La discordia sulla Concordia
ROMA – Comunque finisca, la destinazione del relitto della Costa Concordia sembra si debba giocare in uno scontro tutt’altro che definito. Della serie: vale più l’accordo tra il governo regionale e quello nazionale (peraltro pressoché scaduto) o la decisione di Costa Crociere e dei P&I che considerano il dopo-rigalleggiamento cosa loro?
Tra Roma e Firenze c’è stato un indirizzo univoco: il relitto deve andare a Piombino, perché è il porto più vicino, perché il governo s’è impegnato a finanziare le opere necessarie per accoglierlo, e perché la Toscana chiede una compensazione economica al danno derivato dal clamoroso naufragio.
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Luciano Guerrieri
Costa Crociere non ha risposto ufficialmente, ma ufficiosamente ha detto picche: a Piombino non ci vuole andare. E anche l’armatore ha elencato i suoi motivi, in un recente incontro al ministero dell’Ambiente: perché Piombino sarebbe un ulteriore danno di immagine per il marchio, con il relitto davanti agli occhi di milioni di turisti; perché non ci sarebbero le tecnologie necessarie per lo smantellamento dell’immenso “cadavere” (mentre ci sarebbero a Palermo, dove opera la Fincantieri che ha costruito la nave); e perché la predisposizione delle opere portuali finanziate (o meglio: promesse di finanziamento…) non avverrà in tempi utili dopo il recupero. L’ipotesi di utilizzare un mega-bacino olandese autopropulso è tra le indiscrezioni, ma ha trovato largo credito: sia pure senza che Costa abbia chiarito se lo utilizzerebbe fino a Palermo o fino in Turchia, dove esistono scali di demolizione molto più economici.
Adesso bisogna capire che valore coercitivo ha la decisione del consiglio dei ministri di “costringere” Costa ad andare a Piombino. Indipendentemente dalla faida interna del Pd toscano – dove sembrerebbe che l’ala renziana voglia mettere i bastoni tra le ruote al progetto in nome dell’ambientalismo, appoggiandosi ai soliti “signor no” di Greenpeace – la strada scelta dal governo è assai meno netta e diretta di quella che era stata preannunciata, cioè il decreto legge interministeriale per finanziare i lavori di Piombino. Si è deciso invece di affidare la patata bollente alla Protezione Civile, che si avvarrà del potere straordinario d’ordinanza sulla vicenda. La scelta ha un vantaggio e almeno due svantaggi. Il vantaggio: si svincolano i finanziamenti e la capacità decisionale della scelta del sito dalla durata del governo, che ha i giorni contati. Gli svantaggi: sono a rischio ricorsi sulla legittimità di disporre finanziamenti a un’opera che formalmente non c’entra niente con la Protezione Civile (il piano regolatore di Piombino); e inoltre ci può essere un conflitto d’interesse tra l’incarico di Gabrielli come commissario del recupero del relitto, e adesso come commissario della predisposizione del porto di Piombino per la demolizione.
Quest’ultimo problema, il timore di un conflitto d’interessi, sembra sia stato sollevato dallo stesso Gabrielli, che avrebbe chiesto al ministro Clini di affidare ad altri il secondo commissariamento. Due giorni fa, lunedì, e anche ieri, ci sono stati altri incontri con Clini e con il sottosegretario Improta delle Infrastrutture. Le ultime indiscrezioni parlavano di un possibile incarico di commissario per la parte Piombino al presidente della Regione Enrico Rossi, che sulla vicenda si è sempre speso in prima persona. Comunque vada, l’impressione è che la vicenda del relitto sia ben lontana dal concludersi. E che il silenzio ufficiale di Costa Crociere non segni niente di buono per Piombino; anche se Guerrieri, Anselmi e i loro riusciranno nel miracolo di predisporre il sito destinato al relitto in tempo utile. Sulla progettualità siamo infatti ancora ai preliminari, la Modimar ha dato alcune linee di massima soltanto e secondo Guerrieri i progetti esecutivi di dettaglio dovranno essere messi a gara, perché così vogliono le norme Ue. Va bene che il rigalleggiamento del relitto sta slittando di mese in mese, ma ce la faranno i nostri eroi piombinesi?
Antonio Fulvi
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