LIVORNO – Brutto proverbio, bruttissimo nella fattispecie: tanto tuonò che piovve. E per la Compagnia portuali di Livorno è arrivato il momento delle lacrime e del sangue. L’abbiamo già scritto più volte: e qualcuno ci ha tacciato di fare il grillo parlante, con relativa allusione alla fine di quello di Pinocchio, schiacciato contro il muro. M’illudo, personalmente, di finire in modo diverso, forse anche prestino. E comunque il problema non sono io, è la Compagnia.
Dunque, torniamo alle lacrime e sangue di churchilliana memoria. Negli incontri sindacali dei giorni scorsi si è detto che il calo del fatturato della compagnia (almeno 5 milioni su un totale di 15 milioni annui) è dovuto alla perdita delle linee Grimaldi. Da qui la necessità di tagliare i costi, con una specie di patto interno. Morale: continuare a lavorare tutti guadagnando meno, oppure qualcuno dovrà andarsene. Cosa, quest’ultima, che una cooperativa di 450 soci, sia pure in fase di sfoltimento (35 sono già andati in pensione di recente, altri 30 se ne andranno il prossimo gennaio) non accetta facilmente; e che rischia di mettere in crisi i vertici, con una solenne bocciatura in assemblea.
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