LIVORNO – C’è un fantasma che si aggira sul porto labronico. Anzi, ce ne sono parecchi: ma il fantasma più fantasma sembra essere il terminal Intercontainer dopo la sua uscita dall’orbita dei traffici Zim.
La storia è nota ma val la pena sintetizzarla di nuovo: Intercontainer svolgeva una specie di intermediazione tra il TDT e la Zim curando – con un modesto ristorno su ogni Teu – le operazioni di banchina ed altro. Ma nel nuovo contratto, faticosamente sottoscritto tra i due partner dopo oltre un anno di trattative, Intercontainer è stato tagliato fuori e il suo costo è finito altrove. Morale, gente in cassa integrazione e ricerca di nuove strategie che però ad oggi non si sono ancora intraviste. Come a dire: c’è il terminal, rimangono i suoi vertici (Vladimiro Mannocci come presidente, Angelo Roma come direttore) e una decina di addetti, ma di “mission” strategiche ad oggi c’è poco o niente.
Nei giorni scorsi c’è stata anche una riunione straordinaria del consiglio di amministrazione – con maggioranza Cilp – di cui si sa poco, se non che non sarebbe stata indicata alcuna strategia nuova. O almeno, nuova rispetto al rimanere in stand-by, in attesa che maturi qualche opportunità. Secondo il presidente, una delle possibilità sarebbe legata alla rapida realizzazione della centrale elettrica a biomasse (ne abbiamo scritto sul numero scorso) che sorgendo nelle vicinanze avrebbe la possibilità di utilizzare l’Intercontainer per le sue esigenze logistiche. Un po’ poco, in effetti. Ma è meglio che galleggiare nel nulla.
Intanto l’Intercontainer è, ad oggi, il più grande deposito di containers “reefer” del centro Italia. Ce ne sarebbero circa tremila, parcheggiati per le operazioni di manutenzione, lavaggio e pulizia. Un buon lavoro, ma che forse non giustifica un terminal che un tempo è stato tra i primi del porto per dinamicità.
A.F.