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Nel rilancio del trasporto su ferrovia i nodi portuali, le reti e gli interporti

Quali sono gli scali “core” per le reti europee TEN-T e le più discusse esclusioni – Il discrimine dei 40 o più treni alla settimana – Le prospettive per il Vespucci di Guasticce

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ROMA – Sulla stampa nazionale anche specializzata se n’è parlato poco. Eppure l’avvio dei lavori della “Struttura tecnica di missione” sul rilancio del trasporto ferroviario delle merci è tra gli atti più concreti del governo nell’attuale ingorgo di riforme. Perché riguarda la logistica delle merci, ma di riflesso anche e specialmente il ruolo dei porti, delle reti TEN-T e della pletora di interporti fioriti in Italia.
Il documento emerso dalla prima riunione del gruppo di lavoro (“Discussion paper”, gennaio 2016) conta 40 pagine che partono con la descrizione delle finalità: ovvero l’analisi del comparto ferroviario cargo e le strategie dell’Italia all’interno del piano nazionale della portualità e della logistica di recente approvato.
[hidepost]Uno degli elementi dati per acquisiti è il reticolo italiano delle ferrovie cargo con i nodi primari di interscambio (vedi figura). Dai regolamenti comunitari approvati alla fine del 2013 figurano accettati dalla UE 15 porti nazionali, 16 interporti collegati alla rete e 16 principali piattaforme logistiche. I nostri porti e i nostri interporti sono interessati dai corridoi europei core network Baltico-Adriatico, Scandinavia-Mediterraneo e Reno-Alpi. Vengono espressamente considerati come collegati alla rete ferroviaria anche se non inseriti nelle reti TEN-T anche i porti di Savona, Massa Carrara, Piombino, Civitavecchia e Messina. Il che sembra una promozione almeno in serie B rispetto ai 15 porti collegati alle reti (nel Tirreno si parte da Genova per comprendere La Spezia, Livorno, Napoli e Gioia Tauro; in Adriatico Trieste, Venezia, Ancona, Ravenna, Taranto).
Significativo anche l’elenco degli interporti, o “nodi” core: Marche (Jesi), Bari, Bologna, Cervignano, Prato, Vado Ligure, Guasticce (Collesalvetti), Milano Smistamento, Nola, Marcianise, Novara, Padova, Pomezia, Torino e Verona. La relazione stessa ammette come l’elenco sia monco di alcuni interporti o centri di smistamento che invece funzionano assai bene, come Busto Arsizio/Gallarate e Melzo, e Rivalta Scrivia, Parma e Trento. Un appunto: di tutti gli impianti elencati, solo 16 operano con più di 40 treni alla settimana e sono tutti nel nord Italia a eccezione di Catania Bicocca.
Per Guasticce (Collesalvetti) che sta attraversando un periodo critico in relazione al suo futuro, c’è l’indicazione nell’elenco degli interporti, ma nella cartina UE (si veda in prima pagina) non è nemmeno indicato. Il problema è se diventerà un retroporto per Livorno, con la ristrutturazione del debito con le banche di almeno 60 milioni, o se ci saranno sviluppi drammatici.
Torneremo sul tema perché il documento merita svariati approfondimenti: compresa l’analisi dei flussi e la strategia proposta di non parlare più di interporti ma di “piattaforme logistiche territoriali”. Il che fa presumere che ci sarà una sforbiciata quando il piano entrerà nei dettagli.
A.F.

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Pubblicato il
13 Febbraio 2016

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