Trieste e la zona franca dalla proposta a realtà
L’impegno delle istituzioni e il plauso degli imprenditori – Maneschi; per la prima volta si fa sul serio
TRIESTE – Pieno appoggio alla verifica definitiva del regime di zona franca del Porto di Trieste. E’ il momento in cui si deve premere sull’acceleratore per riuscire a completare in maniera definitiva di tasselli necessari per la completa applicazione dei vantaggi stabiliti dal Trattato di Parigi del 1947.
[hidepost]La Regione Friuli Venezia Giulia – sono le parole del presidente Renzo Tondo – sta investendo su infrastrutture e innovazione. Siamo al centro dell’Europa, strategici nello scacchiere internazionale. In un momento come questo le infrastrutture sono centrali e i fondi Cipe per la piattaforma logistica del Porto di Trieste sbloccati dal ministro Corrado Passera dimostrano quanto si voglia investire sullo sviluppo di Trieste. Fa bene il presidente Marina Monassi a lavorare per far sì che questa sia una tappa verso un traguardo di più lunga prospettiva. La scommessa della zona franca porta vantaggio all’intero sistema di questa parte dell’Europa. Confermo l’interesse del governo regionale e di quello nazionale a sostenere e agevolare lo sviluppo della zona franca di Trieste.
“Il potenziale del Porto di Trieste è impressionante e la politica del Governo italiano guarda a investimenti su assets strategici quali i porti e la logistica”. Il senatore Luigi Grillo, presidente della Commissione Trasporti del Senato nell’intervenire al convegno “Global connectivity with the Mediterranean basin”, organizzato dall’Autorità portuale di Trieste con la World FreeZone Convention, non ha dubbi: “Come commissione Trasporti abbiamo chiesto di inserire nel Decreto Sviluppo sia l’autonomia finanziaria dei porti si la defiscalizzazione anche di aree portuali in funzione della crescita economica. Il Porto Franco di Trieste deve giocarsi i vantaggi fiscali che possono farlo diventare un grande attrattore per la portualità dell’Alto Adriatico. L’Alto Adriatico e l’Alto Tirreno possono essere validi concorrenti per i porti di Rotterdam e Amburgo, per tutte le merci provenienti dal Far East e dirette al centro dell’Europa. Germania e Baviera comprese”.
Grande la disponibilità sul fronte doganale. “Organizzeremo a breve a Roma un incontro – ha assicurato Walter De Santis, vicedirettore dell’Agenzia delle Dogane – tra i vertici dell’Autorità portuale di Trieste e quelli nazionali dell’Agenzia. Vanno valutate tutte le opportunità da far cogliere alla portualità triestina da un lato per valorizzare la sua vocazione di Porto Franco e dall’altra la sua capacità di interconnessione con la rete del commercio internazionale e della globalizzazione”. “La collaborazione orizzontale è lo strumento per migliorare la capacità del sistema di trasporto – ha affermato Flavio Marangon, responsabile dell’unità mobilità e logistica della divisione Trasporti D’Appolonia Spa del Gruppo Rina – . La completa attuazione del Porto Franco di Trieste rappresenta una notevole opportunità per la crescita dei suoi traffici. Questa opportunità deve essere supportata da un’adeguata capacità di trasporto della rete di adduzione e inoltro via terra, senza conseguenze dal punto di vista ambientale, cioè in un’ottica di piena sostenibilità”. In questo contesto deve essere valutata la possibilità di implementare nuovi schemi logistici quali la cosiddetta collaborazione orizzontale, che permette l’ottimizzazione delle risorse per il trasporto merci, creando sinergie tra diversi operatori. L’idea base – prosegue Flavio Marangon – consiste nell’operare congiunto di più imprese logistiche (shipper e Logistic Service Provider), anche concorrenti, condividendo potenzialità, rischi, costi e guadagni, senza perdere la propria identità e clientela. “L’applicazione di questi schemi – conclude Marangon – permette la riduzione dei trasporti stradali a vuoto e/o con carico parziale, fino alla possibilità di operare uno shift modale (ad esempio i treni blocco) con significative ricadute in termini di sostenibilità. Questi schemi ricoprono una fondamentale importanza anche vista la congiuntura, che comporta traffici estremamente variabili e difficoltà (sia economiche che temporali) nella realizzazione di nuove infrastrutture”.
Sempre più chiaramente nel corso della conferenza internazionale è emerso quanto la free zone possa essere a tutti gli effetti una scelta strategica per indurre l’aumento dei traffici: “Negli Emirati Arabi, si è passati da un traffico di 2 milioni di teu nel 1991 ai 17 milioni nel 2011, trasformando il porto Jabel Alil in un gateway. Ugualmente determinante può essere per il Porto di Trieste la scelta di puntare sulla free zone: la free zone è senza dubbio uno strumento per attrarre nuovi traffici, uno strumento con il quale Trieste potrebbe raggiunge 1 milione di teu” ha affermato nel suo intervento Anand V Sharma direttore del Mantrana Maritime di Mumbai, in India.
Il Punto Franco offre un’ottima opportunità di insediamento per la realizzazione del World Trade Centre (WTC). La Camera di Commercio di Trieste attraverso il suo presidente Antonio Paoletti ha presentato una ipotesi di fattibilità per la realizzazione di un WTC in zona franca che potrebbe “avvantaggiarsi di trattamenti agevolati per i carichi di import e i carichi in export delle merci con procedure velocizzate, nonché la gestione specifica Iva, dazi e diritti con ricadute positive di carattere finanziario”. Nella presentazione Paoletti ha illustrato quanto vantaggiosi risultino anche i diritti marittimi agevolati, il magazzinaggio senza garanzie fidejussorie, l’interfaccia informatica tra operatori anche a livello doganale, la logistica accelerata nella distribuzione di merci passanti da zona franca a zona franca fino all’immissione al mercato di destinazione.
I vantaggi della free zone per un settore specifico come quello ortofrutticolo sono stati evidenziati da Walter Preprost, amministratore delegato Trieste Terminal Frutta: “La free zone facilita il lavoro di spedizione e di vendita, perché quest’ultima può essere effettuata nel momento più idoneo e quindi l’importazione esser diluita nel tempo. Non solo, in passato, a Trieste, abbiamo avuto esperienze di trasformazione, come il caso delle arance d’Israele (qui retinate ed etichettate): un’esperienza positiva, ma non di lunga durata a causa dei costi troppo alti. Ma se si potesse adottare la soluzione indicata da Gioia Tauro, con una riduzione del costo del lavoro del 50%, queste lavorazioni potrebbero essere di nuovo attualizzate anche nel porto di Trieste, con grandi vantaggi”.
Per Pierluigi Maneschi, presidente Italia Marittima, gruppo Evergreen “è la prima volta che a Trieste si affronta seriamente questo tema, un tema cruciale. Abbiamo perso fin troppo tempo, ma è importante che da ora si inizi a sfruttare l’enorme capitale che abbiamo perché il porto più vicino al cuore dell’Europa è indiscutibilmente Trieste”.
A chiarire l’inquadramento giuridico delle zone franche e il particolare caso del Porto di Trieste, Angela Piri dello studio Fantozzi e Associati: “Il nuovo codice doganale comunitario ha tracciato una nuova configurazione giuridica per le zone franche: è stata eliminata la distinzione fra deposito e zone franche e queste ultime vengono ora espressamente definite come “regime doganale”. Il caso di Trieste, essendo frutto di una stratificazione normativa, seppur complesso lo colloca in una zona grigia definita dalla normativa attuale comunitaria e quella frutto dei trattati post-bellici”.
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