Livorno sarà porto d’Europa? Solo con scelte veloci e unitarie

La sferzata del governatore della Toscana: un cronoprogramma preciso e condiviso per la Piattaforma Europa o si perde tutto – L’impegno di Asamar e Spedimar per richiamare gli investitori – La “zona a fiscalità favorita” nella proposta del presidente della CCIAA Costalli

LIVORNO – A bocce ferme e a mente fresca, dopo qualche giorno dall’importante convegno in Camera di Commercio su “Livorno nello scenario della portualità europea”, dobbiamo cercare di scrollarci di dosso il senso di preoccupazione (se non di sgomento) dovuto al brusco richiamo del governatore della Toscana. Il quale ha detto con estrema chiarezza che non basteranno tutti i finanziamenti della UE e gli interventi dei governi regionale e nazionale per realizzare la Piattaforma Europa se il cluster livornese non sarà capace di riacquistare “competitività nei servizi e velocità nelle decisioni istituzionali”.
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Il governatore Rossi ha di fatto sculacciato un pò tutti, con riferimenti primari per la lentezza con cui sta procedendo la parte burocratico-decisionale relativa alla Piattaforma Europa. “Vorrei che dopo una fase di metabolizzazione anche accettabile – ha detto – arrivasse presto, molto presto, il progetto esecutivo dell’opera. Perchè abbiamo pochi mesi per partire, prima che sia troppo tardi e vengano a mancare i finanziamenti oggi promessi”. E ancora: “Occhio, perchè dal 2016 sarà molto difficile ottenere fondi pubblici. Bisogna assolutamente che in quell’epoca i lavori siano già partiti”.

Laura Miele

Rossi ha martellato, ricordando che a suo parere la Regione ha già fatto tutto il possibile, e forse anche l’impossibile: l’impegno per 170 milioni sulla prima fase della piattaforma Europa, il collegamento ferroviario diretto tra le banchine e la rete ferroviaria nazionale, lo “scavalco” per l’interporto, l’impegno ottenuto da FS per ripristinare la vecchia linea appenninica tra il Tirreno e l’Adriatico che consentirà a breve a Livorno di allungare un braccio anche verso le regioni del centro-orientale nazionale. Ma quello che è mancato, e ancora manca a Livorno – secondo il governatore – è una chiara visione unitaria delle problematiche del porto, della necessità di fare presto nelle scelte, dell’urgenza di ritrovare la competitività delle banchine e dei servizi. “E su questo piano – ha martellato Rossi – vi dovete aiutare da soli; sapendo anche che i tempi impongono responsabilità e anche sacrifici condivisi”. Se Livorno sarà capace di accettare l’una e gli altri – ha concluso – sarà più facile convincere il governo nazionale e dare una mano, così come è stato fatto per Piombino, allo scopo di fronteggiare una crisi drammatica che ha colpito la Toscana costiera molto di più di quella interna. Ma occorre che Livorno si dia un crono-programma concreto, esatto e condiviso sugli interventi da svolgere.

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Gloria Dari

Come già riferito nel nostro precedente servizio, è stato ribadito dai tecnici che il porto di Livorno ha alcuni importanti numeri per competere nello scenario della portualità Europea: è inserito nelle reti Ten-T, ha un retroterra “flat”, cioè aperto e servito sia dall’aeroporto che dalla rete superstradale verso nord, con un importante interporto, ha una lunga tradizione di traffico transatlantico proprio oggi che il commercio con il nord America torna a crescere. Laura Miele, presidente di Asamar, aprendo i saluti ha ricordato che ci sono alcuni modesti segnali di ripresa dei traffici e che occorre cavalcarli spingendo per ottenere quella “zona economica speciale” che sarebbe importante per richiamare investimenti nazionali ed esteri, in un’ottica di sistema con Piombino e le sue aree industriali. A sua volta Gloria Dari, presidente di Spedimar, ha richiamato la proposta di “zona franca” – altra definizione del concetto già espresso dalla Miele – sottolineando come sia fondamentale la cooperazione tra istituzioni, l’impegno già ribadito dalla Regione e il “sistema” con il retroporto toscano anche verso il sud. Dalle categorie portuali in sostanza è arrivato un “assist” al richiamo del governatore Rossi, con la piena consapevolezza che il porto di Livorno si sta giocando il futuro in una manciata di mesi.

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Andrea Kirschen

Le relazioni tecniche, interessanti e in alcuni casi infarcite di dati statistici sui quali sarà opportuno tornare (Emilio Rossi per la Oxford Economics sui “valori” dell’economia del mare europea, Andrea Kirschen per la BEI sui finanziamenti della banca europea ai porti di Savona, Genova, Ravenna e a breve Civitavecchia, Nicoletta Batini sulla disponibilità dei fondi europei troppo spesso non sufficientemente “capiti” o utilizzati) hanno avuto un preludio e una coda entrambi locali.
Ha cominciato Giuliano Gallanti, presidente della Port Authority livornese, su un tema assai più ampio, quello della sofferta regolamentazione europea dei servizi portuali; che dopo il fallito tentativo della De Palacio è rimasta di fatto a metà del guado in un continuo e non risolto braccio di ferro a Bruxelles tra porti del nord Europa e del “ventre molle” mediterraneo. E Gallanti ha ricordato l’impegno della sua Autorità per questa prima fase della piattaforma Europa che risponde alla sfida dello stesso nord per la riconquista di quel milione di contenitori che con destinazione nord Italia transita invece nei porti del nord Atlantico europeo.
Ha concluso Sergio Costalli, presidente della Camera di Commercio ospite, ribadendo anch’egli la necessità di ottenere una zona “franca” che sia a fiscalità privilegiata per le imprese – proposta avanzata per primo proprio da Costalli e recepita anche dal governatore Rossi nel piano Livorno – ma specialmente che il porto di Livorno sia visto finalmente come una impresa comune, nella quale confluiscano gli sforzi e le azioni comuni di tutti i comparti che vi operano. Un richiamo all’unità d’intenti, e anche da Costalli alla celerità delle decisioni: una celerità che ad oggi latita.

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