore della diversità come elemento essenziale per la crescita professionale e umana dei futuri ufficiali della Marina Militare. La selezione all’ingresso anche per le donne rimane estremamente rigorosa e meritocratica, fondata esclusivamente su criteri di competenza, attitudine e motivazione».

Ammiraglio, potremmo approfondire questi argomenti per giorni, visto il grande tema: però mentre lei sottolinea la formazione di “persone di valore” sembra che alcuni dei valori storici nella realtà del nostro Paese, siano diventati obsoleti o addirittura contestati: armi, militari, difesa, anche Patria…

«Francamente non mi sento in grado di dare un giudizio simile: sulla base dei concorrenti che si presentano ai nostri bandi di ammissione, c’è una motivazione di base che riconosce i nostri valori, probabilmente perché c’è già la naturale selezione nella scelta di voler diventare ufficiali di marina. Semmai troviamo qualche iniziale difficoltà nel formare ragazzi abituati più a relazionarsi sul cellulare che non a fare squadra: ma sono difficoltà che si superano durante il primo anno, dopo di che il cellulare rimane uno strumento come altri».

L’ultima domanda è dedicata a un sommergibilista, com’è stato lei. La dimensione subacquea sta diventando fondamentale anche in campo militare…

«Non c’è alcun dubbio sulla necessità di affrontare questa sempre più importante frontiera, con le tecnologie che lo consentono ma anche senza venir meno allo spirito che è sempre stato quello di chi nel profondo del mare ha voluto difendere i nostri  valori. Con tutti i mezzi che le nuove tecnologie offrono, aggiungerei. Compresa l’intelligenza artificiale di cui tanto si parla. Che va considerata, appunto, uno strumento: sofisticato e in continuo sviluppo, ma che richiede sempre per essere governata l’intelligenza e il cuore dell’uomo».

Grazie, ammiraglio. Auguriamoci dunque che tanti ragazzi italiani si riconoscano ancora nella frase finale della ormai centenaria preghiera del marinaio : “Benedici o Signore il riposo del popolo, benedici noi che per esso vegliamo in armi sul mare».

(A.F.)

Pubblicato il
19 Novembre 2025
di ANTONIO FULVI

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