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Fortificati da una palude di rospi…

PIOMBINO – Quasi una rivoluzione, sul piano politico: dalle urne è uscito un giudizio pesante per chi ha governato fino a ieri, anche se il ballottaggio dovrà dare la risposta definitiva e non è scontato. Comunque vada, una cosa è certa: per il porto di Piombino le lunghe attese dovrebbero essere finite: e se coloro che governano la Regione e il Paese manterranno le promesse fatte in campagna elettorale, si dovrebbe aprire un capitolo nuovo, quello dei fatti.

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Che sono tanti da fare, i fatti: in primo luogo la fine di uno storico e antistorico isolamento dal lato terra, con gli imbuti stradali e ferroviari che, dopo i tanti investimenti pubblici per fare, dopo il “caso Concordia”, un grande porto di grandi fondali e piazzali, hanno strozzato ogni possibilità di volare. Da due anni ci sono progetti imprenditoriali più che seri: da parte di PIM (cantieristica, demolizioni, refitting), da parte di Nuova Pignone, di recente anche da parte del gruppo Onorato. Ma non frenano solo le pratiche burocratiche e la frammistione di responsabilità e competenze: come ha ricordato ad Espo il viceministro del MIT Rixi, è perfettamente inutile fare grandi porti se poi per arrivarci dobbiamo percorrere strade e ferrovie dei tempi di Pipino il Breve. Guardate il plastico di Piombino come doveva essere e come solo in parte è: c’è da gridare vendetta al cielo per i vent’anni e più in cui si è parlato senza costrutto completo della “bretella” stradale. Scriveva quel grande caustico che era Emile Zola: “Bisogna inghiottire ogni mattina un rospo, è molto fortificante”. Ma sulla storia di Piombino abbiamo inghiottito per anni un’intera palude di rospi. Davvero, ora basta.

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
1 Giugno 2019

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