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Guerrieri: la Oliaro fa tristezza

Ridurre le Autorità portuali non serve né al Paese né allo shipping

Luciano Guerrieri

Luciano Guerrieri, presidente della Port Authority di Piombino, è sceso in campo con una dura nota che contesta la presa di posizione della presidente di Spediporto Oliaro sulle Authorities. Ecco il testo dell’intervento, che ha fatto il giro della stampa specializzata.

PIOMBINO – Fa veramente tristezza che la presidente di una delle Associazioni territoriali delle “Case di Spedizione” più prestigiose del nostro Paese, la Spediporto di Genova, individui tra i temi principali per la propria assemblea il numero a suo parere eccessivo delle Autorità portuali italiane proponendone pertanto la riduzione, quando persino gli argomenti portati a sostegno della suddetta tesi, ci forniscono elementi per confutarla.

In primo luogo ricordo che l’Autorità portuale è un modello di governo di un porto che fa riferimento anche ad aspetti dimensionali previsti comunque dalla legge, ma che sotto altri aspetti ne prescinde, tanto che in Europa ci sono porti sede di Autorità portuale di enormi dimensioni, ma anche più piccoli del nostro porto più piccolo con Autorità portuale.


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In questo quadro le Autorità portuali agiscono come soggetti dinamici e rivestono un ruolo rilevante al fine di promuovere progetti di sviluppo o partecipando attivamente con altri attori istituzionali ed economici ad importanti programmi di interesse nazionale ed internazionale, coerenti con gli obiettivi regionali e locali.

Ci rammarica vedere proporre la liquidazione di esperienze positive, vitali ed utili per tanti territori e per l’intera economia di regioni e del Paese con argomenti di scarsa consistenza e tali da svelare un approccio brutalmente aggressivo verso una parte delle realtà portuali del Paese che potrebbe essere interpretato come “lobbysmo senza cultura”, che cerca di imporre “la legge del più forte”.

Tornerò su questo tema per svilupparlo in una successiva occasione. Per ora osservo nel merito che è certamente vero che su 9,5 milioni di Teu movimentati in Italia la grande maggioranza viene lavorata nei porti dell’arco Nord Ovest (Savona, Genova, La Spezia e Livorno), nei porti del Nord Est (Ravenna, Venezia e Trieste) e nei porti di transhipment (Gioia Tauro, Cagliari e Taranto). Ma è anche certamente vero che il traffico container rappresenta (in tonnellate) meno del 30% dei traffici merci complessivi e che alcuni porti sede di Autorità portuale hanno scelto una propria specializzazione.

E’ dunque sorprendente leggere che, a giudizio di Spediporto, le Autorità portuali dei restanti “11 porti”, andrebbero soppresse perché “i loro traffici sarebbero limitati”, citando testualmente Augusta (2º porto italiano per rinfuse liquide) e Messina (1º porto italiano per i passeggeri).

E’ inoltre poco significativo richiamare la spesa degli organi istituzionali rispetto alla spesa del personale potendo obiettare che l’indice è più alto dove la spesa del personale è più contenuta. Più in generale, gli organi di un’Autorità portuale rappresentano quote di “Capitale Sociale” che possono produrre valore aggiunto per il Paese e per il proprio territorio ed è avvilente e fuorviante, oltreché demagogico, un giudizio che scaturisce dai meri costi senza relazione con i benefici prodotti.

Se facciamo riferimento alla difficile fase che l’Italia sta attraversando ed ai provvedimenti normativi messi per ora in campo dal Governo Monti si dovrebbe rafforzare l’impegno di tutti per andare oltre ed ottenere una vera Autonomia Finanziaria delle Autorità Portuali e per rendere più efficiente il nostro lavoro e più competitivi i nostri porti. Al momento è comunque nostro compito lavorare per consentire gli obiettivi contenuti nelle norme scaturite dal rischio default (“decreto Sviluppo”, “Legge di Stabilità”, “Statuto delle Imprese”, “Salva Italia”, “Cresci Italia”, “Semplifica Italia”).

Forse Spediporto riterrà più utile indicare obiettivi di semplice redistribuzione di scarse ed irrilevanti risorse pubbliche derivanti dalle discutibili azioni indicate, ma noi preferiamo raccogliere ben altre sfide, come quella dell’applicazione delle varie forme di Partenariato Pubblico Privato per l’attuazione dei progetti infrastrutturali previsti nei programmi regionali, nazionali ed europei, nel rispetto della trasparenza e della corretta competizione di mercato.

Il  presidente
dottor Luciano Guerrieri

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Pubblicato il
4 Aprile 2012

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