«I porti sono la spina dorsale del Paese, facciamo squadra»
Occhio all’effetto annuncio sui dazi: in aprile export giù del 12%

Intervento di Daniela Santanché durante l’assemblea di Assiterminal
ROMA. “Spina dorsale d’Italia”: Assiterminal, organizzazione delle imprese dei terminal, come da titolo della propria assemblea pubblica definisce i porti del Bel Paese. La rimozione di Vittorio Torbianelli dal ruolo di numero due a Trieste da parte di Gurrieri che l’aveva nominato sette giorni prima dimostra che per adesso è soprattutto “spina”, forse oggetto oscuro del desiderio.
E comunque, al di là delle contingenze degli altalenanti umori delle lotte per conquistare nuove posizioni, l’assise a Rima nella sede di Unioncamere – “benedetta” dal patrocinio di due ministeri (infrastrutture e Made in Italy), dalla partecipazione della ministra Daniela Santanché, dal video del ministro Adolfo Urso e dal sostegno del viceministro Edoardo Rixi – sono l’ennesimo richiamo che dal fronte delle imprese arriva alle istituzioni: squadra, responsabilità, competitività e crescita sono le parole d’ordine della giornata.
Fare “squadra” non è semplice ma è indispensabile: anche perché la presentazione del report realizzato da Fedespedi in collaborazione con l’Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare (OsserMare) per Assiterminal mette giù un segnale poco positivo: con l’ “effetto annuncio” dei dazi nel primo trimestre di quest’anno, l’Italia ha visto scendere il proprio export da 7,1 miliardi di dollari a marzo a 6,2 miliardi ad aprile (meno 12,8%). Antonello Testa, coordinatore nazionale di Ossermare, ha spiegato che «circa la metà del commercio internazionale è legata alle “Global value chain” e riorganizzare queste complesse catene di fornitura non è cosa semplice: né sul piano industriale né su quello logistico».
L’identikit di Assiterminal è presto detto: rappresenta 95 aziende che operano in 34 porti con più di 5.000 lavoratori. Lo disegna il presidente Tomaso Cognolato ricordando che questo ventaglio di realtà totalizza «il 70% del mercato container movimentato nei porti “gateway”, il 90% del traffico crocieristico e dell’import-export del settore auto, l’80% dei traffici break bulk e più del 50% di quello delle “autostrade del mare”, per un volume di affari vicino al miliardo e mezzo di euro».
Cognolato rivendica il carattere innovativo del contratto firmato con le organizzazioni dei lavoratori ma, insieme a evoluzioni positive sul fronte dell’apertura alle nuove leve, annota con amarezza che «resta invece inspiegabilmente ancora inattuata la costituzione del fondo per il prepensionamento dei lavoratori portuali»: colpa della mancanza del decreto interministeriale di attuazione, con le altre associazioni di categoria è stata presentata «l’ennesima proposta di emendamento» nell’iter del Decreto infrastrutture, però…
Ben venga il fatto – aggiunge il presidente – che si stia dando un “governo” alle varie Autorità di sistema portuale, c’è bisogno di «uniformare i comportamenti e le regole del gioco», altrimenti per Cognolato non si favorisce l’economia del settore. C’è da agire sulla «sovrapposizione di funzioni e competenze tra soggetti dello Stato», rincara: il riferimento è al recente intervento dell’Autorità di regolazione dei trasporti che «dopo un periodo di stasi, è tornata a gamba tesa sul nostro settore più con un approccio legislativo che regolatorio». Di più: è un approccio che «non tutela gli investimenti, anzi li disincentiva».

La platea
Il numero uno di Assiterminal punta su una scommessa: riuscire a non far vedere i porti «solo come poli di movimentazione di merci e persone: aiuterebbe a osare anche di più». Un esempio: si potrebbe sfruttare ulteriormente il regime doganale e quindi Iva delle zone franche intercluse. – questa l’idea – magari arrivando a accordi internazionali prendendo spunto da quello austro-ungarico di Trieste, con Paesi “amici” che intendano veramente investire in Italia, con una sorta di “contro-politica dei dazi”…
Il pensiero di Cognolato si puà condensare così: «I terminal non sono retrovie bensì avamposti strategici, dove si gioca la partita dell’export, dell’energia, della sostenibilità: oggi più che mai serve una politica portuale coerente, strumenti operativi chiari e una forte alleanza tra istituzioni e imprese».
La mattinata ha dato il destro per far confrontare gli operatori dei tre principali comparti portuali (merci e ferroviario, passeggeri, ro-ro e autotrasporto) mettendo in luce opportunità, criticità e prospettive di sviluppo. A guidare i tre “panel” sono stati Alessandro Panaro, Francesco di Cesare e Oliviero Baccelli: indispensabile, di nuovo, «un dialogo costante tra imprese terminalistiche, logistica e decisori».