Dai confronti nella “Naples week” le accuse dei porti sulle follie SIN

Nella foto: (da sinistra) Francesco Karrer ed Andrea Annunziata.
NAPOLI – Un bilancio decisamente positivo per la prima “shipping week” napoletana conclusasi lo scorso sabato. Stimati tremila partecipanti agli eventi culturali che si sono succeduti a ritmo incessante e che, mercoledì, sono entrati nel vivo dei temi di stretta attualità. Fra i forum più significativi della giornata quello inerente il dragaggio dei porti e la destinazione dei sedimenti, organizzato da Conisma (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le scienze del mare) in collaborazione con il Porto di Napoli, l’Autorità Portuale di Salerno e l’Università Parthenope di Napoli.
[hidepost]E’ questo, com’è noto, argomento di enorme interesse per la maggioranza dei porti italiani che, per la classificazione Sin, sono sottoposti ai rigidi vincoli che regolano la destinazione dei sedimenti e restano di fatto bloccati in parte delle loro operatività perdendo quote significative di traffico. Già nei saluti iniziali degli organizzatori si è subito capita la portata dei danni che vengono procurati da questi stalli; il presidente del porto di Salerno, Andrea Annunziata, ha citato come esempio l’accelerazione del 35% dei traffici containers del 2013 nel suo scalo ottenuta grazie al dragaggio reso possibile – tra l’altro – a Francesco Karrer, oggi commissario del porto di Napoli ma al tempo presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici, che con una delibera tecnico funzionale permise di escavare superando il problema della revisione del piano regolatore portuale ed evitando una sicura perdita di tempo misurabile in anni. Purtroppo, come notato da Annunziata, chi avrebbe potuto rispondere viva voce alle questioni sollevate dalla tematica del convegno e per questo era stato invitato a partecipare, (Maurizio Pernice per il ministero dell’Ambiente), era assente. Denuncia da parte di tutti del grandissimo ritardo dello Stato riguardo la regolamentazione dei dragaggi, ma anche dubbi espressi da parte del commissario Francesco Karrer riguardo l’opportunità di cercare “a terra” la destinazione dei materiali di risulta. Karrer ha anche fatto una precisa richiesta ai ricercatori: “occorre rivedere i termini del problema dal punto di vista scientifico evitando quelle che oggi sono diventate palestre scientifiche per riportare così la ricerca alla sua funzione più importante, quella di aiuto ai processi amministrativi”.

Il sostituto procuratore Viviana Del Tedesco.
A fronte dei dati Censis riportati dal professor Cesare Rosselli dell’Università Bicocca di Milano si evince come una politica inerente il settore marittimo sia ormai indispensabile per raggiungere gli obiettivi che ci impone l’Europa poiché, solo per citare un esempio, ad una crescita negli scali europei dei containers pari al 76% corrisponde una crescita di quelli italiani di appena il 53% a causa delle carenze infrastrutturali e della competizione portata dai porti che si affacciano sulla sponda sud del Mediterraneo dotati di legislazioni più snelle. Molto c’è da fare ma, anche e soprattutto, da comprendere bene. In questo, decisamente utile e per certi versi scioccante, l’intervento del sostituto procuratore di Udine Viviana Del Tedesco che ha raccontato la sua indagine sulla validità dell’attribuzione della qualifica Sin alla laguna di Grado e Marano, poi conclusasi nel 2012 (e resa pubblica ma, viene da pensare, non con il risalto che meriterebbe) con la revoca della qualifica stessa dopo 10 anni di studi e ben 12 verifiche chimiche di esperti, anche internazionali, che hanno svelato che quello che veniva definito mercurio “totale” in realtà era un composto inerte, addirittura funzionale al sito lacustre. “Esiste una pubblica amministrazione ed una normativa criminogena – ha detto il pm – tutti i Sin sono stati perimetrati negli anni 1999/2000 in nome del principio cautelativo, tipico italiano, quando in tutto il resto del mondo esisteva ed esiste il principio del rischio accettabile. I continui costosissimi monitoraggi dei fanghi si sono basati solo su questo esagerato principio cautelativo senza seguire invece principi scientifici in grado di definire cosa effettivamente deve essere ritenuto contaminato ed inquinato. Ciò ha permesso il mantenimento di un sistema criminogeno che ha sperperato i fondi pubblici assegnati alle aree Sin, facendo proliferare spese per interventi inutili o dannosi. Tutti controlli, quelli richiesti, che hanno un’unica funzione fondamentale: quella di spingere il paese alla corruttela. Il risultato è il blocco dell’attività ed il disastro economico. Dobbiamo essere garantiti da norme certe su questo tipo di problema per poter lavorare partendo anche dal presupposto che i porti sono aree industriali e dunque con una percentuale obbligatoria di contaminazione”. Il pm ha concluso la dettagliata spiegazione della sua esperienza sostenendo che è necessario che le amministrazioni pubbliche regionali, che conoscono il loro territorio, riprendano in mano la situazione e che, sulla base delle loro peculiarità territoriali, creino una normativa di gestione dei propri sedimenti, eliminando alla base il concetto di bonifica. E riguardo ai fanghi: no al loro prelievo per la destinazione in altre zone, procedere invece nel riportarli da dove originano affinché la contaminazione non venga “esportata” ma al contrario, circoscritta. In ultimo: devono essere ridotte le costosissime caratterizzazioni dei fanghi che in condizioni ordinarie producono risultati invariati e pertanto inutili per incrementare invece gli investimenti su tecnologie atte a gestire correttamente i fanghi all’interno; così facendo verrebbe fornita anche una spinta alla ricerca”. Altro spunto di riflessione è venuto dall’intervento sulla progettazione e gestione delle vasche di colmata di Cristina Zago, consulente Technital per il porto di Napoli, che, con riguardo alle caratterizzazioni, ha rilevato che esistono valori di inquinamento fortemente diversi già in piccole porzioni di fondale, cosa che in pratica vanifica o perlomeno rende aleatori i risultati.
L’intervento di Viviana Del Tedesco era stato appunto preceduto da quello del ricercatore Massimo Gabellini (ISPRA) sui principi per un dragaggio ambientalmente sostenibile ed è poi stato seguito da quello di Ennio Marsella (CNR-IAMC) sulla riqualificazione dei fondali portuali. Quest’ultimo, in difesa della categoria, ha rilevato il rischio di perdere di vista la parte sana, attiva, della ricerca che è invece l’unica in grado di offrire chiavi di lettura e soluzioni dei problemi; al riguardo del porto di Napoli ha informato, fra l’altro, che la CNR-IAMC avrebbe pronto un progetto da un milione e mezzo di euro in grado di trattare i sedimenti risultati tossici dopo il dragaggio a fronte di altri progetti – di cui si sentono girare voci – che per bonificare lo scalo partenopeo costerebbero centinaia di milioni di euro.
L’intervento di Elena Valentino dell’Autorità Portuale di Salerno ha riguardato i problemi e le soluzioni del dragaggio nella loro area portuale oggi interessata dalla realizzazione dei lavori per l’adeguamento dello scalo alle navi di nuova generazione. In conclusione l’avvocato Gianfranco Passalacqua ha informato l’attuale tendenza della normativa in materia che, contrariamente a quanto auspicato dal sostituto procuratore Del Tedesco, all’interno della riforma della legge sui porti va verso due ipotesi che si concentrano una sul rafforzamento del concetto di bonifica con la conseguente difficoltà a sganciare le aree portuali dalle aree di tutela ambientale e l’altra sul ritiro della fonte legislativa di base per utilizzare la fonte ministeriale. Passalacqua propone una presa d’atto della specificità industriale delle aree portuali con vincolo ambientale unicamente esterno e, in secondo luogo, sottolinea la necessità di costituire una catena ineludibile di responsabilità tra ordine tecnico ed ordine decisorio per evitare quelle che oggi sono le uniche soluzioni: l’immobilismo o il ricorso alla magistratura. In realtà esisterebbe la terza via che è quella ipotizzata, anche in modo provocatorio, dal presidente dell’Autorità Portuale di Salerno: procedere comunque al di là delle pastoie burocratico-legislative facendosi scudo della limpidezza e dell’assoluta mancanza di interesse personale di chi si assume tale responsabilità.
Cinzia Garofoli
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