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“Sblocca Italia?” Ma negli Usa Pil a più 4,2%

LIVORNO – Non sono, come i miei quattro lettori ben sanno, un esperto di economia. Però non credo che lo siano neanche loro: cioè voi. Eppure tutti noi insieme ci troviamo in questi giorni di fronte a due fattori economici che non possiamo ignorare.
[hidepost]Da una parte il decretone del governo Renzi battezzato forse con troppo ottimismo “Sblocca Italia” mentre siamo in piena deflazione: dall’altra l’economia degli Usa – quella che ha originato sei anni fa la più distruttiva crisi mondiale dopo le guerre – che è ripartita alla grande e nel secondo trimestre di quest’anno ha registrato un clamoroso +4,2% del Pil. Battendo tutte le più ottimistiche previsioni dei cosiddetti esperti, che avevano puntato l’asticella al 3,6%.
Vero è che il +4,2% del secondo trimestre segue un -2% del primo. Ma il saldo del semestre è comunque ampiamente positivo. E quel che più conta è che si sia invertita la tendenza, che sarebbe già in via di conferma per la parte attualmente disponibile dei dati del terzo trimestre.
Mi direte: beati gli americani, ma a noi che ce ne viene? Da non esperto d’economia posso rispondere che se gli Usa ricominciano a tirare forte, qualcosa ce ne verrà anche a noi che dell’economia nord-americana siamo stati a lungo partners importanti. Ma il dato più significativo mi sembra un altro: gli Usa sono ripartiti perché la Banca centrale americana ha incentivato i consumi dei cittadini sia con i prestiti sia immettendo “a valanga” (come dicono gli esperti) danaro fresco in circuito. Cioè tutto il contrario di quello che ha fatto e sta facendo l’Europa con una politica fiscale che strangola le imprese e i lavoratori, con le banche che tengono ben chiuse le casse e con costi del pubblico (anomalia italiana) sopra ogni livello di guardia. Il risultato della ripresa dei consumi negli Usa è stato ovviamente il salto in positivo del Pil, ma non solo: gli investimenti “non residenziali” sono schizzati in positivo dell’8,4%. Cosa da Paese delle Meraviglie rispetto a noi.
Concludo: non sono e non siamo economisti. Ma possibile che chi lo è in Italia (e nella UE) non impari niente da queste semplici cifre?

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Pubblicato il
3 Settembre 2014

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