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“Port&ShippingTech” e i sogni della grande portualità nazionale

Dalle proposte per un approccio “green” sulle banchine alle filiere della logistica – Il confronto con i più significativi scali europei – L’ultima frontiera dei motori marini

GENOVA – Due giorni di incontri dedicati alla filiera logistica nazionale e alle aspettative del mondo dello shipping. Così la IV edizione di “Port&ShippingTech” al centro congressi del porto antico di Genova, che si è tenuta da giovedì a ieri, venerdì, con un denso programma di relazioni, dibattiti e tavole rotonde. E con la solita fiorita di politici, a corredo delle varie proposte tecnico-operative sullo scibile.
[hidepost]Che dire, a corredo dei due giorni di lavori, e delle relazioni molte delle quali indubbiamente di grande interesse? Potremmo commentare parafrasando quello che pochi giorni fa ci ha detto con amara ironia un manager di un importantissimo gruppo della logistica internazionale: se in Italia si realizzasse anche solo un’opera portuale ogni dieci convegni, saremmo il paese più infrastrutturato del mondo. Tradotto: troppe chiacchiere, pochi fatti. E ancora: Decio Lucano nella sua ultima News telematica, ricorda che nell’ambito del World Economic Forum di dieci giorni fa l’Italia s’è beccata la classificazione al 50° posto al mondo in tutte le sezioni riguardanti le dotazioni infrastrutturali: porti, aeroporti, strade, ferrovie, qualità della logistica. Da vergognarsi per un paese che un tempo era tra le maggiori potenze industriali.
Andiamo avanti: giovedì con la collaborazione dei giovani industriali di Genova si è parlato anche del tanto sospirato sportello unico marittimo nei porti e dell’inter-operatività del sistema digitale delle dogane. Presentati anche i progetti tecnologici E-port di Genova e Gaia di Bari. Tra le relazioni più interessanti quella di Gian Enzo Duci (Assagenti) e di Giorgia Bucchioni, vicepresidente nazionale dei giovani imprenditori di Confidustria: degna figlia d’arte, la giovane Giorgia ha tenuto banco ricordando con molta concretezza le tante potenzialità ma anche i tanti, troppi limiti del sistema Italia sul mare.
Interessanti i tanti interventi anche nelle sessioni successive, entrambe con l’annotazione “green”: ovvero la tutela ambientale nei porti e il ruolo degli enti locali e delle Autorità portuali. Dalla gestione differenziata dei rifiuti sulle navi da crociera alle emissioni inquinanti, dai progetti europei all’utilizzo (crescente) del gas naturale liquefatto per il trasporto marittimo, con le ultime innovazioni dei costruttori di motori marini per l’utilizzo del nuovo carburante. Infine, davvero dulcis in fundo, il dibattito-confronto sul percorso di crescita e ammodernamento compiuto da sette porti presi come esempio: Genova, ovviamente, e poi Napoli e Trieste per l’Italia, con Bilbao, Barcellona, Dublino e Porto per il resto dell’Europa. Un confronto, inutile dirlo, dal quale – con tutta la buona volontà espressa dal governatore della Liguria Claudio Burlando – gli scali italiani sono usciti piuttosto male prima di tutto per la mancanza di una seria politica marittima del paese. Ma forse non c’era bisogno di “Port&ShippingTech” per saperlo. E se le diagnosi non sono mancate, le terapie immediatamente applicabili continuano a rimanere, ahimè, nel libro dei sogni.
A.F.

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Pubblicato il
1 Dicembre 2012

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