Il ritorno della foca sul Tirreno
PORTOFERRAIO – Nella più pazza estate dell’ultimo decennio, per l’emergenza Covid che non sembra ancora conclusa, una notizia ambientalista ha fatto il giro della stampa internazionale: è quella del ritorno della foca monaca nelle isole del Tirreno, a cominciare dalle Eolie fino a quelle dell’Arcipelago Toscano. Non è soltanto per l’istintiva simpatia che l’animale desta, memori delle esibizioni delle foche ammaestrate un tempo spettacolo quasi comune nei circhi della nostra infanzia. È perché il ritorno del pinnipede (monachus monachus) in quello che un tempo fu il suo normale areale è stato giudicato un indice di minor pressione antropica e d’inquinamento.
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Secondo il presidente dell’Ente parco dell’Arcipelago Toscano, che ha varato quest’estate il suo quarto Info-point isolano con votazioni di realtà virtuale, la foce è tornata al Giglio, alla Capraia, probabilmente a Gorgona e a Montecristo e Giannutri. Avvistamenti reali ci sono stati specialmente a Capraia dove i pescatori hanno testimoniato della presenza di una intera famiglia di foche, con tanto di cucciolo. È quanto basta per trasformare il simpatico pinnipede, peraltro estremamente prudente ed elusivo, in un’icona che trionfa sui manifesti turistici e sugli stessi Info-point. Qualcuno ha attribuito il ritorno delle foche al ridotto transito navale dei traghetti e dei cargo durante la pandemia: ma gli studiosi sono portarti a pensare che la causa sia la ridotta pressione della pesca e le limitazioni (rispettate ad oggi solo in parte, ma comunque esistenti) sulle grandi reti pelviche. Meno reti, più pesce, coste meno soggette a pressioni antropiche grazie ai parchi: ed ecco le nostre amiche di ritorno. Benvenute.
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