E’ il principale impegno per l’assemblea generale di fine mese a Genova – Il peso della burocrazia
GENOVA – In vista dell’assemblea generale di fine marzo degli spedizionieri genovesi di Spediporto, abbiamo rivolto alcune domande alla presidente Roberta Oliaro. Ecco l’intervista.
Spediporto Genova è una delle più importanti associazioni di settore in Italia, cui fanno capo imprese di spedizioni più che centenarie. Come giudica, presidente, l’attuale congiuntura sul primo porto del Paese, sia per quanto riguarda i traffici che le iniziative della Port Authority?
“Veniamo da un anno, il 2009, estremamente difficile e complesso. La crisi internazionale ha pesantemente colpito il nostro settore come ogni altro complesso economico del Paese, e sebbene qualche timido segnale di ripresa vi sia per il 2010, i riflessi della crisi si stanno facendo avvertire ancora più gravosi in questo inizio d’anno nuovo. Nonostante tutto questo il porto di Genova pare aver retto abbastanza bene; diciamo che ha retto all’urto della crisi, i dati ci dicono che i traffici sono decresciuti in misura ridotta rispetto ad altri porti nostri concorrenti. Basti pensare al 30% del porto di Barcellona, il nostro 13% è quasi un dato positivo. Anche sul fronte delle iniziative penso che si debba essere sostanzialmente soddisfatti. Si veniva da anni di forti tensioni ed incertezze, nel 2009 si è cominciato un percorso di ri-equilibrio operativo e strategico importante: si pensi al Lavoro Portuale, al VI° modulo, ai dragaggi, all’informatizzazione. Tanto resta ancora da fare ma per lo meno siamo partiti”.
A livello nazionale gli spedizionieri sono preoccupati della proposta governativa di responsabilizzare le dogane sull’eventuale import di “made in Italy” contraffatto. C’è chi teme che in questo modo vengano dirottati all’estero importanti traffici. Qual’è il suo parere?
“Non vi è dubbio che questo timore sia fondato. Chi, come noi spedizionieri, vive quotidianamente dei rapporti con la propria clientela non può che accorgersi di come gli importatori ed esportatori nazionali accettino sempre meno di buon grado di utilizzare scali italiani per l’import/export. E’ difficile capire come a parità di norme comunitarie spesso l’interpretazione o l’applicazione che ne viene data sia sempre tendenzialmente molto sfavorevole per le attività portuali. Pare che l’unica preoccupazione della normativa di recepimento sia quella di limitare al massimo forme dirette o indirette di responsabilità della pubblica amministrazione scaricando sui privati tutti gli oneri e gli aggravi procedurali. Il caso da lei citato del “Made In” rientra, a mio modo di vedere, in questa casistica”.
La lunga attesa della legge di riforma della 84/94 sembra aver prodotto, come effetto negativo, il fermo o quasi degli investimenti infrastrutturali sui porti italiani. L’ultima proposta, nel “Milleproroghe”, è stata di consentire il taglio parziale o totale delle tasse portuali, proposta contro la quale le Authority Portuali si sono quasi tutte sollevate. Cosa ne pensa Spediporto?
“La responsabilità principale del fermo degli investimenti portuali o del ritardo nella loro realizzazione penso dipenda principalmente da due fattori. Uno certamente economico, legato all’insufficiente capacità finanziaria delle Autorità Portuali rispetto a quello che dovrebbe loro essere garantito per poter competere con i principali porti europei. L’altro è burocratico-amministrativo. Oggi per poter intervenire su qualsiasi progetto di adeguamento strutturale o infrastrutturale del porto, le Autorità Portuali sono costrette a dare avvio a procedure amministrative complesse e farraginose che non consentono un’effettiva risposta tempestiva della struttura portuale al mutare ed evolvere delle necessità commerciali di uno scalo. In questo senso anche quello che si è letto a proposito della riforma della 84/94 lascia parecchi dubbi sull’effettiva e piena capacità della legge di riforma di soddisfare le legittime attese di operatori ed Autorità Portuali su un adeguamento normativo che fosse presupposto per rilancio convinto della portualità italiana”.
Gli esempi genovesi degli ultimi anni, ma non solo, sembrano indicare che sempre più scelte organizzative-gestionali nei porti finiscono nelle aule della magistratura. C’è chi attribuisce ciò alla incertezza legislativa e chi alla crescente concorrenza tra porti e nei porti, per cui si ricorre a tutte le armi pur di bloccare gli antagonisti. Che ne pensano gli spedizionieri della sua associazione?
”Nel momento che esistono delle norme queste devono essere rispettate; non è accettabile la cultura della “scorciatoia” o delle “semplificazioni amministrative per pochi”. Ciò però non significa che il quadro normativo esistente vada bene: gli esempi sopra citati ne costituiscono anche un esempio. Il pensiero della mia associazione è che le regole sono essenziali ma devono prima di tutto declinare e garantire i tempi di intervento della pubblica amministrazione nei confronti dell’utenza in maniera accettabile rispetto alle esigenze del mercato. Occorrono poi regole che coordinino operatori e pubblica amministrazione in modo da lasciare sempre meno spazio alla discrezionalità, soprattutto quando questa può diventare freno allo sviluppo”.
La concorrenza dei porti stranieri, anche nel solo Mediterraneo, preoccupa il cluster marittimo nazionale, ma non sembra che ne nascano azioni concrete di rilancio specie a livello di sistema. Quali possono essere i suggerimenti dal mondo degli spedizionieri?
“Sono d’accordo sulle sue valutazioni, per la risposta dovrà però attendere la nostra assemblea generale di fine marzo perché svilupperemo una buona parte della stessa proprio cercando di dare una nostra lettura di ciò che è necessario fare per cambiare la “cultura” dominante nel nostro settore”.
Dunque alla fine di marzo Spediporto sarà protagonista di una delle più importanti assemblee nazionali del comparto, con i temi più scottanti all’ordine del giorno e con la possibilità di misurarsi tra le tante realtà territoriali italiane. Può indicarci quali sono gli obiettivi primari dell’assemblea in questione?
“Come anticipavo qui sopra, cercheremo di invitare il mondo portuale italiano ad un cambio di cultura, su questo abbiamo una nostra visione. Posso certamente dire che non sarà, come l’anno scorso, una assemblea dedicata a commentare dati e percentuali della crisi, o a declinare il libro delle cose e dei progetti inattuati, quanto a stimolare i partecipanti a cogliere una sfida di crescita collettiva”.
A.F.