Riforma portuale dubbi e certezze
Mario Sommariva, segretario generale dell’AP di Bari e riconosciuto esperto nel campo, ha scritto la seguente analisi sui due progetti di riforma della 84/94 in campo: analisi presentata da Vladimiro Mannocci all’Interporto Vespucci.

Mario Sommariva
BARI – Nella recente lettera del presidente del Consiglio e del ministro Madia sulla riforma della Pubblica Amministrazione è stato inserito, fra gli obiettivi della riforma, anche un punto che propone la “razionalizzazione delle Autorità Portuali”. Nonostante un rallentamento sui tempi, dovuto essenzialmente alla concomitanza con la competizione elettorale la riforma delle gestioni portuali pare dunque andare avanti.
Uno degli obiettivi, se non l’obiettivo primario, appare quello della riduzione del numero delle Autorità in virtù delle scelte di contenimento della spesa. E’ difficile oggi, in tempi di profondo ripensamento dell’assetto dello Stato, non pensare che anche le Autorità Portuali debbano essere investite da un processo che punti ad una razionalizzazione della spesa.
[hidepost]Su questo si può dunque concordare, tuttavia, il punto essenziale mi pare un altro. Il rilancio del paese si gioverà certamente di una serie di riforme istituzionali quali quelle che sono state messe in cantiere, ma, per innescare un processo di crescita dell’occupazione e una ripresa del mercato interno, sono indispensabili alcune misure di politica industriale.
Non ho capito se un tale intreccio fra riforme istituzionali e misure di politica industriale facciano parte dell’approccio del Governo. Fino a questo momento non sembra sia così. Una nuova attenzione alla redistribuzione dei redditi ed alla crescita dei consumi è certamente una novità importante ma la politica industriale resta un tema essenziale ai fini del rilancio della nostra economia.
Fra le misure di politica industriale necessarie alla ripresa, quelle relative all’economia marittima, alla portualità, al sistema dei trasporti ed alla logistica dovrebbero rappresentare delle priorità. Questo non tanto per vincere un ipotetico campionato d’Europa contro i porti di Rotterdam o di Amburgo, quanto per conservare quella minima competitività territoriale che assicuri, al nostro sistema produttivo, la possibilità di riprendere a crescere sia sul fronte dell’export, la cui tenuta in questi anni ha evitato danni ancora più gravi, ma sopratutto su quello dei consumi interni.
L’economia italiana, nei secoli, ha visto il proprio sviluppo fondarsi sul mare. E’ e sarà ancora così fin tanto che l’economia si basi su relazioni fra popoli e su scambi commerciali di materie prime e prodotti finiti.
Infrastrutture e organizzazione dei servizi di trasporto rappresentano quindi uno snodo fondamentale per la ripresa. Per aiutare il sistema produttivo ed i territori a rialzarsi servono in fondo poche scelte, all’insegna del principio di ottimizzazione e saturazione dell’utilizzo di tutte le infrastrutture che già oggi esistono e del perseguimento della massima efficienza dei servizi di trasporto.
Le priorità di sistema sembrano dunque essere il completamento delle reti attraverso le connessioni di ultimo miglio, una diffusa campagna di manutenzioni degli assets esistenti, una forte spinta verso l’innovazione tecnologica, la scelta strategica di sviluppare i servizi ferroviari di trasporto merci e la fluidificazione dei flussi mediante la scelta degli sportelli unici. Le poche risorse disponibili, sia pubbliche che private, dovrebbero, nell’immediato, essere allocate su queste scelte strategiche che realizzerebbero ritorni degli investimenti in termini piuttosto brevi.
Le proposte di riforma portuale che sono in campo sembrano proporsi un approccio corretto, quello cioè di modificare la governance del sistema logistico che parte dai nodi portuali per proiettarla verso le vie di collegamento e le aree retroportuali. Tutto ciò conferendo ai nuovi enti che dovrebbero sorgere dalla razionalizzazione delle Autorità Portuali competenze più ampie sul piano territoriale ed una piena autonomia amministrativa e finanziaria.
Ad oggi possiamo solo però discutere di intenzioni, al massimo di “linee guida”, poiché ancora non esistono testi di emanazione governativa che consentano una valutazione compiuta sulle reali intenzioni del ministro Lupi.
In campo vi sono sostanzialmente due impostazioni: quella definita nelle linee guida del ministro trasmesse al Senato pochi mesi fa, basata sulla creazione di otto macro distretti logistici, su base interregionale e la proposta del PD che ridisegna la mappa delle Authorities sulla base della rete dei porti “core” legati al nuovo assetto delle reti TEN. In un modo o nell’altro una svolta per le Autorità Portuali pare certa.
Il progetto Lupi sconta sicuramente alcune difficoltà applicative, quale ad esempio un certo conflitto con l’attuale testo del Titolo V della Costituzione ed un vizio politico grave, vale a dire la totale assenza dei Comuni dalla governance della pianificazione territoriale e, più in generale, delle nuove Authorities.
La proposta PD, che presenta una approccio “bottom up” alla costruzione della nuova governance, appare certamente più equilibrato, rispettoso delle competenze regionali ed alla fine più realistico dal punto di vista delle possibilità di successo.
Devo dire con chiarezza che, nel mentre dichiaro di condividere pienamente la riduzione del numero delle Autorità Portuali, l’ampliamento delle circoscrizioni territoriali e delle competenze, sono contrario ad una visione monocratica ed autoritaria della figura del presidente dell’Authority.
L’idea che le istanze territoriali, quelle delle categorie economiche e dei lavoratori siano considerati lacci e lacciuoli, semplici impacci ad una governance “decisionista” che si esaurisce sostanzialmente nel presidente è a mio avviso un’idea sbagliata, che non considera la complessità della realtà portuale destinata peraltro a sommarsi alla complessità della realtà logistica e retroportuale.
La nuova visione della competizione territoriale è quella di area vasta. La visione di area vasta riesce a cogliere ed integrare tutti i punti di forza di un territorio aiutando il superamento di quelli deboli. Inoltre, in una fase di restrizione delle risorse pubbliche, aiuta la razionalizzazione degli investimenti evitando sprechi e duplicazioni.
Per questo la maggiore integrazione dell’Interporto di Guasticce nella realtà portuale livornese appare non solo in linea con gli orientamenti previsti dalla riforma portuale ma un’esigenza strategica per il rilancio di un’area vasta che comprende anche il Comune di Collesalvetti. La nuova pianificazione integrata porto-interporto dovrà affrontare le criticità esistenti con una visione complessiva.
Nella realtà italiana porti e interporti sono spesso strutture concorrenti ed avulse le une dalle altre. Entrambe scontano la drammatica criticità rappresentata dallo stato del trasporto merci ferroviario che dovrebbe essere l’elemento portante delle politiche di integrazione fra i diversi nodi della rete trasportistica. Se le nuove Autorità Portuali saranno chiamate ad una pianificazione logistica integrata che riguardi porto, interporto e vie di collegamento potranno intervenire sulla riorganizzazione complessiva delle aree e sulle strozzature di ultimo miglio utilizzando al meglio gli strumenti dei quali dovrà dotarle l’effettiva autonomia finanziaria. Mi pare questa la scommessa del futuro.
Un’ultima considerazione vorrei farla sulla situazione delle imprese. La crisi morde duramente e nulla è stato fatto, anche con misure semplici e concrete, per aiutare le imprese che operano nella logistica e nella portualità. Il sistema tuttavia oggi soffre di un eccesso di offerta che produce dumping nel mercato e sottocapitalizzazione delle imprese.
Livorno ed il suo porto non fa eccezione. L’Italia, poi, è totalmente priva di un grande player logistico che abbia un ruolo di polo d’attrazione e sia strumento di riorganizzazione dei servizi, in modo analogo a quanto avviene in Europa attorno ai soggetti postali e ferroviari.
A volte mi ritrovo a rimpiangere le grandi suggestioni di Lorenzo Necci che, forse con qualche difetto di megalomania, pensava alle ferrovie italiane come ad un grande polo di aggregazione di servizi di trasporto e della logistica.
I buoi sono scappati dalla stalla e dobbiamo fare i conti con quello che siamo. Oggi dobbiamo fare di tutto per attrarre investimenti esteri e non dimenticare mai che restiamo un grande paese, dalle grandi risorse umane, del lavoro ed imprenditoriali, un paese che può e deve rialzarsi.
Mario Sommariva
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