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Con la crisi di governo De Profundis sulla riforma

Il provvedimento, approvato non senza perplessità in commissione al Senato, non è compreso tra quelli che il crono-programma del Parlamento cerca di salvare – I tanti dubbi

ROMA – Forse non tutti i mali vengono per nuocere, ma una cosa sembra certa: la crisi di governo manda definitivamente in soffitta il tribolato iter della riforma della riforma portuale, cioè dell’ammodernamento della legge 84/94 di cui si è parlato, con andamento carsico, nei mesi scorsi.

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Ne ha parlato anche il senatore Filippi nell’incontro di lunedì scorso per gli industriali livornesi, pur nell’imbarazzo di chi, avendo lavorato direttamente sul testo licenziato dal Senato, cerca di difendere quanto fatto.
Allo stato delle cose, il testo licenziato dalla commissione del Senato – al quale hanno lavorato il sempre ottimista Luigi Grillo e il più problematico Marco Filippi – non era certo il migliore dei testi possibili. Compromesso evidentissimo tra le esigenze di modernizzare e le varie lobbies partitiche tutte impegnate al salvataggio dei propri “campanili”, il testo non solo non riduceva il numero delle Autorità portuali esistenti – giudicato da tutti eccessivo e costoso – ma anzi ne aggiungeva due, salvandole da precedenti annunci di cancellazione. E non basta: invece di cercare di razionalizzare il “sistema” porti agganciandolo al “sistema logistico intermodale” di cui da anni si favoleggia, proponeva poco più di pannicelli caldi al tutto. Con il risultato, da molti criticato a calde note, di essere l’ennesima occasione perduta.
Bisognerà adesso capire come finirà questa vicenda della portualità italiana, in un momento in cui tutti i paesi marittimi stanno investendo forte per razionalizzare i propri sistemi logistici in vista dell’auspicata fine della crisi. Al momento, si assiste all’assurdo che le uniche iniziative portuali in Italia sono legate a “colpi di mano”, alcuni dei quali senza dubbio intelligenti e propositivi – come l’aggancio del nuovo porto di Piombino alla sciagurata vicenda della Costa Concordia – ed altri che rischiano invece di sconquassare gli equilibri della crescita e la stessa articolazione della logistica in aree delicate di per sé, come la piattaforma offshore per i containers che Venezia avrebbe “strappato” grazie al viceministro Ciaccia usufruendo in partenza di 100 milioni di compensazione per il Mose. Interventi episodici, del tutto scollegati da una pianificazione nazionale concordata, sui quali peraltro anche la stessa associazione dei porti Assoporti non è stata in grado di prendere una forte posizione: a conferma che spesso la ricerca degli equilibri interni è nelle lobby più forte degli interessi generali del sistema.
A.F.

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Pubblicato il
12 Dicembre 2012

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