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Se nei porti Pangloss non c’entra…

LIVORNO – Mettiamola così: nessuno che viva in questo mondo reale e non in quello (“Il migliore dei mondi possibili”) del voltairiano Pangloss, può lontanamente pensare che i porti siano vergini di sospetti, intrallazzi, furbate.

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Però si ha da qualche tempo l’impressione che quando è troppo è troppo: e che sulle banchine invece di cercar lavoro o di migliorarlo si faccia sempre di più il gioco delle tre carte, ricorrendo alla magistratura (o eventualmente subendola) e trovando tutti i metodi per scannarsi.

L’ultimo caso è la tempesta che si è scatenata sul nuovo porto turistico (Porto Maurizio) di Imperia, con accuse e contro-accuse farcite anche di veleni politici (la caduta di Scajola avrebbe trascinato parecchi in quello che il direttore generale del porto Carlo Conti ha significativamente descritto come “un clima di merda”: e scusate il giro di parole). Ovviamente la magistratura ha aperto un’inchiesta: frase questa che è diventata il leit-motiv di tutte le notizie sui porti, sullo shipping e non solo. Ma il caso di Porto Maurizio di Imperia sembra una bazzecola (quisquiglie, diceva il principe de Curtis, alias Totò) a fronte delle inchieste della magistratura di altri porti: a Genova dove si scannano tra terminalisti per le concessioni date e tolte, si ribaratta Cornigliano, ci si spara sui denti per un piatto di lenticchie; a Livorno dove sono sotto inchiesta un po’ tutti i principali protagonisti della vita portuale per la vasca di colmata, per i bacini di carenaggio, per l’acquisto di terreni portuali e chissà per cos’altro; a Piombino dove si contestano le scelte territoriali sulla “bretella” di collegamento alla futura autostrada; a Napoli dove c’è la vicenda del regolamento dei bacini di carenaggio che ha squassato il porto, non ancora totalmente risolta; e a Roma dove sta maturando il “caso dei casi” nello shipping, cioè la gara di privatizzazione della Tirrenia che è finita con un unico concorrente, peraltro a componente maggioritaria pubblica (alla faccia della privatizzazione…). Tanto che parlamentari della stessa maggioranza di governo (Bruno Murgia, ma non solo) stanno massacrando il ministro definendo in una interrogazione quella di Tirrenia “una vicenda poco chiara”. Insomma, viene da chiederci: che succede?

La cosa più impressionante, a parer nostro, è il silenzio quasi ovunque totale delle Regioni e degli enti del territorio, salvo qualche balbettio. Il che vorrebbe dire che malgrado le tante istanze di federalismo e di regionalizzazione delle competenze, il territorio non sia capace (o non voglia farlo) di controllare quello che accade sui suoi porti. Eppure nei comitati portuali siedono fior di rappresentanti delle Regioni, delle Province e dei Comuni. A far che, di grazia?

A.F.

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Pubblicato il
7 Luglio 2010
Ultima modifica
24 Settembre 2010 - ora: 10:26

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