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Da Cernobbio tante diagnosi ma le terapie…

CERNOBBIO – Possiamo leggere le cifre e gli interventi come vogliamo, ma un elemento è chiaro: abbiamo un eccesso di diagnosi sui mali della logistica italiana, mentre le terapie sono ancora insufficienti. Delrio ha fatto a Cernobbio un intervento onesto, sottolineando che l’Italia sta cercando di recuperare con piani e riforme importanti.
[hidepost]Ma è una corsa che ai molti imprenditori disincantati appare ancora insufficiente, se non disperata. La sintesi di Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, è stata caustica. “Per via delle inefficienze logistiche – ha detto in apertura dei lavori – perdiamo il 2% del PIL, pari a 34 miliardi all’anno. Un autogol per la crescita, visto che stiamo cedendo traffici su mare e su gomma ai principali competitors europei”. Uggè a sua volta (vedi l’intervento nelle nostre pagine interne) c’è andato giù duro, anche se riconosce al governo l’impegno.
Molti dei problemi denunciati a Cernobbio sono ben noti agli operatori che lavorano sui porti e sulla logistica. I dati forniti da Conftrasporto-Isfort sulle variazioni delle merci trasportate via mare dall’Italia (Eurostat 2016) sono sconfortanti: tra il 2010 e il 2014 l’Italia ha perso il 10,3% dei traffici merci via mare mentre la Germania ha guadagnato il 10,1% e la Grecia addirittura uil 30,9%, la Spagna il 13,4% e i paesi dell’est passano dal +15,5% della Polonia al +23,4% della Slovenia. Nel campo dell’autotrasporto la debacle italiana è ancora più netta: abbiamo perso il 37% dei traffici, a favore sia della Germania sia in particolare della Bulgaria (+17,8%).
La colpa è della crisi? Non prendiamoci in giro: nessun paese europeo nel periodo in esame ha navigato nell’oro. Il problema è proprio nell’arretratezza delle infrastrutture, nei tanti (troppi) ritardi creati dalla burocrazia, dall’intreccio di competenze tra istituzioni, dall’eccesso di leggi spesso contraddittorie. I recenti provvedimenti per i dragaggi fortemente voluti dal sottosegretario Velo all’Ambiente sono una goccia nel mare delle cose ancora da fare. E se tutte andranno avanti con i tempi della Riforma dei porti, campa cavallo. Possiamo sforzarci ad essere ottimisti – l’ottimismo della speranza – ma se la svolta non arriva davvero, ha ragione Sangalli ed hanno ragione i tanti che hanno suonato le campane dell’allarme. Ci vuole una cura da cavallo, altrimenti non ce la possiamo fare, malgrado l’impegno degli operatori, degli imprenditori, degli armatori e di chi, stringendo i denti, crede ancora in questo nostro grande e sfortunato Paese.
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
29 Ottobre 2016

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