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Giglio, crescono dubbi e timori

ISOLA DEL GIGLIO – Sul drammatico relitto della “Costa Concordia” missione conclusa per Smit & Neri, missione avviata per Titan & Micoperi. In questi giorni se n’è parlato molto sulla stampa quotidiana, cogliendo il senso di riconoscenza degli isolani verso il team degli olandesi e dei livornesi che hanno “ripulito” i serbatoi del relitto della quasi totalità del bunker. Qualche polemica è invece in corso sull’isola per la decisione di Micoperi di alloggiare il proprio personale e quello dell’americana Titan su navi-albergo invece di usufruire delle strutture turistiche locali.

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Ma la vera sfida comincia adesso, perchè il progetto giudicato vincitore per la rimozione del relitto presenta aspetti di una delicatezza enorme. Tanto che fioriscono sul web le considerazioni tecniche o pseudo-tecniche sia in chiave critica che di apprezzamento. Il punto più controverso dell’operazione è sul fatto che il relitto viene considerato dal team Titan-Micoperi come un monolite da rovesciare e rimettere in galleggiamento intero malgrado da più ispezioni risulti ormai che lo scafo ha ceduto, che le sovrastrutture sono svirgolate e in più punti fratturate e che tenere il tutto insieme richiederà oltre a un’eccezionale capacità tecnica delle due imprese anche una buona dose di fortuna (o di miracoli). Se il relitto dovesse infatti spezzarsi durante le operazioni di raddrizzamento o di sollevamento, sarebbe estremamente difficile evitare forti danni ambientali proprio davanti al porticciolo del Giglio: oltre all’ovvio prolungarsi delle operazioni di recupero visto che i tronconi finirebbero su fondali ben meno accessibili dell’attuale.

Che il recupero della “Costa Concordia” sia una sfida al limite del possibile si sa bene in tutti gli ambienti che operano nei salvataggi marittimi: non ci sono precedenti di queste dimensioni e specialmente nelle vicinanze di una zona così fortemente turistica come il Giglio. Le variabili possibili, specie in senso catastrofico, sono molteplici: e potrebbero cominciare già al momento di fissare il relitto con i cavi che dovrebbero trattenerne lo scivolamento verso il fondale, perchè non ci sono parti strutturali del relitto che diano la piena sicurezza di “tenere” i cavi. Insomma, è tutta una sfida nella sfida.

Non si parla più, almeno per il momento, del “dopo” recupero: cioè di dove e come sarebbe rimorchiato il relitto per la sua demolizione. E si sfuma anche sul “quantum” della costruzione dei cassoni di rigalleggiamento che spetterebbe ai Nuovi cantieri di Apuania, che hanno fame di lavoro. In quanto al bacino di carenaggio livornese, è calato il silenzio più assoluto. La politica insomma s’è presa un momento di tregua: in attesa – è speranza vana? – di capirne di più sugli aspetti tecnici e sulle difficoltà operative.

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Pubblicato il
2 Giugno 2012

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