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Tutti i timori per il P3 Network (e Livorno teme il collasso)

La concentrazione delle meganavi del grande joint ridurrà drasticamente le toccate – Si studiano alternative di richiamo con le compagnie fuori dal network – Le iniziative del TDT

Gloria Dari

LIVORNO – Se n’è parlato nella convention di Grimaldi a Ischia, se n’è riparlato nell’assemblea di ieri in Assoporti: ma se ne parla, in particolare, nei porti italiani che dalle prime anticipazioni apparse sui siti delle compagnie del P3 Network risultano tagliati fuori, completamente o quasi, dal più grande “joint” del settore dei containers. Se il Network partirà, come preannunciato, dalla prossima primavera, le tre mega-compagnie che lo compongono (Maersk, Msc e Cma-Cgm), provocheranno una vera rivoluzione nel “loop” specie nel Mediterraneo, dove la ricca rotta da Far East si limiterà a toccare per l’Italia i porti di Genova, La Spezia e Gioia Tauro, escludendo tutti gli altri che saranno – forse – serviti dai loro feeder.
[hidepost]Sulla base di queste preoccupazioni c’è chi, tra i porti “esclusi” sta cercando di muoversi per parare almeno in parte il colpo. Con quali strategie non è facile dirlo, anche se con il massimo della semplificazione si può ipotizzare una politica di facilitazioni per le compagnie alternative al P3, quelle cioè che effettuano le stesse rotte ma che non fanno parte del mega-joint. Facilitazioni che ovviamente non sono senza costi per i porti e per i loro servizi: ma che in fase di emergenza possono sempre risultare meglio che perdere tutto.
Tra i primi a reagire di fronte al pericolo sono stati gli spedizionieri della Spedimar di Livorno: la cui presidente Gloria Dari, ha richiamato la categoria alla consapevolezza del pericolo per il suo porto. Il richiamo è ovviamente al ritardo delle infrastrutture indispensabili per le nuove full-containers, ma anche alla scarsa consapevolezza da parte delle istituzioni di quali partite epocali si stiano giocando a livello mondiale, con le ricadute più pesanti per i nostri porti e specialmente per chi, come Livorno, è da anni fermo a metà del guado. Anche l’annunciato rinvio del “collaudo” della darsena Toscana da parte di Yang Ming con l’attesa 8 mila teu, se da parte della compagnia è giustificato con problemi di carico, dalle voci di banchina è attribuito anche a carenze infrastrutturali, compresi gli sbracci delle gru di banchina che non ce la farebbero ad oggi a operare sulle ultime file di quei “giganti”. Voci: il TDT da parte sua non dorme e sta provvedendo, ma il tutto contribuisce a creare un clima di preoccupazione che certo i consuntivi non brillanti dei traffici non solo containers su Livorno non aiutano a contenere.
A.F.

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Ed ecco l’intervento in merito della presidente di Spedimar Livorno Gloria Dari.
Le evoluzioni dei traffici marittimi internazionali sono ben note agli “addetti ai lavori”. I flussi di mercato in espansione, ancorchè in misura ridotta rispetto al passato, sono quelli sulle rotte EST-OVEST. Le politiche dei più grandi gruppi armatoriali al mondo sono state, dunque, negli ultimi anni, volte ad investimenti e “displacement” di stiva sui traffici Far East – Asia/Europa e Transpacifico. Gli Armatori hanno effettuato scelte determinanti per le evoluzioni dei traffici marittimi. Il fenomeno del cosiddetto gigantismo navale è dunque divenuto una realtà dei nostri giorni.
D’altra parte si debbono considerare dei fatti oggettivi: le navi con portata da 12.000 teus consentono un notevole risparmio sui costi, comparando con quelli di navi da 6.000 Teus. In ogni caso, al di là di qualunque valutazione soggettiva ed opinabile, i fatti, oggettivi sono questi. Gli investimenti in navi porta containers da 10.000 teus in su (sino a 18.000), sono stati fatti. Gli armatori debbono ottemperare ai piani finanziari ed agli impegni con Banche, Cantieri, etc. Non possiamo pensare che vi sarà un cambio di politica in tempi brevi.
L’utilizzo di tali navi sulle rotte FET/SEA – Europa, ha condotto anche alla creazione di nuovi scenari che, in virtù di accordi VSA (“Vessel Sharing Agreement”), danno luogo a Consorzi e concentrazione di grandi gruppi su navi in “sharing”. Pensiamo al G6 ma anche al più recente P3. Questa concentrazione sta selezionando i porti su base globale, basandosi su criteri di efficienza dei servizi e delle strutture offerti dagli stessi, dei costi degli stessi e del bacino di mercato che gravita sul porto.
Si obietta che Livorno non può accogliere queste navi e che è mera utopia o un sogno visionario pensare a questa possibilità. Ma il problema non è questo. Non si tratta di fare la “critica della ragion pura” sulle scelte armatoriali e sulle evoluzioni del mercato globale. Non è filosofia. Si trattava, invece, di capire che cosa avrebbero implicato queste scelte.
Le trasformazioni in atto sul mercato marittimo globale non sono compatibili con la lentezza o peggio con la mancanza di azione e di progettualità.
Le navi più piccole (4.000 Teus) sono state tolte da queste rotte. Sono state cedute come “scrap”. O sono in disarmo in porti convenienti (ad esempio a Singapore). Ergo, si poteva già intuire che le navi di portata da 6.000 a 8-9.000 teus sarebbero state dislocate su altre rotte, su altri trades. Lo abbiamo detto in molte occasioni. Pubblicamente: si vedano gli interventi fatti sia dal mio predecessore, dottor Alberti, che da me in tutte le sedi deputate. Ma anche durante convegni e trasmissioni televisive.
E questo sta accadendo. Le navi di portata 6.500-8.500, nel caso del P3, saranno impiegate da questo Consorzio sulla rotta MED/USEC. E non scaleranno Livorno, che non offre garanzie per l’approdo e la gestione, neanche per questa tipologia di navi a causa di carenze infrastrutturali: pescaggio, banchine. Ma anche mancanza di collegamenti viari efficienti. Così perderemo, dal 2º quarter del 2014, se i piani di Maersk, Msc e Cma-Cgm saranno confermati, il servizio MSC diretto per gli USA. Forse, magari, chissà, potranno valutare di “feederare” su Livorno da Malta, da Gioia Tauro o da La Spezia. Ma con quali costi? Con quali “transit times”? Certo non competitivi con quelli di servizi diretti da La Spezia e da Genova. E questo avrà un impatto molto negativo per le nostre aziende, per i Terminal, per gli autotrasportatori, per i doganalisti, per l’Interporto. Insomma la ricaduta economica (e sociale), sarà deleteria per tutto il “cluster” marittimo-portuale e, di conseguenza, per la nostra città.
La nostra categoria ha fatto e fa presente, continuamente ed in ogni sede, oramai da diversi anni, questa situazione. Invocando azioni rapide per proteggere i traffici storici come sul trade USA. Livorno vantava una storia di scambi importanti, sin dall’immediato dopo guerra ed era il 1° porto nell’interscambio dei traffici tra il Mediterraneo e gli Stati Uniti. Ma occorre anche cercare di riprendere traffici perduti a favore di porti concorrenti.
Purtroppo, però, non si tratta soltanto di creare le condizioni strutturali e farlo con rapidità (siamo già molto in ritardo e la questione P3 lo dimostra, ma la “famosa” prova della Yang Ming Line con la nave da 8.000 ancora non è avvenuta …), ma anche di porre in essere tutte le azioni per far sì che, finalmente, si crei un Sistema Porto. Il Porto, al giorno d’oggi, non è più qualcosa che vive solo di vita propria, slegato dal resto delle attività. E’ un sistema, che comprende anche servizi di alto valore e competitività nei tempi di handling, di servizi e costi tecnico-nautici, di collegamenti stradali e ferroviari che consentano costi e tempi competitivi sul “door-to-door”, di concertazione di interventi (nei tempi) da parte degli Enti frontalieri preposti ai controlli, di efficienza nei tempi di svincolo delle merci, di mezzi efficienti per i controlli (scanner in perfetta efficienza ad esempio), di cosiddetti “Value Added Services” come il Centro Servizi, come sistemi telematici efficienti sia per la gestione dei documenti che per la logistica “in/out” dai gates. Insomma il sistema porto è un “unicum” e come tale deve essere percepito. Le azioni da intraprendere sono molte, ma debbono essere legate ad una visione unica di sviluppo ed investimento. Così come è stato fatto a La Spezia ed a Genova. Come sta avvenendo a Ravenna, a Trieste e a Venezia. Così come ha fatto il porto di Valencia, che negli anni ottanta aveva pochissima importanza ed ora è il 1° porto del Mediterraneo (negli anni ottanta era Livorno…!). In tutti questi porti la visione è questa: sistema porto legato al territorio ed alle attività di logistica.
Gli armatori ricercano economie di scala. E solo un sistema porto così concepito, con la possibilità di incontrare le richieste armatoriali ma anche del mercato (grandi gruppi industriali ed Imprese di Spedizioni). Perché non cercare di attrarre anche investimenti di gruppi privati, nazionali ed esteri, con investimenti sia in porto che in Interporto?
Si parla di Darsena Europa : ma ci vorranno ancora 10 anni e forse più per realizzarla. Mentre per le navi da 6.000 a 8.500 si poteva e si doveva far altro e subito.
La Regione ha posto una grande attenzione ai problemi del porto più importante della nostra Toscana. Lo dimostrano anche i recenti, concreti atti di finanziamento per i dragaggi e la volontà di sviluppare i sistemi di collegamento intermodali. Credo che sia stata una dimostrazione, concreta, di volontà di azione e protezione del nostro scalo. Così importante per l’economia locale e regionale.
I dragaggi sono un atto di ordinaria manutenzione: perché siamo sempre a discutere sulle porte Vinciane? Sappiamo che le soluzioni per lo smaltimento dei fanghi ci sarebbero. La Legge italiana la conosciamo, ma negli altri porti la manutenzione viene fatta ed è di questi giorni la notizia che Ravenna ha pianificato di portare il pescaggio a 14 mt, ma già dal prossimo anno sarà a 13.5 mt.
C’è bisogno della coesione di tutte le forze in campo, di tutte le categorie di riferimento, di una collaborazione stretta e reale tra l’amministrazione e le nostre aziende. C’è la necessità di agire rapidissimamente. Di focalizzare un piano d’azione volto a riprenderci, almeno, i mercati storici: USA, Mediterraneo (molti servizi sul Mediterraneo sono a La Spezia ed a Genova), Sud Africa, West Africa. Ma anche di tenerci “stretti” i traffici ancora concentrati su Livorno come il Sud America, ad esempio.
Livorno ha delle risorse, delle potenzialità enormi: un territorio vasto che non creerebbe certo problemi, come, invece, in altri porti a noi vicini e concorrenti. E’ un porto multi-purpose, che può offrire alta professionalità anche per la gestione delle merci break bulk di qualsiasi natura. E, a tal proposito, giova ricordare che anche nel settore dei prodotti forestali sono in atto delle evoluzioni di flotta che richiedono maggiore pescaggio. Anche questo è uno dei traffici storici e più importanti per il nostro porto.
Dobbiamo lavorare tutti insieme e raggiungere una comunità di intenti. L’unico, vero, obiettivo è quello, comune, di invertire la rotta. Di attrarre carico ed armatori con i fatti.
Tornando al P3: perché non contattare subito gli armatori, MSC a Ginevra, CMA-CGM a Marsiglia, Maersk a Copenhagen, dando loro garanzie concrete, sia per le infrastrutture portuali che per i collegamenti ferroviari.
Gloria Dari

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Pubblicato il
30 Ottobre 2013

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