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Prua addosso al kraken burocrazia

ROMA – O questa volta o è finita. Il decreto semplificazioni che il governo sta predisponendo è l’ultima occasione, secondo i settori produttivi nazionali, per tagliare i tentacoli alla burocrazia deteriore che da anni frena ogni sviluppo, sia nel pubblico che nel privato. L’abbiamo rappresentata, la burocrazia deteriore, con una immagine del “kraken” il mostro mitologico che secondo le leggende scandinave attacca e divora le navi e i loro equipaggi. Licenza poetica? Lasciatecela fare, ogni tanto…

E l’importanza della semplificazione è ribadita in queste ore dalle anticipazioni: appalti pubblici senza gare, niente commissariamenti ma poteri speciali alle stazioni appaltanti, ricorsi che in ogni caso non fermeranno i lavori. Sembra di sognare, alla luce dell’attualità. “Non approfittare del decreto semplificazioni per imprimere una svolta al settore sarebbe un imperdonabile errore”. Lo dichiara il presidente di Confetra, Guido Nicolini dopo la diffusione dei piani attuativi del decreto. “Agli Stati Generali dell’economia – aggiunge il presidente di Confetra – abbiamo condiviso il tema con il governo: non possiamo più sostenere il peso di 30 miliardi di oneri burocratici l’anno. 133 sono i procedimenti amministrativi vigenti, in tema di controlli sulla merce, solo in ambito portuale, e in capo a 13 diverse pubbliche amministrazioni. Se guardiamo poi all’intero settore logistico, gli adempimenti amministrativi su merci e vettori arrivano a oltre 400, coinvolgendo 30 uffici o enti pubblici”. Le spedizioni, cuore pulsante della logistica in tutto il mondo, sono regolate da un Regio Decreto del 1942, e dal 2016 aspettiamo che sia reso operativo lo sportello unico doganale e dei controlli. “Sarebbe ingiustificabile varare un DL Semplificazioni senza occuparsi del settore più vessato dalla burocrazia, la logistica e il trasporto merci”. Nicolini conclude con un esempio: “Le grandi piattaforme di e-commerce hanno il loro hub distributivo per l’Europa in UK. Oggi, con la Brexit, stanno ovviamente programmando la delocalizzazione considerato che potrebbero esserci barriere amministrative o economiche sugli scambi tra Londra e vecchio continente. L’Italia è tagliata fuori dalle possibili opzioni, pur avendo costi del lavoro e di locazioni degli impianti più competitivi rispetto a Francia o Olanda, perché il paese non offre certezze sui tempi di svincolo della merce. Che poi è la stessa ragione per cui le merci destinate alla pianura padana in larga parte decidono di scalare il porto di Rotterdam, e scendere poi in treno o camion, piuttosto che i porti liguri. In entrambi i casi: decine e decine di miliardi persi per il Sistema Paese in termini di fatturato, gettito fiscale, lavoro, ricchezza. Inutile invitarci a “reinventare l’Italia” se poi non si è in grado di capire e agire su queste banalità”.

 

Pubblicato il
4 Luglio 2020

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