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Rete FS Italia, urge adeguarla

Alessandro Valenti

L’ingegner Alessandro Valenti, Deputy Managing Director di Hupac, grande operatore intermodale svizzero, ha una visione globale delle problematiche legate agli itinerari ferroviari internazionali. Hupac Spa è leader di mercato in Europa e pioniere in Medio e Estremo Oriente. Da Busto Arsizio-Gallarate, nodo fondamentale per il traffico shuttle Net di Hupac in Italia, la società ha una consolidata esperienza dal nord al sud Italia con hub settentrionali anche a Milano (Fidia Spa) e Piacenza. Gli abbiamo fatto qualche domanda su uno dei temi del momento, compresa l’offensiva della Cina con la Via della Seta.

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Ingegner Valenti, Hupac nasce 50 anni fa per favorire il trasferimento dalla strada alla rotaia sul corridoio europeo nord sud transalpino: come e dove si sono sviluppati nel tempo i vostri servizi e quali sono le prospettive che vi offre oggi la Via della Seta?

“La rete dei nostri servizi si muove naturalmente verso i flussi merceologici che negli anni, anche dal lato ferroviario, hanno avuto uno spostamento verso l’Oriente. La situazione attuale vede la Russia ed il Medio Oriente come realtà già consolidate mentre con riguardo all’Estremo Oriente assistiamo ad una creazione di flussi di traffici ferroviari tra la Cina e l’Europa. Si tratta di traffici di piccole dimensioni se paragonati a quelli marittimi, ma il fenomeno interessante è legato alla loro crescita che è dovuta ai forti investimenti, soprattutto da parte della Cina, nell’infrastruttura ferroviaria all’interno di un sistema funzionale. La politica della Cina è infatti quella di ricollocare i siti produttivi che negli anni sono migrati verso la costa – oggi sovrappopolata ed in pieno trend commerciale – in luoghi più concorrenziali come quelli interni del paese, più vicini all’Europa, favorendo in queste aree gli investimenti infrastrutturali ferroviari e realizzando così una reciprocità tra la loro crescita e quella industriale. Hupac si inserisce in questo contesto partendo da una rete europea molto forte sui corridoi, soprattutto su quello Benelux-Germania-Italia con la strategia di intercettare, integrandoli nella rete con nuovi collegamenti, i flussi che arrivano dalla Cina via Kazakistan-Bielorussia-Polonia, consentendo così anche ai paesi del Mediterraneo e dell’Europa settentrionale di avere degli sbocchi da e per la Cina.

Una criticità che viene attribuita al trasporto via ferrovia è però rappresentata dai costi.

“Le condizioni non sono sempre così competitive ma per certe categorie merceologiche otteniamo il risultato economico dimezzando il tempo di transito per prodotti di alto valore come i macchinari. Inoltre, con la produzione ed il consumo cinese che migrano verso l’interno del Paese il percorso diminuisce e la somma dei vari costi è sempre più equiparabile; la nave invece ha dei costi irrisori per il contenitore ai quali però deve aggiungere quelli del viaggio verso il porto, ancora più lungo in previsione gli spostamenti dei siti industriali all’interno, oltre a tutti i costi portuali.

Come vede le prospettive di inserimento dell’Italia nella via della Seta?

“La Via della Seta in Italia può favorire lo sviluppo del sistema ferroviario, non solo quello portuale. Sulle difficoltà date dalla barriera naturale delle Alpi si sta lavorando intensamente: il tunnel del Gottardo è già realizzato e si farà il tunnel del Brennero con ciò ottenendo un corridoio molto più omogeneo e produttivo. L’altro problema rappresentato dall’attuale rete ferroviaria nazionale che non consente treni lunghi (fino 800 mt.) e pesanti come arrivano dalla Cina alla Germania potrà essere superato creando una complementarietà con il sistema portuale, cioè fra la via della Seta terrestre e la Via della Seta marittima. Non dobbiamo però dimenticare che corriamo il rischio che gli investimenti nelle infrastrutture, nei porti  e negli stessi binari in Italia vengano fatti dalla Cina con i suoi enormi capitali. Se otterrà il presidio degli asset rischieremo che si impadronisca anche della logistica e che, realizzando le infrastrutture, eserciti il controllo sui binari.

Esaminate opportunità e possibilità, cosa chiede oggi Hupac, quali sono i problemi da superare?

“Auspichiamo che le infrastrutture europee che collegano il sud ed il nord e l’est e l’ovest europeo giungano ad avere un sistema omogeneo che oggi non esiste. Per organizzare un trasporto su ferrovia fra paesi diversi ci si scontra con diversi parametri operativi, diversità di norme, e non ultima, la differenza di linguaggi nella gestione ferroviaria europea che si ripercuote sui macchinisti (contrariamente al settore aereo dove esiste una sola lingua in tutto il mondo). Ritengo prioritario semplificare le regole, il processo è lento perché il mondo ferroviario è molto burocratizzato ed anche sindacalizzato. Le infrastrutture, seppur lentamente, si stanno realizzando. Guardando all’Italia si sta seguendo un processo di potenziamento infrastrutturale che va completato nelle tratte meridionali in modo da consentire il passaggio di convogli più lunghi e di sagome maggiori. A mio parere la soluzione sarebbe il potenziamento della linea tradizionale da dedicare alle merci, peraltro economicamente non troppo oneroso; inoltre, più che in incentivi una tantum i fondi dovrebbero essere investiti in opere strutturali. I cinesi questo lo hanno capito.

Quali sono i vostri servizi in Italia e quali le linee di sviluppo?

“I nostri traffici, prevalenti al nord ed al centro Italia, arrivano fino a Nola e a Bari. I treni effettuati con i nostri vagoni devono avere una produttività, ma scendendo geograficamente in Italia è più difficile fare treni con alta frequenza perché i flussi merceologici si riducono per la naturale concorrenza delle autostrade del mare. I traffici inoltre non sono sempre bilanciati perché il sud esporta più di quanto importa così i volumi di riempimento dei vagoni sono spesso adeguati solo su una direzione. Con una infrastruttura che consenta di arrivare a Bari, così come a Napoli, con la sagoma dei semirimorchi alti potremmo invece intercettare nuove fette di mercato che oggi viaggiano con altre modalità. Il ministro Delrio sta lavorando in questo senso e questo ci darà sicuramente possibilità di crescere. Nella nostra strategia rimane comunque prevalente lo sviluppo del Nord-Centro Italia che ha ancora un grande potenziale. Anche la Puglia è interessante per il suo grande traffico di telonati che potremmo trasferire su ferrovia. Lo stesso vale per la Campania; abbiamo poi treni quotidiani ed addirittura biquotidiani con il Lazio. La Toscana ha il problema degli Appennini, per questo in un bilancio operativo-economico ha più senso arrivare a Bologna e di lì in direzione Sud proseguire via camion. Inoltre ci sono pochi centri intermodali: Prato sta cercando di svilupparsi, come Livorno, che comunque rimane prevalentemente un porto. Ma è chiaro che anche la Toscana può diventare interessante quando avrà completato alcune opere di raccordo ferroviario che potranno allacciarsi alla linea Prato-Bologna quando questa verrà risagomata e adattata agli standard europei.

Cinzia Garofoli

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Pubblicato il
18 Ottobre 2017

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