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L’offensiva cinese su Trieste porto

TRIESTE – Il neologismo è ormai entrato nel linguaggio corrente, almeno a certi livelli: “Cindoterraneo”. Indica, con il sottinteso allarme che si portano dietro tutti gli interventi relativi al forte impegno della Cina della Belt & Road Initiative, il timore di una colonizzazione cinese del Mediterraneo, attraverso l’arma degli investimenti sui porti. Trieste in primo piano, ma anche l’intero Adriatico, ne stanno dibattendo da tempo, come testimonia anche il sito web FAQ con ripetuti interventi.

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Però bisogna allargare il raggio: la cartina qui sopra, elaborata proprio dall’istituto Nomisma che ha inventato il termine “Cindoterraneo” ancora nel 2006,  è la sintesi grafica del paradigma geopolitico di cui sempre più spesso si parla nei porti. Di recente Pierluigi Maneschi, che a Trieste ha profonde radici, ci aveva detto che l’Europa deve svegliarsi proprio per darci garanzie sull’offensiva cinese nei porti. Allarmismi? Mica tanto. In quello che è stato definito di recente “il nuovo disordine mondiale”, la politica dello struzzo non giova. Né giova soltanto pensare al presente – scrivevano poco tempo fa i professori della Cattolica di Milano Alessandro Colombo, Giulio Sapelli e Vittorio E. Parsi – ma occorre approfondire i temi della politica estera per gli interessi nazionali dell’Italia. Senza chiudersi nel nazionalismo, ma senza cedimenti.

Da Trieste arriva oggi anche una analisi molto attuale, tutta in inglese, dal significativo titolo: Silk Road Return or how China called Italy’s bluff. Sono alcune pagine di commento che partono dal monopolio ormai totale della Cina nel porto del Pireo in Grecia, per sostenere che l’Italia rischia di essere “gabbata” in un approccio ancora più pericoloso verso Trieste. Testualmente: “Can be argued that the italian government was outsmarted by the cinese around the ports of Piraeus and Trieste”. L’analisi continua dando per scontato che attraverso Cosco la Cina stia ormai per diventare – se già non lo è – un importante azionista di Trieste, che offre ai sui traffici marittimi una collocazione strategica nettamente più favorevole del Pireo verso l’Europa centro-occidentale. La conclusione parla di “fumo e specchietti” in questo approccio, ma auspica anche che l’Italia sappia farsi valere nei controlli specialmente sulla sicurezza e sulla strategia geopolitica. Da rifletterci.

(A.F.)

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Pubblicato il
2 Febbraio 2019
Ultima modifica
8 Febbraio 2019 - ora: 11:04

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