Bando Porto 2000 solo marketing “di serie B”?

PISA – Al di là delle motivazioni a supporto della scelta di vendere – ci scrive Mario Antonio Gambacciani della A.M.T. Toscana – la maggioranza delle quote di Porto 2000, è evidente che l’eventuale ricavato si baserà sulle prospettive dei flussi passeggeri e crocieristici che la Port Authority presenterà ai potenziali investitori.
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1 COMMENTO

  1. Mi permetto di intervenire brevemente sul dibattito sulla scorta della conoscenza e dell’esperienza vissuta dalla società che rappresento a Kusadasi (Turchia) dove acquisimmo, nell’ambito di una più ampia operazione, il Cruise Terminal. La Privatizzazione di Porto 2000, come ebbi brevemente a dire in fase primordiale, risente di una tipica situazione di compromesso che caratterizza gli ambiti delle AP Italiane, e con ciò non mi permetto di criticare gli attori quanto le regole. Purtroppo, non illudiamoci, il Dott. Gambacciani, che non conosco, ha ragione; l’efficienza, la produttività, ed il ritorno sul capitale investito di un terminal crociere non si rapportano solo alla disponibilità degli spazi di banchina (peraltro, data la caratteristica delle navi il draft una volta tanto non è il grande accusato, cosa non da poco nel nostro Paese), bensì dalla capacità organizzativa di ciò che vi è “dietro”. Per fare ciò non si può prescindere da una governance libera dell’oggetto privatizzato e da una piena sintonia con gli altri stakeholders interessati al turismo; solo in questa maniera si possono attrarre investitori. E non è un caso che la mia società si sia interessata ad una privatizzazione in Turchia e non nella vicina Livorno (per la quale non siamo nemmeno stati interpellati informalmente). A mio avviso, questo bando restringe molto gli aspiranti acquirenti (forse è ciò che si vuole) e certamente non è il miglior modo per valorizzare questo asset che, indirettamente, è un Patrimonio Pubblico e, quindi, di interesse collettivo.

    Fabrizio Vettosi

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