“Montecristo”, un voto a Montenero

Diego Scussat

Giuseppe Cavo Dragone
LIVORNO – Hanno chiesto loro, a cominciare dal comandante della “Montecristo” Diego Scussat, di non essere chiamati eroi. L’hanno chiesto nella serata del Propeller Club dedicata alla loro (breve) prigionia dei pirati sulla Montecristo al largo della Somalia. “Perché non c’è eroismo nel cercare di salvare la pelle, salvarci da quella che sapevamo sarebbe stata una lunga e dura prigionia, salvare la nave – ha detto Scussat – e poi abbiamo messo in atto l’addestramento, quasi in modo automatico. Ed è questo che ha contato”.
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Diego Scussat, con i suoi due giovani ufficiali livornesi Stefano Mariotti, 3º di coperta e Luca Giglioni, allievo hanno raccontato l’abbordaggio subito dalla Montecristo, il loro chiudersi nella cittadella blindata della nave, le strategie messe in atto per far perdere il controllo della nave ai pirati che erano in plancia, la liberazione da parte dei commandos inglesi. Al loro fianco, il presidente del Propeller, comandante (e pilota) Fiorenzo “Cino” Milani, l’ammiraglio di divisione Giuseppe Cavo Dragone comandante dell’Accademia Navale ed esperto di commandos, l’ingegner Roberto Nulli consulente per la sicurezza del gruppo Dalmare e infine Nello e Nino D’Alesio, gli armatori della Montecristo.
Molto del loro racconto era già noto. Ma sono sempre i particolari che fanno davvero una storia. Come quello della vedetta piazzata a turno all’interno della ciminiera per poter vedere che succedeva all’esterno verso poppa (la ciminiera ha una tubazione interna rovente e una camicia esterna entro cui sono delle scalette d’ispezione dalla sala macchine: resistere in cima al condotto era come affacciarsi all’inferno, in 20 minuti un uomo doveva essere sostituito); il che ha consentito di vedere e poi avvertire i commandos ormai vicini che l’equipaggio era al sicuro e potevano assalire i pirati. Come quello del computer portatile di uno degli ufficiali ucraini della nave, che se l’era portato di iniziativa nella cittadella, e che grazie a un’antenna Gps fatta fuoriuscire dalla stessa ciminiera con un manico di scopa ha permesso di sapere posizione esatta, rotta e movimenti della nave, anche se i pirati avevano tagliato tutti i sistemi satellitari. Come quello infine del giovanissimo allievo che sotto le raffiche di AK-47 dei pirati non ne voleva sapere di scappare dalla plancia e di lasciarvi solo il comandante Scussat (poi a deciderli all’opportuna ritirata sono arrivati i colpi di RPG, i micidiali razzi anticarro portatili che hanno sfondato una parete della plancia).
Una storia, tante storie. Come quelle relative alla meticolosa preparazione della cittadella, raccontata dall’ingegner Nulli, come quelle della pirateria e delle contromisure militari finalmente adottate anche dall’Italia chiarite dall’ammiraglio Cavo Dragone, con i nuovi nuclei di specialisti del San Marco da imbarcare su richiesta degli armatori nelle zone “calde” della pirateria somala. Come le poche e commosse parole di Nello D’Alesio, che personalmente vedemmo affranto ma combattivo la lunga notte del sequestro.
La serata si è conclusa con l’auspicio di “Cino” Milani a dare il giusto riconoscimento alla marineria italiana anche nei tempi bui della Costa Crociere, e con la consegna di una medaglia della prefettura ai D’Alesio: più lo scambio augurale di crest del Propeller a quelli della Montecristo. E con una promessa: ci sarà un voto alla Madonna di Montenero (cui la Montecristo è dedicata con tanto di immagine in plancia) e Milani ha anche auspicato che nella futura statua della stessa Madonna alla bocca del porto possa esservi una targa in ricordo della vicenda Montecristo.
A.F./C.G.
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