Quel turn-over diventato troppo frequente?
ROMA – Tutti bravi ufficiali, intendiamoci: preparati, con una bella carriera alle spalle, spesso con una duttilità che non sempre è patrimonio dei militari.
[hidepost]Ma resta il fatto che negli ultimi anni al comando generale delle Capitanerie di porto si sono succeduti troppi titolari, spesso per periodi che non hanno raggiunto un anno di responsabilità effettiva. Davvero poco per reggere uno strumento così complesso e delicato com’è diventato da tanto il corpo, referente operativo di svariati ministeri, articolato in numerose direzioni marittime, altrettanto numerose Capitanerie e una miriade di piccole sedi distaccate: spesso veri e propri avamposti in aree “delicate” sia per la sicurezza della navigazione costiera che per l’immigrazione clandestina.
A livello politico-governativo il problema è stato più volte affrontato, ma la soluzione sembra ancora lontana. Il nuovo comandante generale è relativamente giovane ed è destinato quindi a rimanere nell’incarico per un congruo periodo; ciò non toglie che occorrerebbe riformare il sistema per far si che non funzionasse più principalmente per dare un fine carriera di prestigio e remunerativo (pensione) ad alti ufficiali, ma che consentisse a chi arriva al comando di svolgere davvero una funzione nell’interesse del corpo per un periodo di tempo congruo: periodo che vista la complessità dei compiti e delle trasformazioni in corso non può essere di pochi mesi.
E’ una delle tante (troppe?) riforme annunciate. Chissà che anche con l’aiuto dell’ammiraglio Angrisano e del nuovo governo non sia la volta buona?
Antonio Fulvi
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