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Dove scappa la grande nautica

Nella foto: Barche in rada a Capraia.

VIAREGGIO – Il fenomeno non è nuovo, perché da Viareggio – storica base della grande e ricca nautica Made in Italy – l’emigrazione per mancanza di spazi ha ormai decenni. Ma oggi anche chi era migrato in zona toscana, per mantenere le radici con i fornitori e arredatori storici, cerca respiro altrove. Così dal Canale dei Navicelli si sono viste aziende di primaria importanza anche non solo nautica – una per tutti Gas and Heat – prendere la strada di Piombino, mentre si parla di Benetti che cerca spazi in Croazia, Poerio con il suo marchio migrare da Genova a Civitavecchia, Ferretti che dall’Adriatico e dal nord Italia (zona laghi) cerca anch’esso siti in sud Italia.

Nella foto: La darsenetta per i disabili all’Assonautica di Livorno.

Sono segnali positivi?

Certo, testimoniano l’esigenza di crescere; e di far crescere un comparto che è ormai insediato ai primi posti – se non al primo – al mondo. Ma è anche un segnale di preoccupante rigidità del territorio, che non riesce a far fronte ad espansioni in loco. I vincoli sono quasi sempre legati all’ambiente, ai piani regolatori (spesso risalenti ad anni fa, in realtà anche imprenditoriali totalmente diverse) alla scarsa volontà di metter mano alle carte. Insomma, siano in tempi di programmazione del futuro ma con scarso aiuto di chi dovrebbe invece spingere per le realtà produttive più in crescita.

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Se la grande e grandissima nautica ha sete di spazi per i propri cantieri, la piccola e piccolissima nautica – che soffre, come è stato già abbondantemente scritto – di una crescita esagerata dei prezzi e dei costi indotti, ha sete di ormeggi a basso costo e specialmente di attrezzature per varare la nautica carrellabile.

È una vecchia, vecchissima storia: che tra l’altro fa capo anche a una legge, la quale imponeva ad ogni “marina” di mettere a disposizione gratuitamente uno scivolo per la nautica carrellabile. Di fatto, siamo ancora senza soluzioni diffuse, specialmente al mare (sui laghi la situazione è migliore) anche perché l’obbligo dello scivolo non è accompagnato da un altrettanto impegnando o per un’area di deposito e parcheggi per i carrelli. Sui quali – dove lo scivolo c’è – si abbatte la mannaia dei costi da parte dei parcheggiatori. Finisce che barchette e gommoni invadono tutti i posti di costa accessibili dal mare, compresi canaletti interni, vecchie darsene dismesse, anfratti tra i più fantasiosi. Il fenomeno complementare è che i natanti dismessi, per vetustà o per avaria, quasi sempre vengono abbandonati senza lasciar traccia (i titolari non sono identificabili nei natanti non immatricolati) e costituiscono un problema non solo per la pulizia ma anche per la salute. La vetroresina delle barchette, come noto, è praticamente indistruttibile e va “trattata” con processi costosi. Pochi se la sentono di affrontarli e così i rottami vengono abbandonati.

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Scendendo sul territorio, il caso Livorno è emblematico tematico: mentre il gruppo Benetti, che pure ha ereditato i grandi spazi dell’ex cantiere navale Fratelli Orlando, cerca spazi in Croazia e avvia i lavori per il grande (e benvenuto) “marina” del Porto Mediceo, l’antico sogno dell’approdo turistico alla Bellana, che doveva costituire il polmone per la piccola e piccolissima nautica, rimane un sogno.

Che il progetto ci sia ciascun lo dice, che l’intenzione di farlo davvero nessun ce l’ha (scusate la parafrasi della canzoncina sull’Araba Fenice). Eppure la Livorno popolare è aperta alle fasce meno abbienti dovrebbe ricordare che la barchetta per calar quattro ami al largo è l’aspirazione di ogni famiglia.

Ma ha ragione Amleto: noi e le nostre aspirazioni siamo fatti della materia di cui son fatti i sogni.

(A.F.)

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Pubblicato il
25 Maggio 2024
Ultima modifica
27 Maggio 2024 - ora: 16:40

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