Livorno, crisi d’identità?
Dal gruppo “Quarta Fase” del PD livornese, costituito in maggioranza da ex DC e “margheritini” riceviamo.
LIVORNO – Ricostruito come porto di appoggio per le navi USA nel dopoguerra, cresciuto e trasformatosi in porto per rinfuse e derrate, esplodeva e si affermava negli anni novanta come uno dei più importanti porti containers del Mediterraneo, arrivando persino ad insidiare la leadership di Genova e Marsiglia.
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A Livorno, nel 1967, si insedia la prima azienda dei Mezzi Meccanici e dei Magazzini (seguita poi da La Spezia, Cagliari, Messina, Savona ed Ancona) grazie all’iniziativa legislativa dell’onorevole Merli.
E sempre a Livorno nei due anni seguenti, si tiene a battesimo l’idea costitutiva della Associazione Nazionale dei Porti, l’”Assoporti” (che si insedierà nel 1969 ed avrà poi un nuovo atto costitutivo il 4 maggio 1994), su proposta dell’onorevole Merli e dell’ingegner Laviosa.
E’ livornese il presidente del Centro Nazionale Studi Marittimi, professor Gianfranco Legittimo ed è sempre grazie al lavoro di alcuni livornesi (l’onorevole Lucchesi ed il senatore Nerli di Rosignano Marittimo) che prende forma la riforma della legge 84/94 che istituisce le Autorità Portuali e ne insedia la prima a Livorno.
A Livorno trova sede il LEM ed il centro europeo delle città portuali.
Nel porto di Livorno si sperimentano, fra il 1979 ed il 1989, le prime grues Portainers con controllo automatizzato ed elettronico, e sono livornesi i tecnici che lavorano per alcuni mesi nel laboratorio di Alamena, della Paceco, in San Francisco per lo studio e la realizzazione dei nuovi sistemi di controllo delle portainers, dei transteiners automatizzati e delle “catenarie”.
Dopo le attente gestioni delle presidenze (ai Mezzi Meccanici) di Batini e Cecchetti, il periodo Marcucci ci proietta prima in Europa e con un brillante, inedito accordo con la Marina, fa, in quegli anni, delle navi scuola dell’Accademia Navale gli ambasciatori nel mondo del porto di Livorno, e poi realizza il primo Gate del Mediterraneo e ci fa capire, prima di altri, l’importanza delle piattaforme logistiche e dei District Park.
Il governo di centro destra ci commissaria allora per un’intera legislatura, con una guida balbettante ed incapace, (scopriremo poi, anche disastrosa) ed ingessa e blocca ogni nostro sviluppo, favorendo la concorrenza e confinandoci in una politica portuale priva di scelte e di programmazione: passeggeri e turisti accanto a merci alla rinfusa, navi da crociera a sottrarre accosti al traffico commerciale, aree in concessione e totale assenza di operatori di livello mondiale, difesa ad oltranza delle piccole rendite di posizione locale, scarsa visibilità promozionale ed abbandono di qualsiasi serie politica di marketing a cui segue una totale e continua assenza del nostro scalo dai tavoli internazionali.
La gestione Piccini non cambia la situazione, ed anzi la cristallizza ancora di più e la assoggetta ad interessi, spesso di piccolo cabotaggio, compresi quelle dalla CLP.
Eppure oggi e più di prima, avremo bisogno di sviluppare l’asse logistico europeo, non solo in riferimento al corridoio tirrenico, ma anche in penetrazione verso Prato e l’area industriale del centro regionale nazionale per dare senso compiuto alle ipotesi del piano nazionale di sviluppo.
Né ci consola leggere l’intervista al governatore Rossi che ci spiega come siamo, noi toscani, brillantemente riusciti a rimanere fuori dal vitale, grande corridoio europeo.
Una ragione, la nostra, da sempre indifferente alle politiche del mare e della cui disattenzione noi, più che altri paghiamo il prezzo.
Proprio in questi giorni, alla commissione europea dei trasporti, in riunione a Parigi, si sta diffusamente parlando del nuovo boom dei porti nord europei e della politica aggressiva di Sarkosy per salvaguardare gli interessi di Le Havre e di Marsiglia, rilanciando le autostrade del Sud verso il Magreb e per le rotte giramondo.
In tali riunioni, come da molto tempo accade, siamo assenti, almeno ufficialmente.
L’Italia in generale e Livorno, in particolare, non possono certo prescindere da una dimensione territoriale e da una identità mediterranea ed europea che non tengano conto della loro naturale vocazione marittima.
Si rifletta su alcuni accadimenti.
Il gigante della logistica svizzera Kuehne & Nagel ha scelto il Distriport di Fos (Marsiglia) per i nuovi insediamenti.
Questo gigante (40.000 impiegati e 750 uffici in più di 100 paesi) ha reso operativi da aprile 2008 ben 180 ettari del Distriport di Fos con 600.000 mq di magazzini.
Si consideri, inoltre, che il porto di Marsiglia ha dato il via alla completa ristrutturazione di due nuovi terminali per contenitori investendo 206 milioni di euro di denaro pubblico (regione, governo centrale e Autorità Portuale) e ben 250 milioni forniti da operatori privati.
La previsione è quella di passare dagli attuali 2 milioni a 4 milioni.
E dopo Marsiglia si consolida Valencia e la sua nuova imponente piattaforma logistica: in Europa lo sviluppo portuale non passa più solo dallo sviluppo delle banchine, ma anche e soprattutto dal sorgere delle nuove piattaforme logistiche di livello europeo, vero snodo dei traffici.
Si sono fuse a gennaio 2012 la Grand Alliance e la New Shipping Alliance nel nuovo consorzio G6Alliance che opererà sulla rotta tra Asia ed Europa con una flotta condivisa di 90 navi che toccheranno 40 porti.
La nuova alleanza coinvolge le sei compagnie che fanno parte dei due consorzi (fra questi alcuni colossi mondiali: APL Hyundai, la Mitsui, la Hapag-Lloyd, la Nippon Yusen) e sfiderà il Gruppo Maersk.
Sono già stati forniti i dati delle rotazioni delle navi e sugli scali toccati; sui primi 9 loop previsti i porti europei interessati, sono: Amburgo ben in 6 loop, Rotterdam in tutti e 9, Southampton in 5, Anversa in 2, e poi in fila: Barcellona, Valencia, Marsiglia e persino Tangeri e Port-Said. Un solo porto italiano: Genova.
Livorno (solo 269.000 teu nel 2010), grande assente, è in flessione e fra i porti italiani “Gateway” si attesta nel 2010 e nel 2011, per il traffico containers, ben dopo Genova, ormai a circa 2 milioni di teu (incrementi del 27%) e La Spezia a 538.000 (incrementi del 16%), per non parlare dei porti hub di transhipment come Gioia Tauro e Taranto.
Di ciò si è parlato poco a Livorno e a Firenze, e poco, si continua a parlare e a studiare.
Vorremmo arricchire il dibattito segnalando, come l’intuizione a suo tempo avuta di creare la associazione “Tuscan’s Port Authority” che raggruppasse i porti toscani in un coordinamento territoriale vocato a diventare porta da e per l’Europa e che si è poi limitata ad una modesta alleanza per il marketing fieristico, fosse invece degna di ben altra attenzione.
La globalizzazione dei traffici impone oggi più che mai alleanze strategiche e vocazionali anche nel campo della logistica integrata e degli scali marittimi.
Del resto l’alleanza tra i porti del nord del Mediterraneo e l’arco ligure data ormai da tempo non demorde e si pone in concorrenza con la ben conosciuta e potente lega Anseatica e i porti del nord Europa.
Una nuova politica fra i porti di Livorno, Piombino e Carrara, almeno, si imporrebbe; una politica che nel rispetto delle diverse vocazioni tendesse ad integrare il sistema portuale di fascia con le basi logistiche toscane: interporto, aeroporti e ferrovia.
Niente di nuovo, si dirà.
Molto di nuovo, invece, se evitassimo di fermarci agli incontri formali ed alle affermazioni di principio, e si mettessero gambe ad un vero progetto pluriennale di coordinamento che non si limitasse alla semplice registrazione dell’esistente, asfittico, traffico commerciale, ma che guardasse alla possibilità di nuovi sviluppi in termini di piattaforme europee ed anche al crescente, indisciplinato, caotico, traffico turistico crocieristico con particolare attenzione alle due stazioni marittime la cui privatizzazione, ancorché prevista per legge e da sempre non attuata, sola potrebbe far fare loro quel salto di qualità che consentirebbe il passaggio da stazioni di transito a porti hub.
Tra l’altro il Comune di Livorno, il presidente dell’Autorità Portuale di Livorno ed il presidente della CCIAA avrebbero dovuto da tempo risolvere lo spinoso problema della Porto di Livorno 2000. Anzi a che punto siamo visto che intanto la nomina del nuovo presidente Piccini (unico vero traguardo ambito e realizzato) si è verificata?
Da tale situazione di incertezza e decadenza non poteva che scaturire la battaglia attuale per il mantenimento egoistico di quelli che alcuni ritengono a torto a ragione, le proprie riserve di caccia. In tale situazione si è potuto immaginare ed avallare il principio monarchico della successione da padre a figlio, ed in tale contesto, si è venuta determinando la pesante crisi nella quale versa la CLP, cui non possono ora essere attribuite solo colpe. Ben più gravi sono infatti le responsabilità di chi ha sempre e comunque ritenuto proprio territorio nel quale trarre consensi elettorali e sociali tale componente portuale ed ha preferito non governare ma assecondare atteggiamenti forse miopi, ma scontati e naturali tenuti dalla CLP. Ancora una volta la ricerca di un consenso il cui unico confronto era interno alla sinistra non ha pagato per la città e per il porto.
Una disastrosa gestione, insediata per la verità sotto la presidenza Marcucci e da lui fortemente voluta, con il superamento della presidenza Enriquez, e poi ben protetta successivamente che ha evaso la norma di legge che ne imponeva rapidamente la privatizzazione, ha oggi, anche in termini di immagine, messo in crisi la credibilità operativa di Livorno in questo settore facendone un porto che si accontenta di gestire il semplice transito dei croceristi in sosta verso Firenze e Pisa.
Questo percorso, della privatizzazione, supera la fase di commissariamento e il gran lavoro svolto per risanare finanziariamente la società da parte dell’Autorità Portuale, doveva essere rapidamente ripreso, e non solo perché lo chiede la legge di settore, ma perché oggi che le stazioni marittime tutte, anche quelle italiane, si avvalgono di alleanze strategiche multifunzionali per fare degli scali relativi punti di partenze o di arrivo, solo con il coinvolgimento di operatori internazionali del settore crocieristico è possibile sperare di avere linee dedicate e il porto di Livorno come hub Port e non solo come scalo di passaggio.
Del resto anche i traffici del cabotaggio verso le isole vedono Livorno e Piombino impegnati e spesso concorrenti, senza una reale programmazione.
Definiamone le vocazioni e chiediamo anche alla presidenza dell’Anci Toscana che lanci una iniziativa regionale interessante, le città d’acqua, per riaprire un confronto tra le varie esperienze e la elaborazione di un progetto di coordinamento logistico attento alle nuove frontiere Mediterranee.
Livorno avrebbe potuto essere, e non lo è stato, il centro culturale delle politiche marittime toscane e delle città d’acqua italiane.
Quarta Fase
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